Il caso dei giocatori famosi scoperti a scommettere ha messo in luce un aspetto poco approfondito nel dibattito pubblico sulla ludopatia: cosa causa la dipendenza dal gioco d’azzardo? Non il bisogno di denaro, visti i compensi astronomici degli sportivi in questione. Più che puntare il dito sulle conseguenze, medici, ricercatori, educatori, sono convinti che sia
Il caso dei giocatori famosi scoperti a scommettere ha messo in luce un aspetto poco approfondito nel dibattito pubblico sulla ludopatia: cosa causa la dipendenza dal gioco d’azzardo? Non il bisogno di denaro, visti i compensi astronomici degli sportivi in questione. Più che puntare il dito sulle conseguenze, medici, ricercatori, educatori, sono convinti che sia indispensabile divulgare i meccanismi neurobiologici e le abitudini che “triggerano” questo disturbo; è il modo più efficace per prevenirne l’insorgere e per aiutare le vittime a riconquistare la libertà. Hanno ragione? La loro è una voce che merita di essere ascoltata e che può farci capire quanto sia facile diventare schiavi di macchinette e gratta e vinci, poker e videogiochi online. “Smetto quando voglio”, è il mantra del ludopatico: tutti iniziano convinti di uscirne, per ritrovarsi in un vicolo cieco di disperazione. Sono uomini, donne, adulti, anziani e – sempre più numerosi – adolescenti con redditi e lavori diversi, cittadini al di sopra di ogni sospetto. Con il giusto aiuto, però, la partita si può vincere.
Che cos’è la ludopatia?
La parola ludopatia indica una condizione di dipendenza dal gioco d’azzardo che consiste nello scommettere beni, denaro in primis, sull’esito di un evento futuro. È un disturbo del comportamento che rientra nella categoria diagnostica delle dipendenze senza sostanze poiché presenta le stesse caratteristiche di tutte le altre dipendenze, come quelle dalla droga, dall’alcol o dal cibo. Dal 2013 compare nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Dsm-5) con l’acronimo G.a.p. (gioco d’azzardo patologico), utilizzato soprattutto in ambito medico-psichiatrico e psicologico. Chi ne soffre dedica sempre più tempo a questa attività sottraendosi agli obblighi sociali, familiari, al lavoro, e investe ingenti somme di denaro, arrivando, talvolta, a indebitarsi e a isolarsi completamente.
L’importanza di riconoscere i sintomi
Generalmente, è proprio il denaro la spia che porta i famigliari o le persone vicine al ludopatico ad accorgersi che qualcosa non va: ammanchi ingiustificati, costante mancanza di liquidità, movimenti inconsueti, richieste di prestiti. Spesso, però, è troppo tardi, e la situazione finanziaria è già compromessa. Per questo, è importante conoscere i sintomi più sottili, che riguardano il comportamento del giocatore a 360 gradi.
Ansia, irrequietezza o irritabilità compaiono frequentemente quando si cerca di smettere o di giocare meno, associate a una ridotta capacità di controllo che, nonostante la buona volontà, rende i ripetuti sforzi infruttuosi. Molto comune anche la tendenza a mentire circa la quantità di denaro e il tempo spesi giocando. Chi gioca, ha un chiodo fisso che lo porta a vivere in una specie di bolla, a perdere interesse per le proprie passioni, compromettendo alla lunga le relazioni personali, il lavoro o lo studio.
Nel diagnosticare la ludopatia devono essere rilevate più condizioni tra quelle sopra elencate, entro un periodo di dodici mesi. Nonostante si conoscano le conseguenze negative di questa dipendenza, perché è così facile oltrepassare il limite?
Le cause della dipendenza da gioco d’azzardo
Ricompensa e piacere: in pratica, dopamina. Bastano quattro sillabe a tratteggiare il confine tra gioco e abuso. Ma facciamo un passo indietro. Come nella maggior parte dei disturbi psichiatrici, i fattori di rischio sono diversi, e possono essere di natura biologica, psicologica e sociale.
Per ragioni evolutive, quando compiamo un’azione funzionale alla nostra sopravvivenza, i circuiti dopaminergici del nostro cervello si attivano, innescando una sensazione di gratificazione che invita alla ripetizione del comportamento riconosciuto come positivo. È evidente che, quando si tratta di dipendenze, il rilascio di dopamina nel sistema nervoso è ingannevole: una mano di poker è essenziale per l’evoluzione della specie? Decisamente no.
Tra i fattori psicologici, il più rilevante è la scarsa capacità di autocontrollo che predispone, appunto, allo sviluppo di dipendenze. Infine gli aspetti sociali: il contesto socio-economico, la familiarità con la dipendenza e l’esposizione a eventi stressanti sono fattori di rischio importanti.
Questo spiega anche i casi citati all’inizio nel mondo dello sport: basti pensare che se il rischio di sviluppare ludopatia interessa 0,5/0,8 cittadini europei su cento, la percentuale sale almeno al 13 per cento tra i calciatori professionisti. Lo hanno rivelato in una ricerca i Dipartimenti di neuroscienze del Karolinska Institutet di Stoccolma, di Psichiatria dell’università di Oxford e di Psicologia dell’Imperial College di Londra. “Scommettere mi dava lo stesso entusiasmo, la stessa eccitazione del gol o della vittoria. Un brivido a cui potevo accedere senza limiti e che mi ha tolto ogni freno”, ha raccontato uno dei calciatori di Premier League che ha accettato il confronto con gli studiosi inglesi. Secondo gli psicologi, inoltre, è un modo pericoloso di colmare i vuoti, le pause tra allenamenti e partite che una volta erano dedicate alla socializzazione.
Come ragiona un ludopatico
In un bellissimo podcast intitolato “Love bombing. Siamo tutti pronti a entrare in una setta”, la giornalista Roberta Lippi dedica un episodio al gioco d’azzardo. Perché il “bombardamento d’amore“, una tecnica utilizzata da tutti i manipolatori mentali per irretire le loro vittime e basata sul plagio, è lo stesso che il ludopatico applica su se stesso. In una sorta di sdoppiamento mentale, chi gioca in modo compulsivo rincorre suo malgrado la gratificazione, pur consapevole, prima o poi, che questa corsa rischia di finire in un baratro.
“Come tutte le altre dipendenze, la ludopatia si basa su tre caratteristiche”, spiega il dottor Roberto Averna, neuropsichiatra infantile dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, autore di una guida per contrastare il gioco d’azzardo tra i minori. “Il craving, ovvero il desiderio improvviso e incontrollabile di giocare, l’astinenza, cioè la sensazione di irrequietezza associata a sintomi fisici e psicologici in caso di impossibilità di accedere al gioco, l’assuefazione, la necessità di aumentare progressivamente il tempo o la posta dedicati alle scommesse”.
A queste se ne aggiunge una quarta, il “gambling”, che consiste in un sistema di credenze che portano il giocatore a sopravvalutare le proprie capacità di calcolo probabilistico e a sottostimare l’esborso economico.
Giocatori sempre più giovani
Chi pensa che questo fenomeno riguardi solo gli adulti, purtroppo sbaglia. “L’ultima indagine che l’Iss ha condotto tra gli studenti minorenni (11-17 anni) ha rilevato la fragilità di ragazzi e il rischio di sviluppare diverse dipendenze comportamentali”, racconta Claudia Mortali, ricercatrice presso il Centro nazionale dipendenze e doping dell’Iss. Tra le cause, individua in primis “il mancato controllo del divieto di accesso ai minori nei luoghi di gioco, la facilità di accedere al gioco on line, l’assenza di regole e di comunicazione tra genitori e figli”.
Lo conferma Averna, che racconta quanto sia complicato per i genitori inquadrare il problema. Al numero verde attivo 24 ore su 24, e all’indirizzo mail [email protected] arrivano poche richieste, in proporzione ai casi poi diagnosticati: “I genitori sottovalutano questo problema, lo collocano all’interno di un problema comportamentale generale del figlio e quasi mai lo riportano in anamnesi come il nodo principale”. Ad esempio, se il ragazzo trascorre parte delle ore notturne incollato ai videogiochi e poi fatica ad addormentarsi, quello che viene riportato ai medici è un disturbo del sonno. Anche Averna ritiene che le cause dell’aumento dell’incidenza del G.a.p. nei minori “siano da riconoscere nell’approccio e nella capacità di contenimento e gestione delle emozioni da parte delle famiglie di questi ragazzi, della scuola e di tutte le istituzioni che gravitano attorno alla loro educazione”.
La dipendenza dal gioco d’azzardo sta diventando un fenomeno dilagante. Non più relegato all’interno del casinò, ha di fatto invaso le tabaccherie, affollate sempre più di slot-machine. In queste piccole Las Vegas, succursali delle grandi case da gioco, si possono perdere anche cifre consistenti. Basterebbe ricordare il caso del Gratta e Vinci, che andrebbe ribattezzato Gratta e Perdi.
Vittorino Andreoli
Come si cura la ludopatia?
Riconoscere di avere una dipendenza e accettare la diagnosi superando la vergogna di sé, è il primo, importantissimo passo. Da qui in poi la strada sarà in salita, ma con le giuste cure la vetta è raggiungibile. L’approccio psicoterapeutico è in cima alla lista e “in caso di minore età, si coinvolge anche la famiglia con il parent training, un intervento di psicoterapia sulla coppia genitoriale”, spiega Averna.
In parallelo, a seconda dei casi, si può introdurre una terapia farmacologica: “Talvolta e per un periodo limitato, prescriviamo dei farmaci che sono in grado di agire sulla tendenza ossessivo-compulsiva dei pazienti”.
Alcuni centri propongono anche la Stimolazione magnetica transcranica (Tms), che agisce stimolando e riparando le aree cerebrali dell’autocontrollo, deteriorate a causa delle sostanze che si liberano nel cervello durante il gioco. In poche parole, la Tms promette di indebolire i meccanismi del “craving” e di rendere il paziente più in grado di autocontrollarsi. “I primi dati sembrano incoraggianti, ma va ricordato che le soluzioni magiche non esistono”, avverte Averna. “Ha senso considerare Tms e farmaci come strumenti a supporto nel processo terapeutico, ma il vero cardine sta nella psicoterapia: non esistono pillole o macchinari più potenti della motivazione del giocatore a curarsi e del sostegno della sua famiglia”.
La mappa dei centri specializzati
Ad alzare bandiera rossa sono sovente i famigliari del giocatore patologico. Ma a chi rivolgersi? A fine giugno 2023 il Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto superiore di sanità ha presentato una mappa dei centri specializzati nella cura della ludopatia in Italia: oggi i dati parlano di 210 strutture sparse sul territorio nazionale. È attivo anche il numero verde Usciredalgioco (800 558822), dedicato all’ascolto di coloro che vogliono allontanarsi dalla dipendenza e intraprendere un percorso di cura.
♣️#Dipendenza da #Gioco d’#azzardo: pubblicata la mappa dei Centri di cura del #Ssn; attualmente 163 servizi con ✅accesso gratuito 👩🏻⚕️sinergie tra professionisti per una presa in carico globale e integrata
— Istituto Superiore di Sanità (@istsupsan) June 28, 2023
“Il censimento permette di avere informazioni sui servizi di cura (modalità di accesso, offerta assistenziale, ecc.) puntuali e aggiornate, per un orientamento mirato della persona con una dipendenza ma anche dei familiari coinvolti. Il momento in cui si chiede aiuto è un passo delicato per il giocatore d’azzardo che va incoraggiato e la mappatura vuole favorire questo momento e sostenere il coinvolgimento attivo della persona, fornendo uno strumento semplice, concreto e pratico per accedere ai servizi”, commenta Claudia Mortali.
1,5 milioni di giocatori problematici in Italia, aumento del fenomeno tra i giovanissimi: sono i dati che emergono dall’ultima ricerca condotta dall’Iss. Nel dicembre 2021 ha deliberato un fondo per il gioco d’azzardo patologico e lo stato promette di regolarizzare le licenze e di inasprire le normative, ma queste sembrano riguardare prevalentemente l’evasione fiscale, e non la protezione dei cittadini dall’esposizione al gioco. Nel 2022 lo stato ha incassato circa 10,3 miliardi dal gioco d’azzardo e gli italiani hanno speso quasi 20 miliardi: scommesse, gratta e vinci ma soprattutto poker e casinò on line fanno tornare gli incassi del gaming a livelli pre Covid, tuttavia, precisa Mortali, “se il dato economico degli incassi può senz’altro essere una spia, non si può affermare automaticamente che sia in aumento anche il problema sanitario. Solo le prossime indagini epidemiologiche nazionali potranno mostrarci l’andamento del fenomeno”.
“Smetto quando voglio”, pensa chi gioca. E in fondo, forse, è così che funziona: al bivio tra dipendenza e libertà, il primo passo lo fa la volontà del giocatore. La maratona, però, la si corre e la si vince solo insieme.
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