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Pedalando tra Tailandia, Malesia e Indonesia Daniele Carletti e Simona Pergola hanno osservato l’umanità semplice ma generosa presente in questi luoghi pieni di contraddizioni.
Mai avrebbero immaginato di vedere poliziotti trasformati in addetti all’accoglienza turistica ciclabile: “Le stazioni di polizia lungo la strada ad esempio sono dei veri e propri punti di ristoro e riposo per ciclisti. Bagni pubblici, bibite fresche, tè, caffè, frutta energetica, wi-fi per il collegamento a internet, ed a volte addirittura stanze per dormire!”. Così raccontano Daniele Carletti e Simona Pergola, i due ragazzi romani che stanno girando il mondo in bicicletta, i primi giorni della loro presenza in Tailandia dopo aver lasciato la Cina e aver passato la vigilia di Natale sotto un tempio buddista.
L’entrata in Malesia ha fatto scoprire loro “l’incredibile ospitalità del multietnico popolo malese”. A Melaka, dove sono passati nella storia i portoghesi, gli olandesi e i britannici, c’è una delle più grandi comunità cinesi della Malesia. Grazie ai social network hanno potuto conoscere Fuad, un giovane che li ha ospitati a casa sua come fossero membri della famiglia.
L’arrivo a Singapore coincide con i 23mila km pedalati in diciotto mesi. Quanto basta per fare manutenzione alle loro bici e per rinnovare attrezzature e materiale, comprese maglie scarpe e i pannelli solari per avere corrente a disposizione ovunque.
L’Indonesia si rivela un Paese intasato dalle automobili (un problema riscontrato anche a Bangkok): “uscire vivi da un incrocio è sempre un miracolo. Pedalare a Jakarta dovrebbe essere ufficialmente considerato uno sport estremo!”. Daniele e Simona hanno però sottolineato la gradevole ospitalità esistente anche in Indonesia: in otto notti non hanno mai dovuto montare la tenda, trovando un comodo tetto sotto cui dormire.
“Se mai doveste passare a Yogyakarta avete un comodo letto a disposizione!” scrisse un italiano alla coppia di ciclisti romani un anno prima. Mai invito accettato fu più salvifico: proprio in quei giorni arriva l’imprevisto. “Cosa ci facciamo stipati dentro un minibus insieme alle nostre bici e tutti i bagagli? In Indonesia due giorni di febbre a 40 sono sufficienti per far scattare l’allarme”. Per fortuna sono bastati dieci giorni di cure e di stop per ritrovare le forze e rimettersi in sella, giusti in tempo per festeggiare Pasqua a Bali in compagnia di amici italiani.
Abbiamo poi contattato Simona Pergola e Daniele Carletti chiedendo loro le cose che rimarranno più impresse di questa loro esperienza nel Sudest asiatico.
Nel nord del Laos le persone vivono in piccole palafitte di legno stipate lungo la strada. Donne, uomini, bambini e anziani si lavano assieme negli unici punti di raccolta dell’acqua. E sono tutti estremamente sorridenti. A Siem Riep, nel cuore della Cambogia, abbiamo preso un battello passando attraverso una serie di villaggi galleggianti. Una meraviglia mai vista. Le case, le scuole, persino le coltivazioni: tutto fluttua sulle calme acque del lago. Ciò che ci ha colpito è stato vedere come l’essere umano sia in grado di vivere adattandosi alla situazione che lo circonda, in sintonia totale con la natura.
Infine l’accoglienza straordinaria dei templi buddisti in Tailandia. Basta entrare e chiedere di mettere la tenda e si viene accolti con un sorriso, acqua e cibo! Le uniche domande sono “Da dove venite?” “Avete bisogno di altro?”
I templi poi dispongono di ogni comfort per il viaggiatore: spazio per la tenda e bagno con doccia! Questo perché in passato le persone meno abbienti trovavano nei templi la propria casa”. Ora li aspetta un’altra lunga avventura: l’Australia.
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