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Serendipity significa trovare qualcosa di valore e di piacevole mentre non lo si sta cercando. Significa predisporsi a uno stato d’animo, al gusto della sensazione, all’accoglimento della sorpresa. Il film del 2001 di Peter Chelsom con Kate Beckinsale e John Cusack ha definitivamente fatto entrare questo splendido termine nel nostro dizionario intimo.
Serendipity, che in italiano alcuni volgono in serendipità, significa la favorevole attitudine, quando si è alla ricerca vaga di qualcosa, a fare nuove scoperte fortunate e impreviste.
L’intuizione casuale non è solo al cinema, è un termine conosciuto in psicologia, nella ricerca scientifica e ovviamente anche nella vita reale. Ma certamente il film di Peter Chelsom ha contribuito a far entrare questo termine nel nostro linguaggio e forse un po’, da questa via, nel nostro vissuto.
Già nel film Insieme a Parigi del 1964 William Holden spiega a Audrey Hepburn il significato di serendipity.
“Significa apri gli occhi ogni mattina, per vedere il nuovo giorno così luminoso e impazzire… È una parola vera, vuol dire l’abilità di trovare piacere, eccitazione e felicità in tutto ciò che accade, non importa quanto inatteso”.
Nel film Serendipity – Quando l’amore è magia del 2001, Kate Beckinsale e John Cusack hanno fatto sognare tutti con la loro storia d’amore unita dal caso.
Nel dicembre 1990 Jonathan e Sara si incontrano a Manhattan mentre fanno compere e, travolti da un’irresistibile attrazione, passano insieme una serata platonicamente magica. Si separano lasciandosi dietro improbabili indizi per incontrarsi di nuovo. Anni dopo, entrambi alla vigilia dei loro rispettivi matrimoni, fanno di tutto per ritrovarsi. Scritta con ingegnosa energia da Marc Klein, è una commedia romantica dove tutto è prevedibile ma in modo arguto e intelligente.
Michele Tramezzino scrisse la favola Peregrinaggio di tre giovani figliuoli del re di Serendippo pubblicandola a Venezia nel 1557. Tramezzino asserisce, nel testo, di aver udito la fiaba da un tal Cristoforo Armeno, il quale a sua volta si ispirava a una fiaba persiana del 1300. Infatti Serendip è il nome persiano dello Sri Lanka (Ceylon). La storia diviene nota attraverso la versione inglese The Three Princes of Serendip. È da questa versione che Horace Walpole ruba e conia il termine serendipity, quando nel 1754 scrive in una lettera a un amico di una ”fiaba stupida e fatata” in cui tre principi per caso e sagacità, mentre viaggiavano, scoprono un cammello perduto e altre cose di cui non erano in cerca.
Il grande fisiologo americano della Harvard Medical School Walter Bradford Cannon, celebre per gli studi sullo stress e sull’omeostasi, ha sdoganato la parola e il concetto di serendipity nel mondo medico e scientifico nel 1945, nel capitolo “Risultato della serendipity” nel libro “La via dello sperimentatore. Esperienze di uno scienziato nella ricerca medica”. Lì, cita come esempi le scoperte di Cristoforo Colombo, Luigi Galvani, Hans Christian Ørsted, Michael Faraday, Claude Bernard, Charles Richet, Louis Pasteur e dà una sua bella definizione di serendipity: “la facoltà di trovare le prove a sostegno di un’ipotesi in modo del tutto inaspettato, o la capacità di scoprire nuovi fenomeni o relazioni tra fenomeni diversi senza avere avuto l’esplicita intenzione di scoprirli”.
Lo stato d’animo, il retroterra e la predisposizione necessari ad accogliere piccoli piaceri inaspettati sono favoriti da alcune condizioni, e impediti da altre.
La fretta ne è la peggiore condizione ostativa. Il frastuono di impegni e d’indecisione anche. Ansia e stress la annullano.
La serendipity ha, come requisiti di base, la lentezza, il silenzio interiore, gli occhi ben aperti ma non fissi sulla meta, l’intuizione, la saggezza, la predisposizione ad accettare il fatto che in ogni scoperta, come del resto in ogni aspetto della vita reale, deve essere insito qualche elemento di casualità.
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