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Farid Eslam ha catturato la musica delle primavere arabe in un film dove si incrociano la vita, i sogni e le speranze degli artisti underground del Medio Oriente.
Vengono da Libano, Egitto, Palestina, Giordania e Israele. Suonano hip hop, rock, elettronica e folk. Così lontani, così vicini durante le cosiddette “primavere arabe”, sono tutti consapevoli del messaggio politico che possono veicolare attraverso la musica. Artisti alternativi del mondo arabo hanno incontrato, tra il 2009 e il 2013, il regista tedesco di origine afgana Farid Eslam per raccontargli il lavoro, le paure e le speranze in un periodo di grandi turbolenze e instabilità per la regione mediorientale.
Sono le storie di Yallah! Underground, documentario che ritrae una nuova generazione di arabi, un movimento culturale sotterraneo, progressista e libero di pensiero. Il film è un viaggio di quattro anni da Beirut al Cairo, da Amman a Ramallah, attraverso l’oppressione, la rivoluzione e non solo.
Tra mille incertezze e qualche sogno dopo aver preso parte alle rivolte, i musicisti emergenti sono ancora più motivati. Kazamada, Lumi, Maii Waleed, Arabian Knightz, Hiba Mansouri, Asfalt e gli altri portano avanti la propria arte come un grido di libertà. Hanno lottato per potersi esprimere liberamente, e ora si ritrovano combattuti tra sentimenti di disillusione e la speranza di un futuro migliore.
“Il mio obiettivo è dare al pubblico occidentale una diversa immagine della cultura araba contemporanea. Molta gente semplicemente non conosce la differenza tra un musulmano e un islamista”, dice Farid Eslam. “Da bambino immigrato di seconda generazione in Germania – rivela in un’intervista al National – è stato scioccante scoprire come anche la mia percezione del Medio Oriente fosse parziale, con un’immagine molto legata alla violenza, all’aggressività e al fanatismo”.
Lungo la strada, Eslam conosce personaggi come il musicista libanese Zeid Hamdan, imprigionato nel 2011 dopo che una sua canzone, General Suleiman, fu ritenuta diffamatoria dall’allora presidente Michel Suleiman. O il rapper palestinese Ostaz Samm, che vive in Giordania dividendo le opinioni dei giudici di Arabs Got Talent.
Ricavato da 800 ore di riprese e interviste a oltre settanta musicisti (poco più di una dozzina quelli che compaiono nel film), Yallah! Underground è già stato proiettato in più di venti festival internazionali, mentre nelle sale italiane, per ora, conta solo qualche rara apparizione.
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