Traffic – John Barleycorn Must Die

La deluxe edition di uno degli album-cardine di un gruppo a sua volta fondamentale come i Traffic, comprende due dischi: sul primo si recupera nella sua scaletta originale, rimasterizzata, lungo 35 minuti di superba qualità, cui oggi si aggiunge uno smalto speciale e una luminosità adeguata al prodotto. In una miscela di mirabile efficacia anche

La deluxe edition di uno degli album-cardine di un gruppo a sua
volta fondamentale come i Traffic, comprende due dischi: sul primo
si recupera nella sua scaletta originale, rimasterizzata, lungo 35
minuti di superba qualità, cui oggi si aggiunge uno smalto
speciale e una luminosità adeguata al prodotto. In una
miscela di mirabile efficacia anche quarant’anni più tardi,
si fondono gli elementi caratterizzanti degli idiomi specifici del
pianeta Traffic: le ballad di sapore folk si intersecano a venti
jazzistici, sino a sollecitare la fantasia tra reminiscenze
soul-black, da amministrare all’ombra di una grammatica rock senza
età. I 6 brani dell’album, lo strumentale Glad, Freedom
Rider, Empty Page, Stranger To Himself, John Barleycorn Must Die
(da un traditional del XVII secolo), Every Mother’s Son, illustrano
una vena creativa sensazionale, con Steve Winwood a reggere le
sorti complessive, sino a sovraincidere qua e là tutti gli
strumenti, oltre alla voce, lasciando Chris Wood e Jim Capaldi in
una condizione gregaria, preziosa ma decisamente laterale. Per
Winwood, solo 22enne, si tratta evidentemente di un periodo d’oro,
con l’inspirazione già abbondantemente testata nel rapido
sodalizio coi Blind Faith: scrive con grande facilità, si
destreggia nel ruolo di tuttofare – anche produttore del long
playing – e dispone di un tocco da Re Mida che gli consente di
spaziare come polistrumentista raffinato, capace di eccellere
soprattutto alle tastiere e chitarra elettrica (ce ne accerteremo
anche in epoche recenti, nel tour con Eric Clapton e nelle vesti di
solista).

John Barleycorn Must Die, quarto lavoro dei Traffic, nasce per
essere l’esordio di Winwood a proprio nome, con un titolo
provvisorio poi non utilizzato (Mad Shadows, che faranno proprio i
Mott The Hoople). La riprova arriva nel secondo cd che si apre con
3 canzoni in versioni e mix alternativi rispetto agli equilibri
finali, per proseguire con una quarantina di minuti dal vivo,
registrati al Fillmore East di New York, dove l’elemento della
contaminazione tra i generi continua a permeare la
creatività di Winwood e compagni (qui c’è anche Ric
Grech, al basso).

La fotografia ci porta al 18 e 19 novembre per quello che avrebbe
dovuto uscire come capitolo ufficiale della discografia Traffic,
Live November 1970, rimanendo però inedito sino a oggi. Sei
le tracce con una lunga digressione finale, i quasi 15 minuti di
felice tempesta sonora di Glad / Freedom Rider che rendono
indimenticabile e palpitante la memoria di quella stagione
sublime.

Enzo Gentile

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