Non è reato salvare vite di migranti in mare: assolte le ong del caso Iuventa

Dopo 7 anni di inchiesta per favoreggiamento di immigrazione clandestina, tutti prosciolti. Il giudice di Trapani ha emesso sentenza di non luogo a procedere.

  • Si chiude il processo Iuventa, che coinvolgeva anche le ong Medici senza frontiere e Save the Children: prosciolti i membri degli equipaggi della nave dell’organizzazione non governativa che faceva ricerca e soccorso nel Mediterraneo.
  • Gli imputati rischiavano 20 anni per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma il giudice di Trapani ha emesso sentenza di non luogo a procedere.
  • Dopo 7 anni di inchiesta adesso la giustizia parla chiaro: salvare vite in mare non costituisce reato.

Prosciolti, perché il fatto non costituisce reato. È finita, dopo 7 anni, l’odissea dei 24 membri degli equipaggi della nave Iuventa dell‘organizzazione non governativa  Jugend Rettet, e di quelle di Save the Children e Medici senza Frontiere, che rischiavano fino a 20 anni di carcere per l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Si è chiusa stamattina la maxi-inchiesta che era stata avviata dalla procura di Trapani, aperta nell’ormai lontano 2017 e ai i tempi in cui era iniziata, in Italia, la propaganda che ha trasformato i soccorritori in “taxi del mare” e “amici dei trafficanti”, come da definizioni di alcuni politici di allora. La procura di Trapani all’inizio del mese di marzo aveva presentato una richiesta di archiviazione per tutti gli indagati; oggi, il giudice ha dato seguito a quella richiesta, con una sentenza di non luogo a procedere. Il motivo: aver salvato migranti in mare non costituisce reato. 

Alle origini del caso Iuventa

La vicenda nasce nel 2017, quando la nave Iuventa, messa in acqua dalla ong tedesca Jugend Rettet, fondata da un gruppo di attivisti tedeschi poco più che adolescenti tramite un crowdfunding popolare, viene sequestrata dallo stato italiano dopo uno sbarco a Lampedusa al termine di una operazione di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. In quel momento iniziano le indagini contro l’equipaggio, che in un anno di lavoro tra il 2016 e il 2017 ha soccorso 14mila persone in mare e per questo è stato indagato per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare: Iuventa, secondo l’accusa, sarebbe stata d’accordo con gli scafisti libici per effettuare trasbordi di migranti in mare aperto. Nell’indagine, portata avanti secondo molti testimoni con molte forzature, entrano anche membri degli equipaggi di Msf e Save the Children, ma il caso rimarrà noto, come il processo Iuventa. Che oggi si chiude con sentenza di non luogo a procedere.

“Oggi il giudice del tribunale di Trapani ha deciso di chiudere la causa. Ma è difficile festeggiare vivendo nella fortezza Europa – dice oggi il capo missione di Iuventa, Sascha Girke – Sappiamo che hanno raggiunto gran parte dei loro obiettivi. A seguito di un’indagine imperfetta guidata da motivi politici, migliaia di persone sono morte nel Mediterraneo o sono tornate forzatamente nella Libia lacerata dalla guerra “Oggi, come ogni giorno, gli Stati europei continueranno a progettare e attuare misure per annegare, respingere, imprigionare, picchiare e soffocare le persone in movimento. Questa è la logica terrificante della fortezza Europa, per la quale la Iuventa rappresenta una minaccia”.

Soddisfatta a metà anche Medici Senza Frontiere, per la quale “il giudice ha chiuso definitivamente il caso decretando l’infondatezza delle accuse e spazzando via qualunque sospetto di collaborazione con i trafficanti” ma gli attacchi alla solidarietà “continuano attraverso uno stillicidio di altre azioni”. E Save the Children, che proprio come Iuventa a oggi non fa più operazioni di ricerca e soccorso, ricorda che megli anni in cui la missione di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale è stata attiva, tra il 2016 e il 2017, “abbiamo soccorso quasi 10 mila persone esposte al rischio di annegamento, compresi 1.500 bambini”.

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