Diritti umani

Al via il processo per l’omicidio di Berta Cáceres, la famiglia teme però l’insabbiamento

Otto persone sono accusate di essere coinvolte nell’omicidio dell’attivista honduregna, ma la famiglia teme che i mandanti restino impuniti.

Sono trascorsi oltre due anni dalla notte del 2 marzo 2016, quando la vita di Berta Cáceres, leader del Consiglio delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras (Copinh), è stata spezzata per sempre, ma non la sua lotta, che oggi vive grazie alla figlia Bertha Isabel Zúniga Cáceres. Lunedì 17 settembre inizia il processo agli otto uomini accusati di essere coinvolti nell’omicidio della donna e nel tentato omicidio di Gustavo Castro Soto, ambientalista messicano che era insieme a Berta la notte dell’agguato.

Rischio insabbiamento

Berta Cáceres, in particolare, si batteva in maniera determinata ma non violenta contro la costruzione della diga Agua Zarca, nell’Honduras Nord-occidentale, che avrebbe distrutto il fiume sacro della popolazione indigena lenca. Proprio l’opposizione al complesso idroelettrico sarebbe la causa dell’assassinio dell’attivista. La famiglia di Berta Cáceres, temendo un insabbiamento politico, ha esortato le autorità a condurre un’ampia indagine per trovare i colpevoli della campagna di terrore ai danni di Berta e del Copinh, anziché limitarsi a condannare gli esecutori materiali dell’omicidio.

Un omicidio di stato?

Un’indagine indipendente condotta da un gruppo internazionale di avvocati lo scorso anno, ha infatti rivelato la costante sorveglianza e le violente intimidazioni cui erano sottoposti Berta Cáceres e altri membri del Copinh nei mesi antecedenti all’omicidio. Secondo il rapporto nella morte della donna sono coinvolti agenti dello stato dell’Honduras e alti dirigenti dell’impresa idroelettrica Dearrollos Energéticos S.A. (Desa), titolare della concessione per costruire la diga in questione. Secondo quanto riportato dal Guardian, l’omicidio sarebbe stata “un’operazione ben pianificata progettata dall’intelligence militare”.

 

Giustizia per Berta

Il processo è alle battute iniziali ma non sembra esserci un’autentica volontà di consegnare i colpevoli alla giustizia. Nel corso delle udienze preliminari la corte ha infatti negato agli avvocati della famiglia Cáceres di approfondire le connessioni tra gli imputati per dimostrare l’appartenenza ad una presunta struttura criminale. La corte ha anche respinto le richieste di convocare il direttore finanziario di Desa, Daniel Atala, e i membri del consiglio di amministrazione come testimoni.

Ostacolare la verità

Bertha Isabel Zúniga Cáceres, attuale coordinatore di Copinh, ha definito la corte “gravemente negligente”, accusandola di sforzarsi di nascondere la verità. La malafede e il clima di mistificazione che aleggia intorno al processo sono confermati da episodi di inspiegabile lassismo, lo scorso agosto, ad esempio, il procuratore generale è stato costretto ad ammettere che gli investigatori non avevano analizzato i dati contenuti in numerosi telefoni cellulari, tablet, computer, dischi rigidi, dispositivi Usb e documenti confiscati durante gli arresti effettuati più di due anni prima. Il processo dovrebbe concludersi il 19 ottobre, ma la speranza che tutti i responsabili della morte di Berta Cáceres vengano condannati e che si renda giustizia all’indomito coraggio di una donna che aveva deciso di non chinare la testa, è flebile.

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