Diritti umani

Pena di morte in calo nel mondo. Amnesty: sostenitori delle esecuzioni sempre più soli

Secondo il rapporto annuale di Amnesty International, il numero di condanne a morte in tutto il mondo nel 2017 è sceso a 993.

Il ricorso alla pena di morte continua a diminuire nel mondo. A fornire le cifre relative al 2017 è il rapporto annuale di Amnesty International. Il documento, pubblicato questa mattina, spiega che il totale delle esecuzioni recensite dall’organizzazione umanitaria è stato pari a 993, distribuite in 23 paesi: un dato in calo del quattro per cento rispetto al 2016 e del 39 per cento rispetto al 2015 (considerato un anno record, con ben 1.634 condanne eseguite).

I dati della Cina sono ancora un segreto di stato

Tuttavia, ben più alto è il numero di condanne pronunciate nel 2017: si tratta di 2.591 casi, imposti dai tribunali di 53 nazioni. Anche in questo caso, però, il dato risulta in calo rispetto all’anno precedente, quando si era toccata quota 3.117. Una buona notizia ma che va letta con prudenza: le statistiche di Amnesty International, infatti, non possono tenere conto dei dati che riguardano la Cina, dal momento che per Pechino le informazioni in materia di pena di morte sono considerate un segreto di stato.

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Una manifestazione contro la pena di morte negli Stati Uniti © Alex Wong/Getty Images

Ottime notizie arrivano invece dall’Africa sub-sahariana. In particolare la Guinea è diventata la ventesima nazione della regione ad abolire la pena di morte; il Kenya ha deciso che essa non sarà più comminata in caso di omicidio. Inoltre, delle discussioni per arrivare ad una moratoria sono state avviate in Burkina Faso e in Ciad: delle proposte di legge dovrebbero essere avanzate nel prossimo futuro. Inoltre, il Gambia ha dapprima firmato un trattato internazionale che lo impegnava ad introdurre l’abolizione, quindi ha resto quest’ultima effettiva a partire dal febbraio 2018. Mentre nel nord del continente, in Egitto, le condanne sono scese del 70 per cento in un anno.

I progressi dell’Africa sub-sahariana

“Grazie a tali progressi – ha dichiarato il segretario generale di Amnesty, Salil Shetty – l’Africa sub-sahariana sta rinnovando la speranza di un’abolizione generalizzata della pena più crudele, disumana e degradante che esista. Il resto del mondo dovrebbe seguire tale esempio: i paesi che manterranno le esecuzioni capitali nei loro ordinamenti saranno via via sempre più isolati”. Nel corso del 2017, casi di uccisioni imposte da tribunali nell’Africa sub-sahariana sono stati recensiti solamente in Sudan del Sud e in Somalia (anche se una ripresa delle esecuzioni è stata registrata nei primi mesi del 2018 in Botswana e in Sudan).

In Asia, ad abolire la pena di morte nel corso del 2017 è stata la Mongolia, mentre in America Latina il Guatemala l’ha eliminata dal proprio codice penale per una serie di delitti. In totale, il numero di nazioni del mondo nel quale la pena è abolita ufficialmente o di fatto è pari a 142. Al contrario, però, Amnesty sottolinea come esistano ancora alcuni stati «che difendono con forza le esecuzioni».

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Secondo il rapporto 2017/2018 di Amnesty International i casi di ricorso alla pena di morte sono in calo © Joe Readle/Getty Images

Stati Uniti in controtendenza: pena di morte inflitta in 41 casi nel 2017

Uno di questi è l’Iran, che tuttavia ha registrato un calo dell’undici per cento delle pene: una diminuzione concentrata soprattutto nelle condanne legate a traffico di stupefacenti. Sempre in tema di droga, in Malesia la legge è stata modificata, concedendo al giudice di decidere quando applicare la condanna capitale. Ciò nonostante, osserva Shetty, «il fatto che alcuni paesi continuino a ricorrere ad essa per reati legati al traffico di sostanze illecite resta inquietante. Le notizia che arrivano da Iran e Malesia indicano però che è in corso un cambiamento».

In controtendenza, infine, gli Stati Uniti, dove il numero di condanne a morte è risultato in aumento dalle 32 del 2016 (cifra più bassa mai registrata dal 1973) alle 41 del 2017. Altro dato negativo il fatto che Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Giordania e Kuwait siano tornati ad eseguire pene capitali dopo un periodo di interruzione.

 

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