La Cop28 è finita, ma bisogna essere consapevoli del fatto che il vero test risiede altrove. Dalla disinformazione al ruolo delle città, ciò che conta avviene lontano dai riflettori.
146 paesi si impegnano a ridurre i gas ad effetto serra
Secondo le Nazioni Unite, mai nella storia si era verificata una mobilitazione simile da parte dei governi: un buon segnale in vista della Cop 21.
“Si tratta di un risultato senza precedenti”. L’entusiasmo degli organizzatori della Cop 21 è cresciuto esponenzialmente negli ultimi giorni, di pari passo con l’arrivo di decine di “Indc” (Intended nationally determined contributions), ovvero le promesse di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra avanzate in modo ufficiale dai governi di tutto il mondo. In poche settimane si è passati da una sessantina di nazioni che fanno parte della Convezione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (la Unfccc), a ben 146. Ciò significa che circa il 75 per cento degli stati – che rappresentano l’87 per cento delle emissioni globali di agenti nocivi per il clima – ha informato l’Onu dei loro propositi in tema di politiche ambientali.
Soprattutto, sottolinea Christiana Figueres, segretaria esecutiva della Unfccc, più dell’80 per cento dei documenti inviati presenta obiettivi quantitativi, e non solo indicazioni di massima: “Nel corso delle ultime settimane il numero di governi che hanno inviato i loro Indc è cresciuto fortemente, arrivando ad un totale mai raggiunto prima. Ciò conferma il fatto che il mondo riconosce la Cop 21 come un’opportunità unica per adottare un modello di sviluppo sostenibile”.
Occorre però ricordare che, secondo alcuni studi scientifici, le politiche annunciate finora non basteranno ad evitare una crescita delle temperature medie globali superiore ai 2 gradi centigradi, entro la fine del secolo (obiettivo ufficiale della Cop 21). Le Nazioni Unite forniranno il prossimo primo novembre un rapporto di sintesi di tutti gli Indc ricevuti, il che dovrebbe permettere una valutazione globale dello sforzo anti cambiamenti climatici previsto a livello mondiale. Tale report costituirà uno dei documenti sui quali i governi baseranno le loro discussioni a Parigi.
Tra questi, ci sarà anche la bozza preparata da un gruppo di lavoro guidato dall’algerino Ahmed Djoghlaf e dello statunitense Dan Reifsnyder, che è stata pubblicata il 5 ottobre. Tuttavia, va detto che si tratta di un documento che traccia unicamente alcune linee generali di indirizzo, in una ventina di pagine, non entrando nel merito di numerose questioni. Ciò nonostante, al suo interno viene specificato che i paesi dovranno adattare ogni cinque anni le loro politiche agli obiettivi prefissati alla Cop 21. Inoltre, si prende in considerazione l’ipotesi di far partire i piani d’azione anche prima della data stabilita alle precedenti conferenze mondiali (ovvero il 2020). Le premesse per un accordo, insomma, pare siano state gettate. La parola, ora, passa ai governi.
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