Investimenti sostenibili

Come possiamo sapere (e scegliere) dove vanno a finire i nostri risparmi

Abbiamo nel portafogli carte di credito e prepagate che usiamo per acquistare con pochi clic qualsiasi cosa, dalla frutta ai mobili, dai biglietti aerei ai libri. Controlliamo distrattamente l’estratto conto dallo smartphone, mentre ci sfreccia davanti un autobus che ospita sulla fiancata la pubblicità di un mutuo o di un fondo pensione. La gestione del

Abbiamo nel portafogli carte di credito e prepagate che usiamo per acquistare con pochi clic qualsiasi cosa, dalla frutta ai mobili, dai biglietti aerei ai libri. Controlliamo distrattamente l’estratto conto dallo smartphone, mentre ci sfreccia davanti un autobus che ospita sulla fiancata la pubblicità di un mutuo o di un fondo pensione. La gestione del denaro ci sembra una materia quotidiana, da dare per scontata. Ma siamo sicuri di sapere davvero che fine fanno i nostri risparmi?

 

La scelta più comune: il conto corrente

La stragrande maggioranza degli italiani tiene al sicuro i propri risparmi in un conto corrente bancario, per poterli maneggiare in modo agevole e rapido, ritirando di volta in volta la somma che serve, a fronte di costi di gestione piuttosto contenuti. Chi sceglie questa strada non ha nulla da temere nemmeno in caso di crisi finanziaria, perché i risparmi fermi in un conto corrente non sono legati all’andamento delle Borse. Anche qualora la banca dovesse fallire, esiste un Fondo di garanzia statale che li tutela fino a un massimo di 100 mila euro di saldo.

L’altro lato della medaglia, però, è che i tassi di interesse applicati sono molto ridotti. Il rendimento quindi è prossimo allo zero e, di solito, inferiore al tasso di inflazione. Ciò significa che, anno dopo anno, i risparmi fermi nel conto perdono un po’ del loro potere d’acquisto. C’è un altro fattore sul quale in pochi riflettono: dal momento che, com’è noto, la banca ha la doppia funzione di custodire ed erogare denaro, i nostri risparmi non saranno mai realmente fermi. E non abbiamo modo di sapere – né tantomeno di decidere – come saranno impiegati.

 

Home banking
Ormai possiamo controllare ovunque il nostro estratto conto, ma sapere come sono realmente impiegati i nostri risparmi non è altrettanto immediato. Foto © Steve West / Getty Images

 

Quanti sono gli italiani che investono i propri risparmi

Noi italiani tendenzialmente preferiamo mettere i risparmi sotto il materasso, perché in media non siamo molto informati in materia di economia e finanza e siamo un po’ diffidenti di fronte ai rischi dei mercati. È il quadro dipinto dal “Rapporto sugli investimenti finanziari delle famiglie italiane. Approcci e attitudini comportamentali”, stilato dalla Divisione Studi della CONSOB. Il 62 per cento delle famiglie non effettua investimenti finanziari; e tra coloro che scelgono di investire, quasi uno su quattro dichiara di non avere un’attitudine specifica (dati GfK Eurisko). Più di un terzo degli investitori chiede consigli a parenti e amici e una percentuale analoga si affida a un esperto; il 24 per cento, invece, preferisce decidere da sé.

 

investire risparmi
Abbiamo a disposizione un’ampia gamma di modi per custodire o investire i nostri risparmi. Foto © Hero Images

 

I tanti modi per investire il proprio denaro

Sono tante, però, le strade a disposizione di chi ha messo da parte un po’ di risparmi e decide di avere un ruolo più attivo, magari con la prospettiva di farli fruttare. Sempre secondo il rapporto CONSOB, nel 2015 la scelta più comune è quella delle obbligazioni bancarie italiane, che prevedono il rimborso del valore nominale alla scadenza e offrono un rendimento che (a seconda delle condizioni pattuite) può essere legato all’andamento dei tassi di interesse o dell’inflazione. Al secondo posto, i titoli di stato italiani: bot, btp e cct. Al terzo posto tra le preferenze degli italiani troviamo i fondi, seguiti dalle azioni di società italiane e dalle obbligazioni non bancarie.

 

Escludere le armi dagli investimenti
Chi sceglie gli investimenti socialmente responsabili è sicuro del fatto che i suoi risparmi non vengano investiti in armi, tabacco, gioco d’azzardo e così via. Foto © Hugo Prinsloo / EyeEm

 

Dai fondi speculativi ai fondi etici

Il raggio si allarga ancora quando si parla di fondi comuni di investimento, che sono dati in gestione a società apposite, dette appunto SGR (società di gestione del risparmio). Se sono chiusi, le quote possono essere rimborsate soltanto a determinate scadenze; se sono aperti, invece, i partecipanti le possono riavere indietro in qualsiasi momento, al valore di mercato. Ci sono anche fondi riservati agli investitori qualificati (fondi pensione, assicurazioni, banche e così via) e fondi speculativi, molto più rischiosi e soggetti a una normativa più elastica.

La cosa interessante è che ogni fondo ha una sua specifica politica di gestione. Ed esistono anche i fondi etici, che fanno della sostenibilità la propria bandiera. Alcuni escludono dal proprio portafoglio settori controversi come il tabacco, l’alcool e il gioco d’azzardo; altri ancora investono con l’intento dichiarato di ottenere un impatto sociale positivo; altri, invece, scelgono soltanto società che si distinguono per le loro politiche ambientali, sociali e di governance (Esg). Le politiche sono molto varie tra loro: il minimo comun denominatore è che il risparmiatore che si affida a un fondo etico lo fa per essere certo del fatto che i suoi risparmi non finanzino attività contrarie ai suoi ideali.

 

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