La Cop28 è finita, ma bisogna essere consapevoli del fatto che il vero test risiede altrove. Dalla disinformazione al ruolo delle città, ciò che conta avviene lontano dai riflettori.
Come il clima cambia la fame nel mondo. La nuova mappa alla Cop 21
Il World Food Programme ha presentato, alla Cop 21 di Parigi, un nuovo indicatore che misura l’impatto dei cambiamenti climatici sulla fame nel mondo.
Quale sarà nei prossimi decenni l’impatto dei cambiamenti climatici sul problema della sicurezza alimentare e, conseguentemente, sulla battaglia contro la fame nel mondo? A spiegarlo è un nuovo indicatore, che è stato presentato alla Cop 21 di Parigi dal World food programme (Wfp) e dall’istituto di ricerca inglese Met Office Hadley Centre.
Milioni di persone a rischio fame
I due organismi hanno calcolato come cambierà il tasso di insicurezza alimentare nei paesi che attualmente risultano più colpiti. Uno strumento pubblicato online permette di incrociare i dati relativi alle politiche di adattamento ai cambiamenti climatici che potranno essere introdotte dai governi con quelli riguardanti il livello di emissioni di gas ad effetto serra che verranno liberati nell’atmosfera. Entrambi i fattori prevedono tre possibilità (intensità bassa, media e alta) e permettono di verificare come evolverà l’insicurezza alimentare a due scadenza: nel 2050 e nel 2080.
“Per costruire le mappe – spiega Richard Choularton, capo del Programma di riduzione dei rischi ambientali del Wfp – abbiamo utilizzato un’ampia serie di informazioni. Da quelle relative ai sistemi di agricoltura a quelle legate all’accesso all’acqua potabile. E ancora gli impatti dei cambiamenti climatici sulle foreste e la capacità di alcune aree di rifornirsi dei quantitativi necessari di beni alimentari”. Così, ad esempio, immaginando che nei prossimi decenni le emissioni di CO2 rimarranno alte, e che – al contempo – le politiche di adattamento da parte dei paesi più colpiti da problemi di insicurezza alimentare risulteranno insufficienti, è possibile verificare che la situazione peggiorerà in modo dirompente. In quasi l’intera Africa, in India, nel sud-est asiatico, in America centrale e in alcuni paesi dell’America Latina, la situazione potrebbe diventare catastrofica.
Contro la fame serve un’azione su più fronti
“Questo strumento – spiega Ertharin Cousin, direttrice esecutiva del Wfp – ci consente di comprendere come cambierà il problema della fame nel mondo in funzione delle risposte che daremo ai cambiamenti climatici. Lo scenario che abbiamo di fronte indica che per centinaia di milioni di persone i problemi ambientali moltiplicheranno i rischi, qualora non verranno introdotte politiche adeguate di adattamento, e qualora le emissioni di gas ad effetto serra non diminuiranno”.
E non basterà far leva soltanto su uno dei due fattori: i dati dimostrano infatti che con importanti sistemi di adattamento ma con, allo stesso tempo, alte emissioni (o viceversa) le popolazioni di decine di paesi non potranno sfuggire alla fame: “Si tratta – conclude Cousin – di un’allerta. La notizia positiva è che sappiamo che il futuro è nelle nostre mani”. E in quelle della Cop 21.
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