Temperature estreme, in mezza Italia niente lavori all’aperto nelle ore più calde

Già 13 Regioni hanno emesso ordinanze anti-caldo basate sulla piattaforma Worklimate: “siesta” dalle 12.30 alle 16. E i musei diventano rifugi climatici.

  • Ordinanze in 13 Regioni e diverse città per fermare i lavori in strada nelle ore più calde.
  • Il punto di riferimento per la valutazione del rischio è il progetto Worklimate di Inail e Cnr.
  • Il ministero del Lavoro firma un protocollo sulle condizioni climatiche estreme con i sindacati.

Aggiornato il 3 luglio 2025
Il ministero del Lavoro e della politiche sociali ha firmato, insieme ai principali sindacati, un protocollo quadro sulle condizioni climatiche estreme, che definisce misure condivise per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori esposti agli effetti del cambiamento climatico, in particolare al caldo eccessivo. Il protocollo, che ora dovrà essere firmato da tutte le sigle datoriali, prevede che i datori di lavoro utilizzino i bollettini meteo ufficiali per adottare misure tempestive di prevenzione, che la valutazione dei rischi includa il microclima e venga aggiornata e chge siano promossi accordi settoriali, territoriali e aziendali con sindacati e parti datoriali per regolare turni, orari, formazione e sorveglianza sanitaria. Si prevede inoltre il ricorso agli ammortizzatori sociali, come la cassa integrazione, in caso di sospensione delle attività, e che siano possibili premi per le imprese virtuose. Per il ministro Marina Eliva Calderone il protocollo “ha l’obiettivo di scongiurare infortuni e malattie professionali connessi al clima estremo. L’obiettivo è coniugare la prosecuzione delle attività produttive con la garanzia di condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro e delle modalità lavorative”.

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L’Italia è in preda a un’ondata di caldo al limite tra l’eccezionale e l’ormai strutturale, che sta investendo gran parte del territorio nazionale, con temperature che in molte aree superano i 40 gradi. Di fronte all’emergenza climatica, diverse regioni (al momento ufficialmente 13) e città hanno deciso di adottare misure straordinarie per tutelare la salute pubblica: tra le principali, la sospensione dei lavori all’aperto nelle ore più calde e la chiusura di musei o altri luoghi pubblici non climatizzati. Una sorta di “siesta” istituzionalizzata, la controra storicamente dedicata al riposo nelle ore più calde dei pomeriggi estivi.  Ad adottare provvedimenti contro il caldo record sono state al momento, in ordine sparso, Lombardia, Abruzzo, Emilia-Romagna, Sardegna, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Puglia, Sardegna, Sicilia e Toscana. Più o meno in tutte le Regioni, con piccole differenze, si è stabilito per tutta l’estate nei giorni con allerta arancione o rossa per temperature elevate, il blocco dei lavori all’aperto in edilizia e agricoltura dalle 12:30 alle 16. Il provvedimento sarà in vigore   nei giorni e nelle aree in cui le mappe nazionali online del rischio segnalino un livello alto: il punto di riferimento per la valutazione del rischio è il progetto Worklimate portato avanti da Inail e Cnr, che mette a disposizione in tempo reale sul web le previsioni di ‘rischio di esposizione occupazionale al caldo’.

Niente lavori all’aperto nei cantieri, in agricoltura e altri settori

È stata l’Emilia-Romagna ad aprire la strada alla “siesta” con un’ordinanza che dispone,  ed è stato salutato positivamente dai sindacati di categoria, da tempo impegnati nella richiesta di tutele concrete per i lavoratori esposti al sole. Il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani ha ricordato che  “un prolungato stress termico e colpi di calore possono avere anche esiti letali ed è necessario affrontare questo tema tenendo conto dell’innalzamento delle temperature e dei cambiamenti climatici in atto”. Le ordinanze emesse cercano di tutelare tutti coloro che lavorano in settori come quello agricolo e florovivaistico, nei cantieri edili all’aperto, nelle cave o comunque in condizioni di esposizione prolungata al sole, mentre il divieto espresso dall’ordinanza non si applica alle pubbliche amministrazioni, ai concessionari di pubblico servizio, ai loro appaltatori, agli interventi di pubblica utilità, di protezione civile o di salvaguardia della pubblica incolumità. Nello stesso senso va l’ordinanza emessa dalla Regione Lombardia, che alle attività all’aperto aggiunge anche quelle “che avvengono in ambienti chiusi non climatizzati”. Lavori all’aperto fermi nelle ore più calde anche nel Lazio, dove il presidente Francesco Rocca, ex capo della Croce Rossa, avvisa, “il cambiamento climatico rende sempre più frequenti e intensi i picchi di calore: non possiamo permetterci di sottovalutarne i suoi effetti”.

Intanto, i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil chiedono al governo l’introduzione di una norma nazionale che preveda lo stop obbligatorio ai lavori all’aperto in condizioni climatiche estreme. L’Inail ha pubblicato una guida con indicazioni pratiche per prevenire i colpi di calore e ha ricordato che l’esposizione a temperature elevate può essere causa di infortuni sul lavoro, con conseguenze anche legali per i datori di lavoro. Di sicuro l’ondata di calore, che secondo i meteorologi potrebbe proseguire almeno fino al prossimo fine settimana, mette in evidenza con urgenza la necessità di protocolli chiari e uniformi su scala nazionale, in un Paese dove gli effetti della crisi climatica sono ormai sempre più evidenti.

I musei presi d’assalto come rifugi climatici 

Intanto nelle città, dove l’asfalto contribuisce ad arroventare ancora di più il clima, musei, biblioteche e altri luoghi pubblici al chiuso stanno diventando sempre di più veri e propri rifugi climatici, e in questi giorni soprattutti i musei sono presi d’assalto da turisti e cittadini, non solo per le meraviglie che ospitato ma anche per il comodo riparo dal sole che garantiscono. Ma anche i numerosi parchi archeologici delle nostre città d’arte soffrono le temperature eccezionali: in considerazione delle alte temperature previste nei prossimi giorni e al fine di tutelare la salute pubblica, per esempio, il Parco archeologico di Venosa, in Basilicata, resterà chiuso al pubblico ogni giorno dalle ore 11 alle ore 16. A Roma invece nel Parco archeologico del Colosseo – che comprende Foro Romano e Palatino – è stato  attivato un servizio di presidio medico, dedicato a visitatori e lavoratori e pensato per garantire assistenza sanitaria immediata durante tutto l’orario di apertura.

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