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La storia del jeans
“Blue” ne indica il colore, “Jeans” la città. Eccovi la storia dei pantaloni più amati.
Il grande salto dai tessuti genovesi e la nascita dei blue-jeans
in America intorno al 1860 è stato compiuto dai commercianti
di Nimes (dal cui nome deriva Denim) che scelsero Genova come punto
di partenza per le merci che destinate al Nord America.
1850
In America, viene prodotto un semplice
paio di pantaloni da lavoro, resistenti e durevoli, prodotti su
particolare richiesta della comunità mineraria, in quel
tempo in rapida crescita. Le caratteristiche base del jeans moderno
ci sono giù tutte (bottoni, impunture, rivetti).
Seconda Guerra Mondiale
Finora, il jeans era rimasto esclusivamente un indumento da lavoro,
utilizzato anche dall?esercito statunitense, per poi diventare, nel
dopoguerra, un indumento da tempo libero.
Anni ?50
Il jeans arriva in Europa, insieme
al prestigio delle armate americane vincitrici. Poco dopo, il
cinema americano traina il boom del casual e i jeans cominciano a
entrare nelle case dei giovani insieme ai primi idoli del cinema e
del rock’n’roll.
Anni ?60
Il prodotto doveva essere
“distribuito”
Il jeans diventa l’indumento della
ribellione giovanile, dell’insubordinazione urbana, manifesto della
voglia dei giovani di prendere le distanze dalla monotonia e
dall’ipocrisia del mondo adulto. Non a caso, il ’68 e le rivolte
giovanili scelgono il pantalone azzurro quale uniforme.
Anni ’70
Il prodotto deve anche essere di
?qualità?
Col declino della
contestazione, i vari brand si impadroniscono del jeans come parte
integrante del loro pret-à-porter. Qualcuno propone l’idea
di un jeans elegante, che anche un uomo di successo può
indossare. In questo periodo il famoso pantalone entra negli armadi
dei giovani di tutto il mondo.
Anni ’80
Ed ora, anche, ma soprattutto
?bello?
Il pubblico sembra preferire il jeans
firmato, un po’ per la novità e un po’ perché
così vuole la tendenza yuppie.
Anni ’90
Il prodotto dovrebbe essere anche ?sano e
sicuro?
Questa nuova tendenza non viene raccolta
dal mondo della moda, superficiale e mal disposto ai valori.
Continua invece a declinarlo con le tendenze degli anni ?80, ecco
il finto trasandato, con applicazioni colorate di altri materiali,
e di modelli con inserti di pizzo, strass, piume e pitone. Il nuovo
jeans non è più solo un capo per i giovani e per il
tempo libero, ma diventa un oggetto di lusso.
Anni 2000
Arriva l?ultimo, il quinto ?elemento? per ottenere
il prodotto perfetto, nel rispetto dell?uomo e dell?ambiente:
?etico?
Anche questo valore non viene raccolto.
Per ottemperare alla richiesta di un prodotto a basso prezzo,
invece di lavorare sui modi di distribuzione, fioriscono produzioni
in Paesi che non rispettano l?uomo e l?eco-sistema. Si fanno tagli,
lavaggi chimici, cuciture inutili e di tutto, nella disperata
ricerca del nuovo, di differenziare un prodotto, che oramai a visto
tutto.
Anno 2006
Arriva finalmente il prodotto con tutti i cinque
?elementi?: LifeGate Jeans
Indossarlo è
affermare la propria appartenenza al mondo dell?eco-cultura.
Un jeans creato
per le persone che credono nella possibilità di diffondere
una coscienza etica, far crescere la domanda per un mercato
eco-sostenibile ed equo-solidale e contribuire al cambiamento dalla
civiltà dei consumi «compulsivi» ad una nuova
civiltà «consapevole», ricca di valori ed
ideali, ma come? cambiando i modelli di riferimento.
Anche nel logo i LifeGate
Jeans rappresentano lo stare insieme e l?amore del
mondo reale. Abbiamo voluto accostare due donne a due uomini
considerando così tutte e tre le possibili unioni (tra una
donna e un?altra donna, un uomo e una donna, un uomo ed un altro
uomo).
Sull?altra tasca una foto scelta dalla mostra
LifeZoom a firma della fotografa Albertina D?Urso.
Mostra nella quale arte, cultura ed ecologia vengono rappresentati
con 20 scatti fotografici stampati come quadri su tela, dove
l?artista ritrae porzioni di alberi selezionati in varie parti del
mondo.
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