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Il ruolo di questa antica terapia nella cultura medica della Cina contemporanea. Intervista a Liu Qin, agopuntore cinese da quattordici anni in Italia.
Studiare agopuntura in Cina rimane nel vissuto di molti medici occidentali un obiettivo importante per verificare e qualificare le proprie conoscenze, ma quale è il percorso di formazione previsto nel Paese in cui è nata la terapia con gli aghi? È questa curiosità a farci incontrare Liu Qin che applica da parecchi anni l’agopuntura in Italia e ha compiuto i suoi studi presso l’Università di Pechino, dove è nato.
Dottor Liu, qual è dunque nel suo Paese l’iter di studi per diventare agopuntori?
Ci si deve laureare in medicina con un curriculum di studi esattamente come il vostro, con le stesse nozioni che si apprendono in Occidente. Io, ad esempio, prima di scegliere di diventare agopuntore ho lavorato come ricercatore medico e neurochirurgo.
La medicina tradizionale cinese, di cui l’agopuntura fa parte, viene allora studiata separatamente?
No, è parte integrante del normale corso di laurea in medicina. La preparazione degli studenti si basa principalmente sulle conoscenze scientifiche, ma contemporaneamente si richiede anche un approfondito studio della medicina tradizionale, agopuntura e fitoterapia cinese comprese. È stato Mao Tse-Tung a valorizzare questo aspetto della cultura della Cina: “Camminare su due gambe”, diceva, “una è la medicina occidentale, l’altra quella tradizionale cinese”.
Ma i principi e il modello di pensiero su cui si basa l’agopuntura sono diversi dal sapere scientifico occidentale. Questo non crea delle contraddizioni?
Sicuramente. Sono due forme d’intendere la salute a volte in contrasto dal punto di vista concettuale e chi affronta gli studi in base al modello scientifico spesso non riesce a capire la medicina cinese e l’agopuntura. In Cina, tuttavia, in qualsiasi università o ospedale voi andiate le troverete sempre contemporaneamente presenti ed è un bene perché se l’obiettivo è la salute dell’individuo all’atto pratico le due medicine si alleano a tutto vantaggio del paziente che può approfittare così del lato migliore di
entrambe.
Quindi anche se abituato a convivere con due diverse anime del sapere, un agopuntore cinese incontra agli inizi delle difficoltà?
Sì, è stato così anche per me. Pur avendo sperimentato l’agopuntura, quando a quindici anni fui operato al menisco e l’anestesia venne praticata con due soli aghi, all’università lo studio di questo metodo terapeutico mi sembrava una cosa strana. Con la pratica, poi, risulta naturale integrare i diversi metodi. Nelle grandi strutture ospedaliere ci sono reparti di agopuntura, di fitoterapia cinese e il medico vi ricorre in base alle sue personali valutazioni. In Cina l’agopuntura e la medicina cinese tradizionale sono presenti nell’ambito sanitario ufficiale, che le considera sullo stesso piano della medicina occidentale.
Esistono degli istituti di ricerca nell’ambito della medicina cinese, che approfondiscano la conoscenza della vostra tradizione medica?
A Shangai, per esempio, c’è un istituto che si occupa d’indagare esclusivamente l’efficacia dell’agopuntura nell’ambito dell’anestesia. A Pechino c’è l’Accademia di ricerca di medicina cinese, dove si fa ricerca su fitoterapia, agopuntura, massaggi e tutti gli altri aspetti della medicina tradizionale.
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