
Bis!, il podcast che racconta il ritorno di Colapesce e Dimartino al Festival di Sanremo, è online su tutte le piattaforme.
A fine anni 60, dopo essersi sposata e subito separata dal folksinger Chuck Mitchell (“la cosa migliore che mi ha dato è stato il suo cognome, commenta con malcelato cinismo) Joni Mitchell diventa “la signora del Laurel Canyon”.
Saskatoon, Canada – inverno del 1955. Arthur Kratzmann è un insegnante di lettere della Queen Elizabeth, la scuola media di questa cittadina di 250mila abitanti, la più popolosa del gelido stato del Saskatchewan. Kratzmann è un australiano trapiantato in Canada dopo la seconda guerra mondiale. È persona colta e sensibile, con un gusto speciale per l’arte. I suoi studenti lo adorano.
Tra questi c’è una ragazzina bionda dagli occhi azzurri, alta, magra, educatissima ma molto vivace. Si chiama Roberta Joan Anderson ma per tutti lei è semplicemente Joni. Joni ama dipingere. A volte lo fa (di nascosto) persino durante le lezioni del maestro Kratzmann …
Una volta, per redarguirla ma anche per lanciarle una sorta di sfida artistica, Kratzmann le dice: “Se sai dipingere con un pennello, puoi fare altrettanto bene con le parole …”.
Joni rimane colpita dalla frase del suo insegnante.
E, di lì a poco, imbraccia una chitarra e inizia a scrivere canzoni.
Che sono belle, bellissime persino migliori dei suoi quadri.
A fine anni 60, dopo essersi sposata e subito separata dal folksinger Chuck Mitchell (“la cosa migliore che mi ha dato è stato il suo cognome, commenta con malcelato cinismo) Joni Mitchell diventa “la signora del Laurel Canyon” e la “regina degli Hippie” ma non dimentica la lezione del suo professore di lettere.
Le sue canzoni sono affreschi fantastici ed efficacissimi.
Come quella in cui descrive perfettamente un evento epocale: la tre giorni di pace, amore e musica a Woodstock che lei ha potuto solo immaginare da una stanza d’albergo di New York …
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