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Durante un concerto in Tasmania, Antony Hegarty si schiera con gli aborigeni australiani contro la realizzazione di una miniera di uranio nelle loro terre.
Qualche giorno fa Antony Hegarty, voce di Antony and the Johnsons, ha partecipato al Dark Mofo Festival, manifestazione musicale della Tasmania. Per un’ora ha cantato i suoi successi sul palco dell’Odeon theatre di Hobart, senza proferire parola. Ma al ritorno sul palco per il bis, ha improvvisato un discorso di quindici minuti sul popolo Martu, una comunità Parnngurr della regione Pilbara, nell’Australia occidentale.
Nel 2013, infatti, Hegarty era stata invitata da Lynette Wallworth, artista australiana di base a Sidney, per un viaggio di dieci giorni in Pilbara. Dall’incontro – anche atistico – fra l’artista transgender di origini britanniche e il popolo aborigeno, era scaturita una video installazione per la regia di Lynette, in cui si fondono le culture.
Col suo discorso, Hegarty ha portato alla luce a livello internazionale quello che sta accadendo in Australia nell’ultimo periodo: nell’aprile scorso, il governo federale australiano ha approvato la costruzione della seconda miniera di uranio più grande del mondo, che sorgerà all’interno del parco nazionale di Karlamilyi (parte delle terre tradizionali Martu). Mentre alcuni Martu hanno sostenuto il progetto, quelli di di Parnngurr – a ottanta chilometri dai terreni destinati alla miniera – si sono fortemente opposti.
L’artista ha sottolineato quanto sia importante preservare i popoli aborigeni. La sua condanna è scattata, soprattutto, nei confronti di quello che ha definito un vero e proprio “genocidio” dei popoli, in Australia quanto negli Stati Uniti:
C’è questo genocidio silenzioso dovuto alla presenza dei bianchi nelle Americhe e in Australia (…) I popoli indigeni australiani sono una “risorsa preziosa” (…) Per quanto mi riguarda sono queste le persone che devono insegnare a noi, persone che hanno un serbatoio di conoscenza che riusciamo appena a comprendere, che riesco a malapena a capire (…) Abbiamo un disperato bisogno di loro.
Nei giorni di permanenza in Australia, Antony Hegarty sta aiutando il popolo Martu in diversi modi: parte dei ricavati di suoi concerti nel Paese, andranno a sostegno della campagna anti-miniera dei popoli aborigeni e, qualche giorno fa, ha manifestato presso il Museo di arte contemporanea di Sydney, dove ha raggiunto nove anziani Martu riuniti davanti a Kalyu, un dipinto che raffigura i corsi d’acqua dell’area nativa, per loro fortemente simbolico.
Anche molti gruppi ambientalisti, tra cui l’Australian Conservation Foundation e Friends of the Earth, stanno sostenendo le proteste del popolo Martu: la miniera invaderà terreni sacri, ma oltre a ciò potrebbe danneggiare falde acquifere sotterranee interconnesse a sistemi idrici superficiali.
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