Investimenti sostenibili

Trans Adriatic pipeline, un’opera insostenibile per l’ambiente e per le banche

La Trans Adriatic Pipeline è un investimento non soltanto poco lungimirante per l’ambiente, ma anche rischioso per le banche, secondo un rapporto di Counter Balance.

Sempre più accordi internazionali impongono alle istituzioni finanziarie la massima attenzione al rispetto dell’ambiente e delle comunità quando decidono di investire in un grande progetto di infrastrutture. Ignorarlo può esporre queste stesse banche – sempre più attente a vestirsi di un abito di sostenibilità – a rischi di immagine e non solo. È quanto ammoniscono le ong Counter balance e Banktrack in un breve rapporto pubblicato recentemente a proposito della Trans Adriatic pipeline (Tap), un gasdotto al centro di infinite polemiche che dovrebbe unire la costa italiana alla frontiera greco-turca.

Un gasdotto dal Mar Caspio all’Italia

Con i suoi 807 chilometri, di cui un centinaio sotto le acque del mare Adriatico, la Tap non è che l’ultimo tratto di una colossale opera di 3.500 chilometri, il Corridoio Sud del gas, volta a trasportare il gas del giacimento off-shore azero di Shah Deniz II sino alle coste pugliesi del nostro paese, attraverso Turchia, Grecia e Albania. La finalità dichiarata: rendere l’Unione europea indipendente sul piano energetico da Ucraina e Russia. In discussione sin dal 2003, il progetto è partito in realtà solamente nel maggio del 2016, con l’avvio dei primi lavori in Grecia.

Il tracciato della Trans Adriatic pipeline, dal sito della società Tap-ag
Il tracciato della Trans Adriatic pipeline, dal sito della società Tap-ag

Lavori a rilento e contestazioni

Tutto questo almeno in linea teorica, perché la Tap non fa che accumulare ritardi e suscitare opposizioni e tensioni dai due lati dell’Adriatico, come ricorda l’associazione italiana Re:common. Ben 13 ricorsi sono stati indirizzati alla Banca europea per gli investimenti (Bei), a cui il consorzio Tap – con sede in svizzera, soci principali l’italiana Snam, la britannica BP e l’azera Socar – ha chiesto 2 miliardi di euro di finanziamento. Le comunità toccate dal tracciato del futuro gasdotto in Italia, Grecia e Albania lamentano in particolare compensazioni inadeguate per gli espropri e problematiche di carattere ambientale. In Italia, l’ultima versione del tracciato che interessa la campagna attorno a Melendugno, comune a qualche decina di chilometri da Lecce, comporterà l’abbattimento di 1900 ulivi ed è significativamente differente da quello che aveva ottenuto valutazione di impatto ambientale positiva nel 2014, sostiene il comitato No Tap.

La Tap violerebbe gli Equator principles

Proprio queste contestazioni dovrebbero indurre le istituzioni finanziarie europee a grande prudenza. In primis quelle che hanno aderito agli Equator principles, uno strumento di soft law internazionale che fornisce linee guida nella gestione del rischio ambientale e sociale legato ai grandi progetti di infrastrutture che finanziano. Redatti nel 2003 e giunti alla loro terza revisione, questi 10 principi impongono di evitare il più possibile – o ridurre, mitigare e compensare quando inevitabili – gli impatti negativi sul clima, la biodiversità e le comunità interessate dai progetti. E richiamano le istituzioni finanziarie a verificare attraverso la due diligence la coerenza fra i progetti finanziati e tali principi. Ad oggi, 89 banche in 37 paesi hanno approvato gli Equator principles. Fra queste, la francese Société générale, che già svolge funzione di advisor per il progetto già dal marzo 2013. Secondo Counter balance e Banktrack, il progetto Tap non sarebbe conforme ai prerequisiti previsti dagli Equator principles, in particolare per quanto riguarda le valutazioni ambientali e sociali (principio 2), gli standard applicabili in materia ambientale e sociale (principio 3), il coinvolgimento degli stakeholder (principio 5) e i meccanismi di governance (principio 6). Ecco perché le banche che aderiscono agli Equator principles  – tra cui le italiane Unicredit e Intesa Sanpaolo – dovrebbero stargli alla larga.

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