River blue, il documentario sulla produzione di denim che inquina i fiumi del mondo

River blue racconta come la produzione tessile, tra cui quella di denim, lascia una scia di distruzione che colpisce i fiumi e la salute umana. Il documentario è stato presentato al Fashion Film Festival Milano.

L’industria dell’abbigliamento e specialmente quella del denim stanno contribuendo alla degradazione ambientale a causa dei loro processi produttivi inquinanti, responsabili della perdita della biodiversità di diversi fiumi. Questo è lo scenario denunciato da River blue, il documentario diretto da David McIlvride e proposto all’interno del palinsesto del Fashion Film Festival Milano che si tiene dal 20 al 25 settembre. Il film rappresenta un viaggio alla scoperta dello stato dei corsi d’acqua in prossimità degli stabilimenti tessili in Cina, Bangladesh e India. Illustra le conseguenze di questa industria sull’ambiente e sulle persone, e al contempo offre un messaggio di speranza per un futuro in cui la moda sostenibile sarà la norma, individuando realtà innovatrici come Italdenim e Jeanologia che propongono soluzioni in grado di ridurre l’uso di acqua e sostanze chimiche inquinanti.

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Tra i paesi in via di sviluppo la Cina è il primo a vantare l’intera filiera tessile, dalla coltivazione della fibra alla produzione del capo finito © Fashion Film Festival Milano

River blue, il documentario sull’industria del denim

Sono immagini crude e tristi quelle mostrate in River blue da Mark Angelo, l’attivista statunitense impegnato nella conservazione dei fiumi che ha girato il mondo per esaminare il loro stato nei paesi in cui sorgono i più grandi siti produttivi di abbigliamento, cioè quelli che riforniscono tutti i principali marchi di moda occidentali. Una spedizione globale per raccontare le tradizioni, le usanze e i paesaggi distrutti dall’industria tessile e del denim che operano in virtù del profitto, non curanti delle loro responsabilità verso l’ambiente e le persone.

Il viaggio che testimonia una realtà allarmante

In collaborazione con gli esperti e gli attivisti ambientali locali, il film parte raccontando come questa industria abbia portato un enorme beneficio economico trasformando la Cina nel primo esportatore di tessuti e abbigliamento al mondo. Eppure, il prezzo di questa “ricchezza” sta costando caro alla popolazione che subisce in prima linea gli effetti negativi sulla propria salute, registrando un incremento di malattie quali cancro al fegato e patologie gastrointestinali causate dalla contaminazione delle acque utilizzate per l’agricoltura e l’allevamento, e il riversamento di quelle impiegate nei processi industriali.

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Al Fashion Film Festival Milano va in scena River blue, il documentario sull’impatto dell’industria tessile sui fiumi © Fashion Film Festival Milano

Una situazione simile si sta verificando anche in Bangladesh dove le concerie e gli stabilimenti produttivi continuano a scaricare le proprie acque reflue nel fiume Buriganga, causandone la totale distruzione, nei pressi della capitale Dacca, già conosciuta per la strage di Rana Plaza che ha sconvolto il settore dell’abbigliamento nel 2013. Il fiume è il secondo più inquinato al mondo e i biologi l’hanno decretato ufficialmente “morto” perché ormai incapace di ospitare qualsiasi forma di vita. Il Buriganga è vittima dell’industria tessile che riversa al suo interno tutte le sostanze tossiche come il cadmio e il cromo contenute nelle tinture dei tessuti.

Nemmeno l’India è stata risparmiata dai disastri ambientali provocati dall’industria tessile e del denim che stanno mettendo a serio repentaglio la conservazione del fiume Gange e delle miriadi di persone che si recano in pellegrinaggio ogni anno per bagnarsi nelle sue acque. Nonostante le proprietà del fiume che gli consentono di ripulirsi, avrebbe bisogno di un intervento esterno tempestivo per preservare la salubrità e il carattere sacro attribuitogli dalla religione induista.

fiume contaminato nel film river blue
Osservando i fiumi vicino agli stabilimenti produttivi è addirittura possibile comprendere i colori di moda nelle diverse stagioni a causa dello sversamento delle tinture usate dall’industria © Fashion Film Festival Milano

Il futuro è una moda sostenibile

Una moda più sensibile alle tematiche ambientali è possibile e ne sono testimoni Luigi Caccia, fondatore della compagnia Italdenim specializzata in una produzione più sostenibile, e l’azienda spagnola Jeanologia che propone una nuova tecnologia a laser per trattare il denim dandogli il classico effetto scolorito.

Leggi anche: Italdenim, come si produce un denim senza sostanze tossiche

River blue vuole trasmettere un messaggio chiaro al mondo della moda e soprattutto al consumatore affinché le scelte di acquisto diventino più consapevoli e responsabili. Per questo offre un nuovo punto di vista focalizzato sulla possibilità di trasformare l’industria tessile e dell’abbigliamento in una realtà più sostenibile, grazie all’applicazione di tecnologie innovative che riducono l’impiego dell’acqua e delle sostanze chimiche conservando allo stesso modo l’estetica e la qualità del prodotto.

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