Dissesto idrogeologico: ecco cosa si farà

Il Governo prevede di affrontare il dissesto idrogeologico con il piano #Italiasicura. Gian Vito Graziano, Presidente del consiglio nazionale dei geologi, ci racconta meglio di cosa si tratta.

Il Seveso e Expo. La messa in sicurezza delle aree metropolitane. Combattere l’eccesso di cemento. Sono alcuni degli argomenti al centro di #Italiasicura, il piano presentato qualche giorno fa a Palazzo Chigi con cui il Governo affronterà nei prossimi anni il problema del dissesto idrogeologico.

 

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Foto: ©panorama.it

L’unità di missione del progetto è coordinata da Gian Vito Graziano, Presidente del consiglio nazionale dei geologi. Ecco cosa ci ha raccontato.

 

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Foto: ©i.ytimg.com

Cosa non è stato fatto in Italia in questi anni contro il dissesto idrogeologico?

 

Chiederei piuttosto “Cosa è stato fatto?”. In realtà non è stato fatto assolutamente nulla. Abbiamo aspettato anni, anzi decenni, prima che qualcuno si svegliasse. Senza farne una questione politica, questo governo sta dando finalmente attenzione a un problema che non è più rimandabile. I cambiamenti climatici ci hanno messo di fronte a questo fatto compiuto per cui abbiamo dato l’allarme almeno 20 anni fa, però nessuno finora ci aveva ascoltato. Ora sembra che si voglia fare qualcosa, c’è un impegno economico importante, cantieri sbloccati… rispetto al nulla qualcosa si sta facendo, anche rispetto all’anno scorso, quando per il dissesto venivano stanziati solamente 30 milioni di euro l’anno. Le esigenze sono molto maggiori.

 

A proposito di denaro: il piano #Italiasicura stanzierà, tra 2014 e 2020, circa 9 miliardi per il dissesto. Sono sufficienti secondo lei?

Probabilmente non saranno sufficienti a risolvere tutto, ma è un inizio. non possiamo pensare di risolvere tutti i problemi in un territorio geologicamente molto fragile, dove per anni abbiamo urbanizzato senza alcuna regola o con regole spesso sbagliate. Possiamo però fare molto: l’obiettivo è portare il livello di rischio, che attualmente è molto elevato, a un livello di rischio accettabile, dato che non lo possiamo azzerare. Ecco perché sono contrario a tutte quelle statistiche che ci dicono con esattezza quanti soldi ci servirebbero; secondo me nessuno sa quanto realmente occorre, è necessario iniziare a investire. Bisogna ragionare per “esposizione al rischio”: le aree più popolate, quelle metropolitane, dovrebbero essere le prime sulle quali intervenire. Credo che possa essere utile anche dal punto di vista economico: spendere oltre un miliardo l’anno per il dissesto vuol dire far lavorare imprese e professionisti.

 

Servono più geologi?

 

Penso proprio di sì. Mi guardo bene dal dirlo, specialmente quando accadono disastri, per evitare di sembrare uno sciacallo. Servono non solo perché possono progettare con cognizione di causa, ma soprattutto per creare cultura geologica, che in Italia manca.

 

A proposito di aree e di fiumi metropolitani: ha senso aggiungere cemento a cemento per sistemare, per esempio, il corso del Seveso, che sarà “pronto” solo dopo Expo?

 

Il problema, molto complesso, è stato affrontato decisamente in ritardo. In alcuni casi, per esempio, ci sono stati sindaci di comuni in cui scorre il Seveso che, giustamente, dopo aver trattato bene per anni il proprio territorio, non volevano e non vogliono vasche di laminazione nelle proprie zone, tra l’altro di acqua sporca. Bisogna quindi prima procedere alla depurazione delle acque e poi iniziare la costruzione delle vasche. Partendo in ritardo, ovviamente si concluderà in ritardo, quindi ben oltre il termine di Expo. Il discorso sulla depurazione delle acque sta facendo accettare, ai sindaci contrari, la costruzione delle vasche, che non sono solo di cemento, ma dato che hanno anche il compito di assorbire e drenare, dovranno anche essere rese abbastanza “naturali”. Sono quindi opere che hanno certamente un impatto sul territorio, che può però essere ridotto con la naturalizzazione.

 

Sono previsti altri interventi “verdi”?

 

L’unità di missione di #Italiasicura mi ha dato l’incarico di coordinare un gruppo di lavoro per stabilire dei criteri per la realizzazione di opere come queste. Tra i primi punti del documento, che al momento è in una fase ancora embrionale, sto inserendo proprio gli interventi di rinaturazione, di geo-ingegneria naturalistica. A parità di efficacia, bisogna preferire le opere di natura a quelle di cemento armato, sto lavorando perché diventi obbligatorio per legge preferire il verde. Prima la rinaturalizzazione, poi, laddove proprio non è possibile, il cemento: è uno degli input che mi sono imposto di dare al gruppo di lavoro.

 

Quali sono le raccomandazioni che ha fatto a Erasmo De Angelis, responsabile di #Italiasicura?

 

Dato che lo sento spesso, gli ho già fatto molte raccomandazioni durante le nostre riunioni. La prima è questa: dobbiamo far sì che le opere che si realizzano in Italia non nascondano la trappola dell’opera inutile o persino dannosa, con spreco di soldi e risorse. Le progettazioni preliminari devono migliorare, ci sono ancora troppe cose che non funzionano perché spesso si progetta senza capire dove sia l’origine del dissesto. Il secondo punto su cui ho insistito riguarda le aree metropolitane, su cui bisogna agire tempestivamente.

 

In copertina: ©multimedia.quotidiano.net

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