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Immagine corporea. L’immagine che l’uomo ha di se stesso è un concetto che risale al 1935, quando Paul Shindler indicò l’idea mentale che si ha del proprio corpo.
L’idea di sé è un concetto presente in ogni esperienza, non si tratta di un oggetto immutabile. Una sorta di specchio interiore che, riflettendo emozioni, desideri, aspirazioni e rapporti con gli altri, rimanda l’idea che ognuno ha del proprio corpo. L’immagine che l’uomo ha di se stesso è un concetto che risale al 1935, quando Paul Shindler indicò l’idea mentale che si ha del proprio corpo:
Con l’espressione immagine del corpo umano intendiamo il quadro mentale che ci facciamo del nostro corpo, vale a dire il modo in cui il corpo appare a noi stessi. Questo termine indica che non si tratta semplicemente di una sensazione o di un’immagine mentale: ma che il corpo assume un certo aspetto anche rispetto a sé stesso; esso implica inoltre che l’immagine non è semplicemente percezione, sebbene ci giunga attraverso i sensi, ma comporta schemi e rappresentazioni mentali, pur non essendo semplicemente una rappresentazione. La nostra immagine corporea e le immagini corporee degli altri sono dati primari di esperienza, ed esiste fin dall’inizio una relazione molto stretta tra l’immagine corporea di noi stessi e l’immagine corporea degli altri. Assumiamo parti dell’immagine corporea degli altri, e trasferiamo negli altri parti della nostra immagine corporea.
Una sorta di specchio interiore che, riflettendo emozioni, desideri, aspirazioni e rapporti con gli altri, rimanda l’idea che ognuno ha di sé. Già da questa definizione, si chiarisce che questo concetto non è stabile nel tempo, ma è un continuo variare a partire dalla tenera età e prosegue per tutta la vita.
Più recentemente, Peter Slade (1988) definisce l’immagine corporea:
L’immagine che abbiamo nella nostra mente della forma, dimensione, taglia del nostro corpo e i sentimenti che proviamo rispetto a queste caratteristiche e rispetto alle singole parti del nostro corpo
Secondo Slade, l’immagine corporea è costituita da diverse componenti: percettiva (ad esempio, come la persona visualizza la taglia e la forma del proprio corpo); attitudinale (quello che la persona pensa e conosce del proprio corpo); affettiva (i sentimenti che la persona nutre verso il proprio corpo); comportamentale (riguardante ad esempio, l’alimentazione e l’attività fisica). Quindi l’immagine corporea riguarda la persona nella sua globalità, e i suoi effetti possono essere rilevanti e complessi.
Questa immagine viene creata a partire dalla prima infanzia e ha origine da schemi che solo in parte sono innati.
Abbiamo espressioni motorie diverse a seconda dello stato d’animo.
Quando siamo felici sorridiamo facilmente e il nostro corpo esprime un’andatura eretta e il respiro è disteso. Diverso è
quando siamo arrabiati: la mascella inferiore e i pugni si contraggono, la respirazione è accellerata, il collo
è rigido. Siamo pronti a scattare, ma controlliamo le reazioni.
L’idea di se è un concetto presente in ogni esperienza, non si tratta di un oggetto immutabile.
Il dolore, la malattia, le insoddisfazioni affettive e sessuali possono modificarla o distruggerla, ma possiamo migliorarla in qualsiasi momento della nostra esistenza.
La connessione tra l’aspetto mentale e quello fisico è da secoli argomento di studio nelle diverse culture: espressioni quali mente sana in corpo sano, indicano l’unicità.
Molte sono le tecniche basate su questo concetto psico-corporeo. Si tratta di metodi sofisticati e di cura che lavorano sul sentire, anziché promettere muscoli scolpiti.
Ginnastiche per la mente, che migliorano il corpo attraverso l’osservazione e l’ascolto di se stessi. Insegnamenti per imparare ad usarsi meglio, non terapie: pertanto non esistono pazienti, ma allievi messi nella condizione di apprendere dal proprio corpo.
A queste la ginnastica dolce fa riferimento per migliorare tale immagine, attraverso la presa di coscienza degli errori che alterano la percezione di noi stessi. Per citarne alcuni:
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