Diritti umani

Caso Regeni, l’Italia richiama l’ambasciatore in Egitto

L’Italia ha richiamato il suo ambasciatore al Cairo, Maurizio Massari, in seguito al termine di un vertice definito “deludente” tra la procura italiana e la controparte egiziana sulla morte di Giulio Regeni. Che il dossier sull’omicidio del giovane ricercatore, sequestrato e torturato prima di morire, stesse rischiando di incrinare le relazioni tra i due paesi

L’Italia ha richiamato il suo ambasciatore al Cairo, Maurizio Massari, in seguito al termine di un vertice definito “deludente” tra la procura italiana e la controparte egiziana sulla morte di Giulio Regeni. Che il dossier sull’omicidio del giovane ricercatore, sequestrato e torturato prima di morire, stesse rischiando di incrinare le relazioni tra i due paesi lo si era capito dai toni e dalle prese di posizione insolitamente dure da parte del governo di Roma che non ha mai smesso di chiedere all’Egitto verità sulla vicenda.

 

 

L’atteso incontro tra la delegazione italiana guidata dal procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, e gli emissari provenienti dal Cairo si è svolto nel massimo riserbo negli uffici della scuola superiore di polizia di via Guido Reni. Anche se nulla di ufficiale era trapelato finora, fonti vicine agli inquirenti avevano lasciato intendere che gli atti consegnati dagli investigatori egiziani non avrebbero soddisfatto le richieste italiane. Secondo un comunicato diramato dalla Procura di piazzale Clodio, gli italiani non hanno ricevuto i tabulati delle celle telefoniche del 25 gennaio scorso, quando Giulio Regeni è sparito in circostanze mai chiarite, e neppure i filmati delle telecamere della metro e del quartiere dove viveva il 28enne, trovato morto il 3 febbraio ai bordi dell’autostrada Cairo-Alessandria.  

 

 

La vicenda, dunque, assume i contorni di una vera e propria crisi diplomatica tra i due paesi finora legati da forti relazioni storiche e commerciali : la decisione di richiamare l’ambasciatore Massari in Italia “per consultazioni” – comunica in una nota la Farnesina – fa seguito agli sviluppi delle indagini sul caso Regeni. In base a tali sviluppi “si rende necessaria una valutazione urgente delle iniziative più opportune per rilanciare l’impegno volto ad accertare la verità sul barbaro omicidio”.

A chiedere “una risposta forte” da parte dell’Italia, se l’Egitto non avesse mostrato maggiore collaborazione nell’individuare i responsabili dell’omicidio, era stata proprio la madre del ragazzo ucciso. In una commovente quanto dignitosa conferenza stampa al Senato, Paola Regeni aveva sottolineato che “la morte di Giulio non è un caso isolato” e che l’Egitto avrebbe dovuto fornire “elementi credibili” sulla sua fine.

 

 

Nelle ultime settimane invece, dal Cairo sono arrivate ipotesi strampalate o artefatte, che lasciavano inevasi interrogativi inquietanti di quanti intravedono nella morte di Giulio la mano violenta che la Sicurezza di Stato egiziana (Amn al Dawla) riserva a oppositori e dissidenti.

 

Giulio Regeni, Milano

 

“Sul suo volto ho visto riversato tutto il male del mondo” ha raccontato ancora Paola Regeni sottolineando che quello che appare come un caso unico per l’Italia è la violenta normalità per decine e centinaia di famiglie in Egitto. Secondo amnesty International, fautrice di una campagna che chiede verità per Giulio, solo nel 2015 in Egitto si sono registrati 464 casi di sparizioni forzate e 676 casi di tortura.

 

 

 

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