La maledizione del Dakota svelata nel nuovo libro di Camilla Sernagiotto

Nel suo nuovo libro l’autrice Camilla Sernagiotto fornisce uno sguardo inedito a vicende che hanno troppi punti in comune per essere semplici coincidenze.

La maledizione del Dakota. Rosemary’s Baby, Cielo Drive, John Lennon e altri fatti oscuri è il nuovo libro-inchiesta della giornalista e scrittrice Camilla Sernagiotto, uscito ad agosto scorso per la casa editrice Arcana. Il saggio indaga una serie di misteriose coincidenze che legano morti violente e sospette di nomi della musica, del cinema e dello spettacolo al celebre palazzo Dakota di New York, quello davanti al quale fu ucciso John Lennon e che ispirò il film del 1968 Rosemary’s baby di Roman Polanski, marito di Sharon Tate, poi uccisa all’ottavo mese e mezzo di gravidanza da Charles Manson nell’eccidio di Cielo drive.

Ma il Dakota, che domina Central park nell’Upper west side di Manhattan, è anche il palazzo che si pensa sia stato teatro di riti satanici legati al celebre esoterista Aleister Crowley, fondatore del moderno occultismo, nonché ispiratore di Anton LaVey, fondatore della Chiesa di Satana (di cui poi sarà nominato reverendo Marilyn Manson), lo stesso che collaborò proprio con Polanski per rendere credibili i rituali satanici presenti nel film Rosemary’s baby. Misteriose coincidenze, dicevamo…

Perché il Dakota?

Già nel primo libro dell’autrice, Sushiettibile – romanzo di totale fiction uscito ormai più di vent’anni fa – il protagonista citava il Dakota, chiamando in causa quell’alone di mistero che si cela dietro all’edificio: secondo lui, in tutte le vicende legate a quel condominio, c’era qualcosa che non quadrava. E aveva ragione. L’autrice svela che già a quell’epoca ne rimase particolarmente affascinata, ma in quel momento accantonò la questione, benché sapesse che prima o poi se ne sarebbe occupata.

Il Dakota building a New York.
Il Dakota building a New York, il protagonista del libro inchiesta di Camilla Sernagiotto © David Shankbone

Quel momento è arrivato a gennaio 2022, quando Camilla Sernagiotto ha proposto a una testata giornalistica con la quale collabora di potersi occupare di un anniversario molto particolare, ossia i cinquantuno anni dal giorno (il 19 gennaio 1971) in cui un disco veniva portato per la prima volta nella storia come prova in un processo. Il disco in questione era naturalmente The Beatles, meglio noto come il White album del gruppo di Liverpool, utilizzato come prova in uno dei processi più tristemente celebri, il processo Manson, proprio perché Charles Manson aveva addossato tutta la colpa dei suoi atti criminali di Cielo drive ad alcuni brani contenuti nel disco (tra i quali Helter Skelter) e a John Lennon in particolare (benché il brano in questione sia stato scritto interamente da Paul McCartney).

Proprio dal White album, dunque, è nato un lungo e attendo lavoro di ricerca che ha portato alla luce tasselli di un mosaico che gradualmente si è completato, fino ad arrivare alla stesura del volume di quattrocento pagine che, in maniera ben documentata, ma anche assai accattivante, riesamina una serie di fatti più o meno oscuri che hanno come comune denominatore proprio il Dakota builiding.

Il Dakota e Rosemary’s baby

Se a livello giornalistico il libro nasce dal White album, a livello personale quello che ha sempre affascinato l’autrice è il film di Roman Polanski, ma anche il fatto che due grandi omicidi, come quello di Tate e Lennon, siano scaturiti da due opere di cultura pop: il White album, appunto, ma anche il romanzo The catcher in the rye (Il giovane Holden) di JD Salinger, che aveva ossessionato il venticinquenne squilibrato Mark David Chapman a tal punto da portarlo a uccidere Lennon dopo una giornata passata a seguire le orme del protagonista Holden Caulfield, durante il suo viaggio a New York.

La maledizione del Dakota e Rosemary's baby.
Mia Farrow e John Cassavetes, i protagonisti di Rosemary’s baby, durante le riprese del film di Roman Polanski © Harry Benson/Express/Getty Images

Roman Polanski avrebbe voluto utilizzare come set della sua iconica opera proprio il Dakota, ma fu costretto a dirottare le riprese interne verso i Paramount studios di Hollywood, non avendo ottenuto il permesso di girare all’interno ma solo all’esterno del palazzo. Il film, che vede Mia Farrow nei panni della protagonista, parla di una coppia di giovani newyorkesi che si trasferisce in un condominio che non gode di una buona fama e dove iniziano ad accadere episodi sinistri. Il regista all’epoca era il marito di Sharon Tate, tristemente ricordata per l’eccidio condotto dai membri della Famiglia Manson tra l’8 e il 9 agosto 1969, a distanza di circa un anno dall’uscita del film, e ispirato, secondo Manson, proprio dal White album e John Lennon. Il cerchio si chiude.

Non un romanzo, ma un lavoro di inchiesta

Anche se, leggendo il libro, la sensazione è quella di trovarsi davanti a un romanzo, La maledizione del Dakota è un vero e proprio libro di inchiesta che, nonostante le straordinarie doti dell’autrice di riportare i fatti con uno stile scorrevole e avvincente proprio come quello di un romanzo, è frutto di un accurato lavoro di ricerca e documentazione: tutti i fatti del libro sono riportati in modo oggettivo e supportati da testimonianze, documentazioni, citazioni, interrogatori, verbali della polizia, atti processuali (degli omicidi di Sharon Tate e di John Lennon) e interviste dei medie ai protagonisti. A dimostrazione del fatto, ancora una volta, che la realtà supera di gran lunga la fantasia. La bravura di Camilla Sernagiotto è stata proprio quella di sbrogliare una matassa complicata e mettere in fila una serie di eventi in apparenza molto lontani tra di loro, senza per questo risparmiarsi dal proporre minuziosi approfondimenti, trovandone il punto di contatto invisibile ai più.

Il senso del libro è proprio quello di dare nuovi spunti diversi e indagare, rivelando cose che molti non hanno mai notato.

Camilla Sernagiotto, autrice

Il filo rosso che lega il Dakota alla musica

Da ex musicista e cantante e da attuale giornalista di spettacolo, Camilla Sernagiotto è una grande appassionata di musica e anche il libro ne contiene parecchia. Il pretesto, se così si può dire, è il filo rosso che lega la cultura pop, e in particolare i Beatles: oltre al legame White album e Charles Manson, John Lennon, nel 1973, aveva preso dimora insieme alla moglie Yoko Ono proprio nell’edificio al n. 1 di West 72nd Street e l’8 dicembre 1980 veniva assassinato mentre stava rincasando, proprio di fronte all’ingresso del Dakota building. E non dimentichiamo la figura del celebre occultista Aleister Crowley che, nei suoi anni a New York, aveva abitato in uno degli appartamenti del Dakota e, guarda caso, è anche uno dei personaggi ritratti sulla copertina di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, disco dei Beatles del 1967.

La copertina del libro La maledizione del Dakota.
La copertina del libro “La maledizione del Dakota” © Arcana

Oltre ai Beatles, nel libro sono menzionati tantissimi altri nomi legati al mondo della musica: da Dennis Wilson dei Beach boys, che per due mesi aveva ospitato in casa sua Charles Manson, presentandolo agli addetti ai lavori del settore e facendogli anche incidere alcuni brani musicali con l’etichetta del suo gruppo, a Jimmy Page, chitarrista e fondatore dei Led Zeppelin nonché uno dei più grandi collezionisti di cimeli di Aleister Crowley tanto da acquistarne la casa, Boleskine House in Scozia; da Brian Jones, polistrumentista e fondatore dei Rolling Stones, a Jim Morrison dei Doors, legato a Carlos Castaneda, autore di numerosi libri e fautore dello sciamanesimo, fino ad arrivare a Madonna e Cher che si sono viste negare la possibilità di acquistare un appartamento all’interno del Dakota da un apposito comitato di condomini che, ancora oggi, decide chi far entrare e chi no.

Insomma, La maledizione del Dakota è un pozzo inesauribile di avvenimenti, anedotti, personaggi e misteri tanto che la sua lettura non potrà certo lasciare indifferenti.

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