Paired-up puffins
Paired-up puffins - Una coppia di pulcinella di mare con il suo vibrante e folto piumaggio sosta vicino al proprio nido sulle isole Farne. Ogni primavera, queste piccole isole vicino a Northumberland, nel Regno Unito, attirano più di 100mila uccelli che giungono sin qui per accoppiarsi. Mentre l’uria, la gazza marina, il gabbiano tridattilo e il fulmaro si accalcano sulle scogliere, la pulcinella di mare nidifica sulle pendenze verdi. Mentre trascorrono l’inverno al mare, il loro piumaggio assume un colore nero e grigio, ma quando giunge il momento di riprodursi, sfoggiano una simpatica “riga di eye-liner” e due strisce colorate che si fondono intorno al becco – che si illumina con la luce Uv agli occhi di altri esemplari. Evie ha aspettato a lungo prima di vedere una pulcinella e alla fine dell’anno scolastico a giugno, è andata con la sua famiglia a Staple Island, prima che questi bellissimi pennuti tornassero in mare ad agosto. Si è appostata a fianco dei nidi, osservando gli esemplari adulti tornare con la bocca piena di anguille della sabbia. Sono animali che restano fedeli al loro partner tuta la vita ed Evie si è concentrata su questa coppia, cercando di realizzare un ritratto che ne mostrasse la personalità. La popolazione di pulcinella nel mondo sta diminuendo, essendo animali estremamente vulnerabili agli eventi climatici estremi, come le sempre più frequenti tempeste e il riscaldamento delle acque che hanno ridotto la disponibilità di anguille e di conseguenza la loro possibilità di sopravvivere © Evie Easterbrook/Wildlife photographer of the year 2020
Peeking possums
Peeking possums - Due tricosuri volpini – una mamma (a sinistra) e il suo piccolo – sbirciano da sotto il tetto di un box doccia in un parco divertimenti a Yallingup, in Australia. Gary li aveva osservati tutta la settimana. Spuntavano di sera, tendendo d’occhio i campeggiatori fino al calar del sole, per poi sgattaiolare fuori dal loro nascondiglio e dirigersi verso gli alberi di menta peperita, per nutrirsi delle loro foglie. Questi piccoli, versatili marsupiali vivono nelle foreste australiane, rifugiandosi all’interno di piccole cavità negli alberi, ma in zone più urbanizzate sfruttano anche i tetti. Per ottenere quest’angolazione, Gary ha avvicinato la sua macchina all’edificio e si è arrampicato. I due curiosi opossum, probabilmente abituati ad essere nutrititi dai campeggiatori, hanno infilato la testa nella cavità e si sono messi ad osservarlo, affascinati forse dalla fotocamera. Gary è stato veloce e ha catturato la scena, con il loro muso infilato sotto il tetto ondulato, una perfetta rappresentazione della loro vulnerabilità ma anche della loro risolutezza © Gary Meredith/Wildlife photographer of the year 2020
Surprise!
Surprise! - Uno scoiattolo rosso salta via dopo aver fatto una scoperta spaventosa: una coppia di allocco degli Urali, molto molto sveglia. La foto è stata scattata nella foresta vicino al suo villaggio sull’isola giapponese di Hokkaido, dove Makoto ha trascorso tre giorni nascosto dietro a un albero sfidando il freddo pungente. La sua speranza era quella di catturare un movimento o una posa dell’allocco. Ma all’improvviso uno scoiattolo è apparso tra i rami più alti. “È stato straordinario vederli tutti e tre sullo stesso albero”, ha raccontato Makoto. L’allocco caccia soprattutto animali piccoli, tra cui gli scoiattoli rossi. Questo, con le orecchie pelose, la coda folta e il tipico manto invernale grigiastro, appartiene a una sottospecie locale di scoiattolo comune (probabilmente minacciata dall’introduzione dei più comuni scoiattoli rossi, tenuti originariamente come animali da compagnia). Invece che fuggire, questo curioso scoiattolo si è avvicinato per sbirciare nel buco dell’allocco, prima dall’alto, poi di lato. “Ho pensato sarebbe stato catturato proprio davanti ai miei occhi”, ha raccontato Makoto, “ma loro l’hanno solamente fissato”. Lo scoiattolo ha di colpo realizzato lo sbaglio fatto, è saltato via ed è scappato nella foresta. Con la stessa velocità Makoto è riuscito a immortalare l’intera storia: la fuga dello scoiattolo, l’espressione dell’allocco e l’atmosfera invernale della foresta © Makoto Ando/Wildlife photographer of the year 2020
Head Start
Head start - Costantemente vigile, un grande esemplare di gaviale del Gange – lungo almeno 4 metri – fornisce un solido supporto alla sua numerosa prole. È la stagione riproduttiva nel National Chambal Sanctuary in Uttar Pradesh, nel nord dell’India e questo rettile, generalmente timido, trasuda sicurezza. Il suo nome deriva dalla forma bulbosa che assume la parte finale del muso degli esemplari maschi (la “ghara” è un vaso di terracotta rotondo in Hindi), che si crede venga utilizzato per potenziare i suoni e le bolle che questi animali producono sott’acqua durante l’accoppiamento. Una volta si contavano più di 20mila esemplari in tutta l’Asia meridionale, ma nell’ultimo secolo è stato registrato un drammatico declino. La specie è ora gravemente minacciata, con solo 650 adulti ancora in vita e circa 500 di loro vivono nel santuario. Sono minacciati soprattutto dalle dighe, dalla deviazione dei corsi d’acqua e dall’estrazione di sabbia dagli argini dove generalmente nidificano, così come dalla diminuzione dei banchi di pesci e dalla presenza di reti da caccia. Un maschio si accoppia con sette o più esemplari femmina, che fanno il nido vicine. Questo esemplare raffigurato nella foto era rimasto da solo ad occuparsi dei suoi cuccioli di un mese, ha osservato Dhritiman, ma entrambi i sessi si occupano della prole. Quindi, per non disturbare i gaviali, ha passato giorni e giorni ad osservarli dagli argini. Questa foto incapsula ancora una volta la dolcezza delle cure dei padri e il loro atteggiamento forte che sembra dire “non infastidire i miei piccoli” © Dhritiman Mukherjee/Wildlife photographer of the year 2020
Wind birds
Wind birds - Alessandra faceva fatica a restare in piedi, colpita dal vento che soffiava potente sul gruppo dell’Alpstein nelle Alpi svizzere, ma i gracchi alpini erano nel loro elemento. Questi animali nidificano con il loro partner nelle gole rocciose e sulle pendenze. Durante l’estate si cibano soprattutto di insetti, mentre in inverno sopravvivono grazie a frutti e semi e rovistando tra i rifiuti umani intorno ai resort sciistici. Si muovono in continuazione alla ricerca di cibo e proprio mentre un gruppo si stava avvicinando, Alessandra ha potuto udirne i versi “così forti ed insistenti, circondati da un paesaggio del genere che sembrava di trovarsi in un thriller”. Approfittando delle raffiche di vento che spingevano gli uccelli verso di lei e ne rallentavano il battito delle ali, è riuscita ad immortalare le loro acrobazie che si contrappongono al cielo malinconico e alle cime frastagliate dei monti innevati. Le zampe rosse e il becco giallo accentuano la monocromia di questo suggestivo scatto © Alessandra Meniconzi/Wildlife photographer of the year 2020
The forest born of fire
The forest born of fire - La regione di Araucania in Cile è chiamata così dal nome degli alberi che ci vivono, l’Araucaria – che in questa foto si stagliano su uno sfondo di faggi. L’anno prima di questo scatto, Andrea era rimasta incantata da questa vista e aveva pianificato il suo ritorno per poterla immortalare. Ha camminato per ore prima di raggiungere una cresta che si affaccia proprio sulla foresta e ha aspettato la luce migliore, giusto dopo il tramonto, per enfatizzare i colori. I tronchi degli alberi luccicavano come se fossero spilli sparpagliati sul paesaggio. Nativi del Cile centrale e meridionale e dell’Argentina occidentale, questa specie dell’Araucaria fu introdotta in Europa alla fine del diciottesimo secolo dove ha acquisito il nome inglese di Monkey puzzle tree (Araucaria del Cile). Nel suo habitat naturale, l’Araucaria forma delle grandi foreste, spesso vicine ai faggi australi e qualche volta in supporto ai pendii vulcanici. L’ecologia di questa regione è plasmata da eventi estremi come eruzioni vulcaniche e incendi a cui l’Araucaria riesce a sopravvivere grazie ad una spessa corteccia e ai boccioli che si sono adattati a queste condizioni, mentre i faggi australi si rigenerano velocemente dopo i fuochi. In questo ambiente, il fusto cresce fino a 50 metri d’altezza e sviluppa i rami solo sulle estremità più alte, per catturare la luce prima che si perda nel foglioso sottobosco. Questi alberi possono vivere più di mille anni © Andrea Pozzi/Wildlife photographer of the year 2020
Treetop douc
Treetop douc - Quando suo padre organizzò un viaggio di lavoro in Vietnam, Arshdeep cercò quale fosse la fauna locale. Fu solamente dopo aver letto del langur duca che chiese a suo padre di portarlo con lui. Questo primate si trova solo in Vietnam, Laos e Cambogia ed è a rischio estinzione a causa della perdita degli habitat, della caccia e del commercio delle sue parti. I langur duca mangiano in prevalenza foglie, semi, fiori e frutti e vivono solamente nelle chiome degli alberi, una vera e propria sfida per i fotografi. Arshdeep aveva a disposizione solo tre giorni a Son Tra. I suoi sforzi furono premiati il secondo giorno di appostamento, quando un esemplare maschio apparì su un albero sul lato opposto del dirupo dove si era appostato. Tenere il teleobiettivo immobile, in equilibrio in un punto privo di foglie, fu estremamente difficile, ma ad un tratto, solo per un breve istante, il langur guardò verso di lui, l’esatto momento per il quale era Arshdeep si era recato in Vietnam © Arshdeep Singh/Wildlife photographer of the year 2020
Amazon Burning
Amazon Burning - Un incendio divampa nel Maranhão, uno stato Brasiliano. Solo un albero rimane ancora in piedi – un “monumento alla stupidità umana” lo definisce Charlie, che ha seguito la deforestazione degli ultimi dieci anni nella foresta Amazzonica. L’incendio è stato appiccato volutamente per liberare una parte di terreno per fare spazio alle coltivazioni e ai pascoli per allevare il bestiame. Nel 2015, più di metà della foresta dello stato è stata distrutta da incendi appiccati abusivamente su terre di proprietà degli indigeni. I roghi hanno proseguito nello stato, esacerbati dalla siccità e il terreno è stato liberato legalmente ed illegalmente. Nell’ultimo anno, l’invasione delle riserve indigene e delle aree protette da parte dei taglialegna è aumentata, incoraggiata anche dal presidente Jair Bolsonaro che ha promesso di aprire l’Amazzonia agli investitori e ai suoi continui attacchi alle popolazioni indigene. Il gruppo più a rischio è quello degli Awá. Solo poche centinaia di Awá rimangono in “una piccola porzione di foresta”, ha raccontato Charlie. La deforestazione non causa solamente la distruzione della biodiversità e la perdita dei mezzi di sostentamento per chi ne dipende. Il bestiame portato sulle terre disboscate aumenta i gas ad effetto serra. Nel 2020 sono stati registrati livelli da record di deforestazione nell’Amazzonia, con i taglialegna che operano illegalmente grazie ad una totale mancanza di misure legislative e con gli allevatori che continuano ad avanzare spinti dalla domanda globale di carne © Charlie Hamilton James/Wildlife photographer of the year 2020
World of tar
World of tar - Mentre l’oscurità cala sulla sabbia bituminosa, il paesaggio assume la tinta bluastra del petrolio. Un tempo la zona era una foresta boreale; oggi fa parte della terza più grande riserva di petrolio al mondo. Ma questo petrolio è di bassa qualità ed è ottenuto dallo strato superficiale di sabbia, argilla e bitume da cui viene estratto usando processi altamente inquinanti. Per dare un’idea della scala dell’operazione, Gary ha affittato un piccolo aeroplano e ha volato sopra questo territorio desolato, scegliendo di farlo durante le prime ore della sera per evidenziare il contrasto tra gli elementi. I camion in primo piano sono alti quanto una casa a due piani ma sembrano minuscoli in confronto alla gigantesca voragine che si apre dietro di loro. La schiera di strade conduce a una raffineria e al fiume Athabasca. Intorno al cratere si moltiplicano delle piccole vasche piene di scarti che contengono una miscela così tossica che bisogna impedire agli uccelli di atterrarci sopra. Attualmente, la maggior parte del bitume viene spedita e diluita tramite dei tubi verso le raffinerie negli Stati Uniti per essere poi processata. L’impatto ambientale di tutta questa operazione è triplice. Innanzitutto, le miniere sono create distruggendo parti di foresta tropicale, un ecosistema ricchissimo e di importanza vitale per l’assorbimento di anidride carbonica. Il processo di estrazione di questo petrolio richiede un grande dispendio energetico e secondo le popolazioni indigene locali continua ad inquinare. Terzo, lo sfruttamento di questo impianto porterà ad immettere ulteriori dosi di anidride carbonica nell’atmosfera che secondo gli scienziati aggraverà ulteriormente la situazione mondiale, impedendo di rimanere sotto l’aumento di 2 gradi centigradi, il valore che dovrebbe evitare un’ulteriore catastrofe climatica © Garth Lenz/Wildlife photographer of the year 2020
The perfect catch
The perfect catch - Un orso bruno pesca un salmone dalla superficie di un fiume nel parco nazionale Katmai in Alaska. Questo enorme parco comprende svariati paesaggi tra cui la costa, le montagne, laghi, fiumi e circa 2.200 orsi bruni. In primavera, quando gli orsi escono dal letargo si cibano di aironi. Poi banchettano con i salmoni rossi, che si radunano negli estuari dei fiumi prima di risalire la corrente per deporre le uova. Qui, un orso ha catturato un salmone nella sua forma oceanica, cioè prima che sviluppi il colore rosso tipico del periodo riproduttivo. La presenza dei salmoni durante l’autunno assicura la sopravvivenza degli orsi durante l’inverno, Gli orsi bruni dell’Alaska sono tra i più grandi esemplari maschi e possono arrivare a mangiare anche trenta salmoni in un giorno e pesare più di 450 chili alla fine dell’estate. Le femmine sono più piccole e pesano meno. La grande concentrazione di orsi – e di turisti – si trova vicino alle cascate del fiume Brooks, dove delle piattaforme di osservazione permettono ai visitatori di guardare gli orsi catturare i salmoni che risalgono le cascate. Hannah ha deciso di concentrarsi su una scena di pesca più tranquilla e silenziosa. Invece che cercare di afferrare i salmoni mentre saltano, questa femmina ha messo la testa sott’acqua per acchiapparne uno. Hannah ha scattato più immagini prima di riuscire a catturare la scena voluta: un riflesso completo dell’orso e della sua preda, nell’acqua calma © Hannah Vijayan/Wildlife photographer of the year 2020
The spider's supper
The spider's supper - Un ragno appartenente alla famiglia delle Ctenidae si aggira con le zampe ad uncino, la bocca ispida e rigata. Buca le uova di una rana di vetro, inietta i succhi digestivi e aspira la sua preda ormai liquefatta. Jamie aveva camminato per ore nell’oscurità, sotto la pioggia battente, per raggiungere la riserva Manduriacu, nel nordovest dell’Ecuador, dove sperava di assistere all’accoppiamento delle rane. Ma la sua ricompensa si è rivelata essere un’occasione per fotografare un comportamento che aveva visto di rado: un ragno Ctenidae largo circa 8 centimetri che divora le uova congelate delle rane. Si pensa che questi ragni siano grandi predatori dei piccoli, spesso traslucidi anfibi. Durante il giorno si nascondono tra le piante ella foresta tropicale e la notte escono a cacciare, spesso tendendo degli agguati alle prede che si avvicinano abbastanza. Sono armati di una peluria molto sensibile che riesce a percepire sia le vibrazioni trasmesse attraverso le foglie che i suoni emessi dagli anfibi in accoppiamento. Sono dotati di una serie di otto occhi, tra cui due più grandi ai lati della testa, che hanno funzioni differenti e sono particolarmente sensibili al buio. Sono più piccoli rispetto a quelli di altre specie che cacciano attivamente le loro prede. Jamie ha strutturato la sua inquadratura in modo da catturare il momento esatto in cui il ragno afferra con le sue zanne il sottile strato gelatinoso che ricopre l’uovo, mentre lo tiene saldo tra i lunghi palpi pelosi. Una dopo l’altra, per più di un’ora, ha mangiato tutte le uova © Jaime Culebras/Wildlife photographer of the year 2020
Eye of the drought
Eye of the drought - Una palpebra sbatte nel fango mentre un ippopotamo emerge per respirare, una scena che si ripete una volta ogni cinque minuti. La sfida per Jose, che osservava la scena dal suo veicolo, era catturare il momento con l’occhio aperto. Per diversi anni, Jose ha osservato gli ippopotami della Riserva nazionale Maasai Mara in Kenia – qui in un rimasuglio del fiume Mara, ormai secco. Gli ippopotami passano le loro giornate sommersi per mantenere costante la loro temperatura e proteggere la delicata pelle dal sole. Durante la notte emergono per brucare l’erba delle pianure. Gli ippopotami sono molto vulnerabile in tutta la zona sub sahariana a causa dei cambiamenti climatici e degli effetti dell’estrazione idrica. Sono considerati degli ingegneri dei sistemi acquatici e terrestri e il loro letame contiene nutrienti importanti per i pesci, le alghe e gli insetti. Ma quando i fiumi si prosciugano, la concentrazione di sterco esaurisce l’ossigeno e uccide la fauna acquatica © Jose Fragoso/Wildlife photographer of the year 2020
The night shift
The night shift - Quando l’oscurità cala sull’atollo Fakarava, nella Polinesia francese, i molluschi cominciano a muoversi. Queste grandi Trochidae – che raggiungono fino a 15 centimetri di altezza dalla base – passano la giornata a nascondersi nelle fessure dei coralli, generalmente sui lati esterni della barriera, resistendo alle forti correnti e ai surfisti. Durante la notte emergono ricoprendo il fondale algoso e i detriti di corallo. Le loro spesse conchiglie a forma di cono, incrostate di alghe, erano così ricercate per fabbricare bottoni e gioielli che la specie è diventata una degli invertebrati più trafficati. Questo ha portato a un declino generale e a un conseguente sforzo per la loro conservazione. Sullo sfondo si vede uno dei più grandi predatori della barriera corallina, uno squalo grigio di circa 2 metri, un animale capace di nuotare a quasi 50 km/h e pronto ad una battuta di caccia notturna. Individua le sue prede (in particolare pesci) grazie ai suoi sensi particolarmente affinati e spesso caccia in gruppo. Usando un grand’angolo, Laurent ha catturato un momento di vita subacquea: il riflesso della barriera contrasta con le punte aguzze delle conchiglie e il silenzioso predatore che nuota sullo sfondo © Laurent Ballesta/Wildlife photographer of the year 2020
The rat game
The rat game - The rat game
Una giovane volpe tiene stretto il suo trofeo – il cadavere di un topo – con uno sguardo sicuro di sé, mentre suo fratello cerca di portarglielo via. Negli ultimi quattro anni, Matthew ha fotografato le volpi che vivono nell’area a nord di Londra. Si tratta di animali opportunisti che si approfittano di tutto il cibo che trovano, sia esso cibo umano o per cani, frutta, topi, vermi o altri invertebrati e persino cibo per uccelli. In una serata di agosto, mentre Matthew era sdraiato ad osservare gli esemplari più giovani che giocavano, uno di loro è saltato fuori da un cespuglio con in bocca un topo. Gli altri tre hanno cominciato a bisticciare, iniziando un vero e proprio tiro alla fune. Quando uno è finalmente riuscito a prevalere sugli altri si è messo a lanciare il topo in aria per poi afferrarlo al volo. Il ratto poteva esser stato cacciato da uno degli adulti, che sfamano i piccoli durante il mese di agosto, ma è raro per le volpi catturare dei topi. Più probabilmente l’hanno trovato già morto. Con le loro mascelle lunghe e appuntite e i canini affilati, le volpi sono in grado di cacciare piccoli roditori con un metodo che consiste nel saltare in aria e tuffarsi sulla preda, tenendola stretta. Sono prede possibili fino a quando sono giovani: le volpi li afferrano, li lanciano per aria e li morsicano fino a fratturarne le ossa, ma i ratti adulti sono cacciatori formidabili, capaci di procurare serie ferite al muso e agli occhi delle volpi. Se un topo viene colto di sorpresa, viene immobilizzato e scosso con violenza per aumentare i danni ed evitare eventuali attacchi. Topi deboli o morti, invece, sono più semplici da catturare cosa che rende le volpi facili vittime di avvelenamento da topicidi © Matthew Maran/Wildlife photographer of the year 2020
A risky business
A risky business - Al mercato, un venditore affetta un pipistrello rosetto, circondato dai corpi di animali selvatici come pitoni e altri roditori. Siamo al mercato Tomohon nel nord di Sulawesi, in Indonesia. Cacciatori locali e commercianti portano qui mammiferi e rettili da vendere, così come cani e gatti, alcuni morti, altri vivi, da macellare al momento. Quentin ha osservato la realtà del commercio di questi animali, con esemplari esotici tenuti in condizioni disumane ancora vivi, legati con delle corde o ammassati nelle gabbie, mentre aspettano di essere macellati. È rimasto colpito dal contrasto tra la maglietta indossata dal venditore – appartenente a un marchio ben riconoscibile – e i corpi degli animali morti che lo circondavano. La varietà di selvaggina venduta in questi posti, che include anche animali a rischio estinzione, ha reso Tomohon, un punto di attrazione turistica. Con l’arrivo della Covid-19, che si ritiene sia nata proprio in un mercato di animali vivi in Cina, ci sono state sempre maggiori pressioni per mettere fine alla macellazione di animali selvatici in Indonesia. Quando molte specie vengono confinate insieme in condizioni inumane e antiigieniche e poi macellate sulle stesse superfici, si crea l’occasione perfetta per i virus di passare da una specie all’altra. Ma questi mercati, non essendo regolamentati, sono difficili da gestire. Le Nazioni Unite hanno però sottolineato che la maggior parte delle nuove malattie infettive in circolazione si generano proprio in natura e se l’essere umano continua costantemente a sconfinare in essa degradando gli ecosistemi, viene messa a rischio la stessa salute umana. Come minimo, gli scienziati chiedono di separare gli animali selvatici da quelli allevati nei mercati, oltre che mettere fine al loro commercio illegale © Quentin Martinez/Wildlife photographer of the year 2020
Memorial of the albatrosses
Memorial of the albatrosses - Per quanto sembri raccontare il contrario, questa foto rappresenta un successo di conservazione avvenuto in Sudafrica. Mostra il numero minore di uccelli marini – albatro cauto, albatro beccobianco, procellaria mentobianco – catturati nel 2017 dai palamiti, degli strumenti utilizzati dai pescatori di tonno al largo delle coste sudafricane. Queste lunghe lenze possono estendersi per più di 80 chilometri con centinaia di esche attaccate. Quando si immergono per pescare, attirati dalle esche, gli uccelli rimangono impigliati ai fili e, incastrati negli ami, spesso annegano. Negli ultimi anni si sono diffuse pratiche di pesca più sostenibili per i volatili, ad esempio utilizzando i palamiti dopo il tramonto, utilizzando ami che affondano più velocemente, utilizzando dispositivi che spaventino gli uccelli, che hanno contribuito a diminuire il numero dei decessi che negli anni ha ridotto la popolazione di questi esemplari da decine di migliaia a poche centinaia. Purtroppo, in tutto il mondo, ogni anno muoiono più di 300mila uccelli marini, tra cui 100mila albatri, proprio a causa di queste pratiche © Thomas P. Peschak/Wildlife photographer of the year 2020