
Dietro la direttiva “case green”, che prevede l’efficientamento energetico degli edifici, ci sarebbe la lobby del gas, secondo le associazioni.
Il governo francese ha imposto un tetto alla produzione di energia nucleare, ma la compagnia che gestisce le centrali potrebbe rivalersi sullo Stato.
Il parlamento di Parigi, dopo mesi di scontri politici, discussioni e rinvii, ha approvato definitivamente la “legge sulla transizione energetica per la crescita verde”, che prevede – tra le altre cose – l’introduzione di un limite massimo alla produzione di energia nucleare. Subito prima di Ferragosto, il Consiglio costituzionale ha concesso a sua volta il proprio via libera al testo, che può così entrare ufficialmente in vigore.
Secondo il governo guidato dal socialista Manuel Valls, si tratta di una svolta ecologica per la Francia. La norma, tuttavia, non vieta alla EDF, società che gestisce il parco nucleare transalpino, la possibilità di chiedere indennizzi giganteschi qualora fosse costretta a chiudere le centrali più vecchie per non sforare il tetto imposto.
Quest’ultimo è stato fissato infatti a 63,2 gigawatt, ovvero esattamente la potenza attuale dei 58 reattori in funzione nelle 19 centrali sparse sul territorio. Il problema sorge tenendo conto del fatto che presso la centrale di Flamanville è attualmente in costruzione un nuovo reattore (sostenuto tra l’altro dal governo). Quando esso entrerà in funzione – l’avvio è previsto per la seconda metà del 2017 – la sua capacità produttiva farà inevitabilmente sforare il limite introdotto dalla nuova legge, obbligando di fatto a chiudere altri reattori più vecchi, come ad esempio quello di Fessenheim, in Alsazia.
Una buona notizia, dunque? Certamente sì, ma che potrebbe essere pagata a carissimo prezzo dai contribuenti francesi. Secondo quanto sottolineato dallo stesso Consiglio costituzionale, infatti, “la nuova legge non impedisce in alcun modo alla EDF di pretendere dallo Stato un risarcimento per il danno subito”. E le cifre in ballo potrebbero risultare stratosferiche.
Un deputato ha indicato in 4 miliardi di euro la richiesta che l’azienda potrebbe avanzare in caso di chiusura della sola centrale di Fessenheim. Tale somma, se aggiunta ai costi di smantellamento, farebbe crescere il costo totale dell’operazione a 5 miliardi. Da parte sua, il ministro dell’Ecologia, Ségolène Royal, ha parlato di “numeri campati in aria”. Ma non ha potuto negare la possibilità che EDF decida effettivamente di rivalersi sullo Stato. Per evitarlo, sarebbe bastato inserire due righe nel testo della legge: è l’ennesimo regalo alla lobby nucleare?
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