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La pupilla dell’occhio egizio ha la somiglianza del sole; ciò che sta intorno alla pupilla è simile alla luna, l’occhio è composto da nubi e fuoco
All’indiscutibile significato simbolico attribuito all’occhio egizio e greco si affiancò da subito anche l’interesse e lo studio da parte della loro medicina. Per gli egizi l’occhio era nell’uomo quello che il sole rappresentava per l’universo. Gli oculisti del faraone erano famosissimi e sia da alcuni papiri pervenuti fino a noi, sia da reperti archeologici scoperti nelle necropoli, si deduce un vero e proprio approccio riflessologico, di cui l’iridologia, insieme al massaggio zonale, è parte integrante.
“Tali sono gli occhi, tale è il corpo”, troviamo scritto nel libro “Epidemie”, che proviene dalla scuola d’Ippocrate, il medico greco del Quarto secolo a.C, cui sempre ritorna la medicina moderna quando cerca le proprie origini. E ancora: “Come sono forti gli occhi, così anche il corpo; e il colore può tendere al meglio o al peggio”. Questo passaggio evidenzia una considerazione che ricorre anche nell’iridologia moderna, la quale distingue i segni strutturali, legati alla costituzione ereditaria, dai segni cromatici, relativi alle variazioni biochimiche dell’organismo e alle condizioni evolutive del paziente.
Una descrizione molto poetica dell’occhio ci arriva dalla grande mistica e studiosa Ildegarda von Bingen (1098-1170) e che si collega alla concezione astrologica della medicina medioevale: “La pupilla dell’occhio ha la somiglianza del sole; ciò che sta intorno alla pupilla è simile alla luna; la parte esterna bianca assomiglia alle nubi. L’occhio è composto di acqua e di fuoco”.
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