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L’appello di 200 imprese italiane per un accordo sul clima a Parigi
Consegnato al ministro dell’ambiente Galletti un documento firmato da 200 imprese che operano nel nostro Paese. “Siano adottati target legalmente vincolanti”.
È una parte consistente del panorama industriale italiano ad aver firmato l’appello consegnato al ministro dell’ambiente Gian Luca Galletti. 200 imprese, piccole medie e grandi, hanno sottoscritto un documento da portare a Parigi con una richiesta: trovare un accordo vincolante e mantenere così l’aumento delle temperature globali al di sotto dei 2 gradi.
Lanciato dal Consiglio Nazionale della Green Economy, formato da 64 organizzazioni di imprese, il documento vede la partecipazione di nomi importanti, tra i quali: Erg Renew, Poste Italiane, Terna, Gse, Barilla, Carlsberg, BioChemtex, Ferrovie dello Stato, Novamont, Philips Italia, Unilever Italia e Oréal Italia. Tutte chiedono una riforma fiscale che contenga una carbon tax a gettito invariato; l’incentivazione di interventi di efficienza energetica; la crescita delle rinnovabili e il sostegno all’agricoltura di qualità.
“L’impegno di così tante e prestigiose aziende italiane rafforza ulteriormente la posizione italiana ed europea per il negoziato alla Cop21 di Parigi”, dichiara Galletti. “Questo documento, che porto con orgoglio a Parigi, dice che le nostre imprese, esempio di eccellenza e talento anche in campo ambientale, sono già pronte a vivere da protagoniste la sfida dell’economia circolare”.
Un appello articolato, con indicazioni precise per arrivare ad un’economia a basse emissioni e a basso impatto climatico. Nello specifico:
- rafforzare le misure nazionali di mitigazione e adattamento tenendo conto che il nostro Paese è particolarmente esposto agli impatti del cambiamento climatico;
- adottare a Parigi target legalmente vincolanti, ripartiti tra gli Stati secondo criteri di equità e in grado di limitare l’innalzamento della temperatura al di sotto della “soglia di sicurezza” dei 2°C (mentre secondo il rapporto della UNFCCC con i contributi volontari presentati fino a oggi si arriverebbe a un aumento della temperatura di ben 3°C);
- promuovere una seria riforma fiscale che, tramite forme di carbon tax anche associate ad altri sistemi di carbon pricing, sia in grado di attribuire i giusti costi alla CO2, alleggerendo al tempo stesso la pressione fiscale su lavoro e imprese ed eliminando i sussidi dannosi per l’ambiente, a cominciare dai 510 miliardi di dollari di incentivi mondiali alle fonti fossili, da riallocare in chiave green;
- sviluppare l’enorme potenziale degli interventi efficaci sull’efficienza energetica in tutti i settori, a cominciare da mobilità, industria ed edifici;
- sostenere la crescita delle fonti rinnovabili, evitando interventi come quelli che in Italia hanno portato tra il 2011 al 2014 al crollo della potenza elettrica da fonte rinnovabile installata da oltre 11.000 a meno di 700 MW/anno;
- sostenere il ruolo strategico dell’agricoltura, sia in termini di mitigazione che di adattamento, e il potenziale positivo dell’eco-innovazione, in particolare orientata alla circular economy, per ridurre le emissioni anche aumentando l’efficienza nell’uso delle risorse.
“Le politiche climatiche rappresentano oggi non solo una necessità per far fronte a una crisi ambientale già importante che potrebbe diventare drammatica, ma anche un’occasione per rilanciare innovazione e nuovi investimenti, quindi nuove possibilità di occupazione e di sviluppo”, afferma il presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile che supporta le attività del Consiglio Nazionale della Green Economy, Edo Ronchi. “Questo appello di un gruppo importante di imprese italiane è la conferma che la sfida climatica non è più solo un tema per ristrette minoranze, ma coinvolge ormai la consapevolezza e un ruolo attivo anche nel mondo delle imprese”.
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