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Una coppia di primati in via d’estinzione ha vinto il Wildlife Photographer of the Year 2018, un lucente promemoria di quello che possiamo perdere se non proteggiamo il mondo naturale. La storia dietro a questo e agli altri scatti vincitori.
Suscitare curiosità e stupore, mostrare il meglio della fotografia naturalistica e farci ripensare al nostro posto all’interno del mondo naturale. Per il 54esimo anno di fila torna con questo obiettivo il Wildlife photographer of the year, uno dei concorsi di fotografia più prestigiosi al mondo. Con la loro semplicità e potenza artistica le foto vincitrici svelano scorci del mondo naturale, dal più incontaminato che ospita i comportamenti innati delle specie fino agli ambienti mediati dalla presenza dell’uomo, a cui gli animali hanno dovuto adattarsi.
La foto vincitrice di quest’anno ritrae una coppia di rinopitechi dorati, una specie di primate a rischio estinzione endemica della Cina, nella foresta temperata dei monti Qin, l’unico habitat in cui vive questo splendido animale. “In un certo senso questa foto è tradizionale, perché è un ritratto. Ma è straordinaria, con questi animali così magici. È un promemoria simbolico della bellezza della natura e di come ci stiamo impoverendo con l’impoverirsi della natura. È un’opera d’arte che merita di essere appesa in ogni mostra del mondo”. Così la giuria ha commentato e giustificato la vittoria del fotografo olandese Marsel van Oosten, che è riuscito a racchiudere la fragile bellezza delle creature con cui condividiamo il Pianeta e che dovrebbe spingerci a proteggerle.
Una natura che va protetta nella sua totalità, con le sue sfaccettature più magnifiche ma anche quelle che all’occhio umano paiono crudeli ma che, alla fine, sono semplicemente naturali. Ed è qui che i vincitori ci fanno viaggiare tra questi comportamenti, da una struggente mamma gorilla di montagna in una foresta dell’Uganda che tiene in braccio il corpo del suo piccolo senza vita perché nato in un periodo troppo freddo per sopravvivere, o alle Galapagos, dove nei periodi in cui il cibo scarseggia i fringuelli diventano “vampiri” che rubano il sangue delle sule, una specie di uccello che prospera sull’isola, per sopravvivere.
Poi c’è anche un orso marsicano, raffigurato nello scatto dell’italiano Marco Colombo, che si aggira per le vie buie di un paesino sull’Appennino in cerca di cibo nei giardini delle case. Fino ad arrivare al “pagliaccio triste” incarnato da un piccolo macaco di Giava mentre viene addestrato, incatenato e con indosso una maschera, a camminare su due zampe per le sue prossime performance in strada.
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