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L’Italia ha versato 16 miliardi di euro di sussidi dannosi per l’ambiente. È il ministero dell’Ambiente ad affermarlo in un inedito esercizio di trasparenza.
Nel 2016 l’Italia ha versato sussidi dannosi per l’ambiente per un importo pari a 16 miliardi di euro. Non è una ong ambientalista a denunciarlo ma lo stesso ministero dell’Ambiente ad ammetterlo in un documento pubblicato a fine febbraio con l’eloquente titolo Catalogo dei sussidi ambientali favorevoli e dei sussidi ambientali dannosi 2016. I tecnici del ministero sono infatti andati a spulciare l’insieme delle misure approvate dal nostro paese per mantenere i prezzi per i consumatori al di sotto dei livelli di mercato o quelli per i produttori al di sopra dei livelli di mercato o ancora per ridurre i costi sia per i produttori e che per i consumatori. Ecco cosa hanno scoperto.
La maggior parte dei sussidi per il 2016 si trovano all’interno della Legge di stabilità e riguardano il settore dell’edilizia. Ma non solo: si va dalle detrazioni fiscali per l’acquisto di immobili di classe energetica A o B, al rifinanziamento della conversione degli zuccherifici in centrali a biomassa passando per l’abrogazione della tassa sulle imbarcazioni da diporto. Nel complesso, fra legge di stabilità e altre misure, si stima che l’anno scorso siano stati versati 41 miliardi di euro di sussidi, pari a circa il 2,5% del prodotto interno lordo nazionale. Per gli analisti del ministero, nove di questi hanno un impatto incerto o nullo sull’ambiente. I restanti 32, invece si dividono tra favorevoli e dannosi.
La definizione di sussidio dannoso non è unanime. L’Ocse, ad esempio, considera dannoso quel sussidio che “aumenta i livelli di produzione tramite il maggior utilizzo della risorsa naturale con un conseguente aumento del livello dei rifiuti, inquinamento e dello sfruttamento della risorsa naturale” e distruzione della biodiversità.Senza contare gli effetti economici e sociali di un progetto finanziato. Insomma, stimare il nesso tra un sussidio e gli effetti dannosi di un progetto sull’ambiente non è un esercizio semplice. Ma non per questo il ministero ha rinunciato a cimentarsi nella prova arrivando a contabilizzare 16,6 miliardi di euro. A beneficiarne principalmente sono le fonti energetiche fossili che di sussidi ne incassano per 11,5 miliardi, pari al 69 per cento. La lista è lunga e comprende, ad esempio, l’esenzione dall’accisa sull’energia elettrica prodotta da impianti di gassificazione o sui carburanti utilizzati da forze armate, le quote di emissioni gratuite assegnate con l’European Trading Scheme o ancora il meccanismo di incentivazione dell’energia prodotta da fonti assimilate (CIP6…le famigerate “ecoballe”).
Con oltre sei milioni di euro di sussidi diretti, il fotovoltaico elettrico è il campione di incassi di sussidi classificati come favorevoli all’ambiente. Sommando i sussidi diretti a tutte le altre forme di produzione di energia da fonti rinnovabili – pari a cinque miliardi e settecentomila euro – si raggiungono i 12 miliardi di euro. Pari all’80 per cento dei 15,4 miliardi di euro di sussidi favorevoli stimati dagli analisti del ministero. Una cifra inferiore quindi a quella dei sussidi nocivi per l’ambiente, che comprende, per dare qualche esempio, i 45 milioni di euro stanziati nel 2016 per incentivare l’acquisto di trattori e mezzi agricoli più silenziosi e meno inquinanti, i 49 milioni di esenzione dall’accisa sull’energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili per autoconsumo, il credito d’imposta per l’acquisto di veicoli alimentati a metano o GPL.
Il catalogo è una delle misure introdotte dalla legge sulla green economy e il contenimento dell’uso eccessivo delle risorse naturali del 2015. Il suo effetto principale è quello di mostrare il paradosso perverso di uno Stato che finisce per spendere più denaro per distruggere l’ambiente di quanto ne spende per favorirlo, vanificando così ogni sforzo virtuoso in favore della sostenibilità. Nell’introduzione, il ministro Gian Luca Galletti scrive:
Difficilmente raggiungeremo gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, se non procederemo a un’eliminazione dei sussidi alle fonti fossili nei nostri Paesi.
D’ora in poi l’università di Oxford non investirà più nei combustibili fossili, ma solo nelle società che si impegnano seriamente per la decarbonizzazione.
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