La Cop28 è finita, ma bisogna essere consapevoli del fatto che il vero test risiede altrove. Dalla disinformazione al ruolo delle città, ciò che conta avviene lontano dai riflettori.
Dalla Cop26 un patto per ridurre le emissioni di metano entro il 2030
Il Global Methane Pledge è stato sottoscritto da più di 100 Paesi, ma mancano all’appello economie importanti come Cina, India e Russia.
Nel corso della ventiseiesima Conferenza mondiale sul clima ealle Nazioni Unite, la Cop26, più di 100 paesi hanno sottoscritto il Global methane pledge, un patto volto a ridurre del 30 per cento le emissioni di metano entro il 2030. Tra i firmatari troviamo importanti economie come gli Stati Uniti, il Brasile, la Germania e anche l’Italia, ma mancano alcuni tra i principali responsabili di tale gas.
L’impatto del gas metano
Il metano rappresenta il secondo gas più noivo per il clima dopo l’anidride carbonica: è infatti in grado di trattenere una maggiore quantità di calore, anche se si dissolve anche più rapidamente nell’atmosfera. Limitare le emissioni di metano potrebbe quindi avere un effetto particolarmente importante sulla crisi climatica. “Il metano è uno dei gas che possiamo eliminare velocemente, rallentando subito i cambiamenti climatici”, ha infatti sottolineato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
Il metano è rilasciato principalmente nei processi di produzione e trasporto di carbone, petrolio e gas naturale, ma anche da alcune attività legate all’agricoltura e all’allevamento. Secondo un rapporto della Coalizione per il clima e l’aria pura, parte delle Nazioni Unite, una riduzione significativa delle emissioni di metano potrebbe prevenire un aumento di 0,3 gradi centigradi delle temperature entro il 2040, evitare 255mila morti premature e 775mila visite mediche dovute a problemi respiratori.
Il Global Methane Pledge
Il Global Methane Pledge è stato sottoscritto da sei dei dieci principali responsabili delle emissioni di metano: Stati Uniti, Brasile, Indonesia, Nigeria, Pakistan e Messico. Continuano però a mancare all’appello economie importati come Iran, India, Cina e Russia. Anche l’Australia ha preferito non impegnarsi in merito.
L’iniziativa è stata inizialmente proposta da Stati Uniti e Unione europea lo scorso settembre, e si è poi concretizzata in occasione della conferenza in corso in Scozia. Secondo il presidente americano Joe Biden, l’accordo è in grado di “cambiare le carte in tavola” e “farà un’enorme differenza” non soltanto a livello climatico, ma anche sulla salute delle persone, l’economia, il mercato del lavoro e la disponibilità di cibo.
In particolare, l’Agenzia americana per la protezione ambientale (Epa) si impegna a limitare le perdite di metano provenienti da circa un milione di stabilimenti legati al petrolio o al gas naturale, ripristinando anche alcune regolamentazioni in materia che erano state cancellate dalla precedente amministrazione guidata dal repubblicano Donald Trump.
La Cop26 è iniziata il 31 ottobre e proseguirà fino al 12 novembre. I risultati dei tanti accordi stretti in quest’occasione si vedranno nel corso dei prossimi decenni, ma il futuro si decide ora.
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