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La Corte d’appello ha confermato le condanne emesse in primo grado contro i vertici di Green Hill nel processo sui maltrattamenti ai cani beagle.
I beagle che quasi quattro anni fa sono stati salvati dall’inferno di Green Hill, l’ultimo allevamento italiano di cani destinati alla sperimentazione in vivo, possono tirare un sospiro di sollievo: non torneranno nelle mani dei loro aguzzini.
La Corte d’appello di Brescia ha infatti confermato le condanne di primo grado nei confronti di Renzo Graziosi, veterinario del centro di Montichiari, di Ghislane Rondot, co-gestore della struttura, entrambi condannati a 1 anno e 6 mesi, e di Roberto Bravi, direttore dell’allevamento, condannato a un anno.
Il pubblico ministero Ambrogio Cassiani ha respinto tutte le obiezioni degli avvocati di Green Hill e, oltre ad aver ribadito le condanne ai responsabili, colpevoli di maltrattamento e uccisione di animale, ha confermato la sospensione dalle attività per due anni per i condannati e, soprattutto, la confisca dei cani. C’era infatti il rischio che gli animali, dati in affidamento, potessero tornare di proprietà dell’azienda incriminata, se fosse stata ribaltata la sentenza di primo grado.
“Con questa nuova sentenza si confermano rigore morale ed equità nell’applicare il diritto a esseri viventi capaci di provare sofferenze e dolore e con necessità etologiche che devono rispettate anche se in gioco ci sono gli interessi economici di una multinazionale americana come la Marshall – si legge in un comunicato della Lav, costituitasi parte civile al processo. – Con questa sentenza storica, senza precedenti per numero di animali tratti in salvo e per la portata innovativa sul piano giuridico, è stato smantellato, dunque, l’inaccettabile teorema del cane come mero prodotto da laboratorio”.
Prima di essere liberati dagli attivisti i cani “ospiti” di Green Hill non avevano mai camminato sull’erba, visto la luce del sole o ricevuto una carezza, non avevano insomma vissuto come dei cani. Il pm Ambrogio Cassiani ha infatti dichiarato che “maltrattamento è privare i cani dei pattern comportamentali, l’etologia dei cani non veniva rispettata, ad esempio non venivano fatti sgambare”.
Nel corso del processo inoltre è stato dimostrato che i beagle presenti nell’allevamento venivano soppressi anche in caso di malattie curabili, come la rogna. “Le patologie dei beagle a Green Hill non venivano curate perché non avevano interesse a farlo”. Oltre seimila cani hanno trovato la morte a Green Hill, quasi tremila sono però stati salvati e oggi, finalmente, sono davvero al sicuro.
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