La cosa più strana nel momento più strano. “Il racconto reale” de Lo stato sociale prima di Sanremo

I “regaz” de Lo stato sociale si sono preparati a partecipare al Festival di Sanremo facendo uscire cinque dischi, uno per ogni membro della band.

“Ricostruire il racconto reale”. Questa, nelle parole di Checco, la motivazione che ha spinto Lo stato sociale, collettivo bolognese composto da Alberto Albi Cazzola, Alberto Bebo Guidetti, Enrico Carota Roberto, Francesco Checco Draicchio e Lodovico Lodo Guenzi, a “fare la cosa più strana nel momento più strano”, ossia l’operazione che, a partire dal 29 gennaio scorso, ha visto uscire cinque album, uno alla settimana, uno per ogni componente del gruppo.

Come ci ha fatto notare Lodo al telefono, nella musica degli ultimi anni il racconto individuale e privato, ma anche l’ascolto del singolo artista, ha prevalso rispetto all’identità di gruppo o alla nascita di nuove band. Forse perché, e questo lo aggiungiamo noi, gli equilibri che si istaurano all’interno di una band sono spesso estremamente fragili e stare insieme non è sempre così facile.

Così, secondo Lodo, la chiave de Lo stato sociale per provare a cambiare per continuare a stare insieme è stata proprio quella di dare la possibilità a ognuno di loro cinque di alzare la mano e dire:  “Questo sono io”. Scomporsi per lasciare spazio alle singole personalità e alle idee artistiche individuali, insomma, e scoprire i pezzi che compongono un percorso collettivo lungo ormai dieci anni.

Ascolta Checco e Lodo ai microfoni di LifeGate

Cinque dischi in cinque settimane

Dopo la loro partecipazione al Festival di Sanremo nel 2018, che li ha visti salire al secondo posto del podio dei vincitori, e il grande successo di Una vita in vacanza, il ruolo di frontman è stato automaticamente conferito dal pubblico a Lodo, cosa spesso smentita da lui stesso: non a caso Lo stato sociale si autodefinisce una band senza leader. Ma è innegabile che proprio Lodo, negli ultimi tempi, sia stato mediaticamente più esposto degli altri, per esempio ricoprendo il ruolo di giudice di X factor o di conduttore al Concertone del primo maggio.

La soluzione che i “regaz” hanno trovato per ricostruire e ribilanciare la loro identità come gruppo è stata quella di realizzare cinque album, uno a testa, ognuno con la propria estetica e poetica, contenenti cinque tracce (o quasi) ciascuno e che sono usciti uno dopo l’altro ogni sette giorni nelle cinque settimane prima della loro partecipazione alla 71esima edizione del festival di Sanremo.

Lo stato sociale e i suoi cinque componenti.
La soluzione che Lo stato sociale ha trovato per ricostruire e ribilanciare l’identità del gruppo è stata quella di realizzare cinque album, uno a testa, usciti uno dopo l’altro nelle cinque settimane prima della loro partecipazione al Festival di Sanremo 2021 © Jessica De Maio

A rompere il ghiaccio è stato Bebo il 29 gennaio, che con il suo disco si è confermato un paroliere prolifico, abile quanto tagliente nel fotografare la nostra società e tutte le contraddizioni che la animano. Poi è stata la volta di Checco, il regaz con il punk nelle vene, con un disco che è un’indagine intima e personale per (ri)scoprirsi e essere più onesto con se stesso e con gli altri, facendo emergere quella spiccata attitudine a far parte di una comunità, sia essa una famiglia, una band o un gruppo di amici.

Il 12 febbraio è toccato a Carota, che ha legato i suoi brani a tematiche come il senso di inadeguatezza e quello di appartenenza, mantenendo anche lui saldo il focus sul valore della collettività indispensabile per superare le difficoltà quotidiane. Il 19 febbraio è stato il turno di Lodo con un lavoro che non verte su un concept ben definito ma, come racconta lui stesso: “Ha più a che fare con lo spirito punkettone con le borchie del me stesso quindicenne”, ma che raccoglie una folta schiera di amici.

Infine, Albi con un album che racconta il valore delle relazioni interpersonali che in una band, come in una famiglia, sono manifestazioni della società. Il suo è l’unico disco “che inizia dalla traccia numero due” e non contiene cinque tracce, ma quattro: la quinta si intitola Combat pop ed è il brano che debutterà in gara sul palco dell’Ariston, cantato proprio da Albi.

Il valore della collettività

Non c’è dubbio che con questo progetto Lo stato sociale abbia voluto raccontarci del rapporto tra individualità e collettività, in un periodo storico dove per altro questi due termini hanno rafforzato il proprio significato: una collettività, che è un compromesso fra individualità, e un’individualità che necessità della collettività per sopravvivere.

È lo stesso Checco a parlarci di compromesso: “Raccontare la realtà, quella di cinque individui, di cinque personalità che compongono insieme il grande compromesso de Lo stato sociale, un compromesso che è frutto di lavoro umano e di scontri, conversazioni e composizione del contrasto”.

Non è un caso se in tutti e cinque i dischi ritroviamo la tematica della comunità e del gruppo, amplificata anche dalle tante collaborazioni presenti al loro interno. Quasi come se l’idea dell’intera operazione sia nata dalla necessità di prendersi il proprio spazio per rendersi conto di quanto più forti si possa essere insieme.

Questo è vero per una band, ma è altrettanto vero per ciascuno di noi, che in questo periodo di pandemia e di distanziamento fisico e sociale abbiamo avuto la dimostrazione di quanto siano importanti i rapporti umani, anche quelli a volte dimenticati o dati per scontati.

Traslando allora il senso del progetto discografico, Checco ci dice: “Stare uniti e fare le cose insieme secondo noi è l’unica via di uscita da una situazione in cui siamo tutti in grande difficoltà fra emergenza sanitaria, emergenza educativa, emergenza lavorativa ed economica. L’unico modo che abbiamo per superarla è lavorare in maniera sinergica e cercare di coinvolgere il maggior numero di persone. E questo è il nostro modo di concertare!”.

Con queste premesse, anche la partecipazione de Lo stato sociale a Sanremo acquista un significato diverso, più profondo.

Lo stato sociale torna a Sanremo

Il lavoro individuale dei cinque culmina nella partecipazione alla 71esima edizione del Festival di Sanremo, al via martedì 2 marzo. Un’edizione indubbiamente anomala (come in generale l’anno che tutti noi abbiamo vissuto), caratterizzata dall’assenza di pubblico in sala, strettissimi protocolli di sicurezza causa Covid-19 , ma anche da un cast in cui spiccano tanti nomi di una scena musicale che qui definiremo per semplicità “indipendente”.

Chissà che Sanremo non sia un modo per riavvicinarci a un mondo in aprono i palchi, tutti i palchi, che sono molto più importanti di un palco solo.

Lodo Guenzi, Lo stato sociale

La metà degli big in gara non hanno mai partecipato a Sanremo, tra questi troviamo nomi giovanissimi come Fulminacci o Madame, e molti di questi sono portavoce della scena musicale alternativa italiana come Colapesce e Dimartino, La rappresentante di lista, Coma_Cose, ToffoloAiello.

Per dirla con le parole di Lodo, sarà: “Un festival popolato da una diversità che in questa edizione è diventata un modo per raccontare una parte grande di questo Paese. Più che di stima per gli altri partecipanti, penso che si possa parlare di appartenenza, che è una cosa più bella, più importante e di maggior valore rispetto a qualsiasi giudizio di merito”.

E, oltre a portare un brano che parla proprio del mondo della musica, la band lancerà un messaggio anche durante la serata delle cover, quando sul palco dell’Ariston porterà una delegazione di lavoratori dello spettacolo capitanata dall’attore Sergio Rubini a interpretare il brano Non è per sempre degli Afterhours.

La speranza, dunque, è quella che l’attuale periodo, particolarmente difficile per il comparto della cultura compresi musica e spettacolo, possa finire presto e come dice Lodo: “Chissà che Sanremo non sia un modo per riavvicinarci a un mondo in cui aprono i palchi, tutti i palchi, che sono molto più importanti di un palco solo”.

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