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Sette bambini portoghesi, supportati da un gruppo di avvocati e dai loro genitori, vogliono citare gli Stati europei di fronte alla Corte europea dei diritti dell’uomo per obbligarli a ridurre le emissioni e rinunciare ai combustibili fossili.
Arriveranno fino alla Corte europea dei diritti dell’uomo, i sette bambini portoghesi che hanno vissuto in prima persona gli effetti dei cambiamenti climatici. Supportati da un gruppo di avvocati ed esperti messo in piedi dalla Global legal action network (Glan), organizzazione senza scopo di lucro composta da avvocati e giornalisti investigativi che mira a utilizzare la legge in modo innovativo per promuovere i diritti umani, citeranno in giudizio i principali Paesi aderenti alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), chiedendo alla Corte di imporre agli Stati membri di rafforzare significativamente le loro politiche per la riduzione delle emissioni e di impegnarsi a ridurre, se non abbandonare definitivamente, i combustibili fossili.
Tutto è cominciato con gli ultimi devastanti incendi che hanno colpito il Portogallo nelle due ultime estati, in particolare quella del 2017 che ha colpito la regione della Leiria e che ha causato almeno 60 decessi.
“Sebbene la battaglia contro il cambiamento climatico abbia registrato, negli ultimi anni, alcuni progressi, gli impegni e le politiche fin qui adottati dagli Stati di tutto il mondo restano gravemente insufficienti a prevenire pericolosi sviluppi”, scrive il gruppo di bambini in una nota. “Al ritmo attuale, l’innalzamento della temperatura su scala globale potrebbe raggiungere i 4,9 gradi centigradi entro la fine del secolo. Se il surriscaldamento continua a questa velocità, entro l’anno 2100 la salute e la qualità della vita di tutti gli esseri umani – in Portogallo, in Europa e altrove – saranno gravemente minacciate”.
Così Cláudia (18 anni), Sofia (12), Martim (14), Simão (11), André (9 anni), Leonor (8 anni) e Mariana (5 anni), hanno lanciato una campagna di crowdfunding che ad oggi ha raccolto più di 27mila sterline (circa 30mila euro), con lo scopo di arrivare almeno a 400mila euro sia per coprire i costi legali della causa e finanziare una campagna di sensibilizzazione volta ad assicurare alla causa stessa un vasto impatto mediatico, sia per realizzare una serie di rapporti in grado di illustrare in maniera dettagliata la natura della minaccia che il cambiamento climatico rappresenta per gli esseri umani.
“Quello che mi preoccupa di più del cambiamento climatico è l’aumento delle temperature, che ha contribuito al numero di incendi che si verificano nel nostro Paese”, ha detto Claudia in una nota. Aggiungendo che stanno facendo tutto questo “per i bambini e per le generazioni future che non sono responsabili dello stato attuale dell’ambiente”.
Una causa del genere avrebbe un impatto fortissimo nelle politiche degli Stati membri. E non si tratta del primo caso del genere. Nel 2015, per esempio, la Urgenda Foundation, insieme a più di 800 cittadini olandesi, ha vinto un’importante causa contro il Governo dei Paesi Bassi. Ma le citazioni in giudizio sono sparse in tutto il globo: dove non arriva la politica c’è la legge e la giustizia a tentare di invertire la rotta. Gerry Liston, uno degli avvocati dell’associazione, ha assicurato: “Glan lavorerà con le organizzazioni della società civile in tutta Europa e userà il caso per sottolineare come, a meno che i governi non adottino urgentemente azioni più forti per prevenire le emissioni, sia solo una questione di tempo prima che assistiamo alle conseguenze catastrofiche di un’azione insufficiente”.
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