Mauritania, architettura di terra

L’architettura di terra rappresenta, nei paesi in via di sviluppo, una valida alternativa per risolvere la mancanza di alloggi. Le costruzioni in terra, pur essendo molto diffuse, non godono della fiducia dei governi.

Oggi la moderna architettura di terra si presenta ai nostri occhi
come una doppia realtà. Ogni una di queste procede di fianco
all’altra, senza però che avvengano significativi scambi tra
le parti.
Da una parte, nei paesi industrializzati, si sta tornando
all’architettura di terra nell’ambito di quella, più vasta,
eco-compatibile (o bioarchitettura), spesso grazie alla
sensibilità dei committenti privati.
Invece nei paesi meno sviluppati, dove non si è mai smesso
di costruire in terra cruda, si assiste a un diffuso disprezzo di
questo materiale in quanto ritenuto sinonimo di povertà.

Ma al di la di quella che può essere una errata percezione
del materiale, resta il fatto che il numero di validi esempi di
edifici moderni in terra, continua ad aumentare in ogni angolo del
mondo. Questo a riprova che il limite degli edifici di terra non
è intrinseco nel materiale, ma piuttosto nel modo in cui
viene usato.

Uno degli esempi più interessanti è costituito dal
quartiere di Satara, nella periferia della cittadina di Rosso in
Mauritania.
Questo quartiere è stato realizzato per ospitare le 1.400
famiglie sfuggite a un’alluvione che distrusse completamente il
loro villaggio d’origine. Dopo una serie di studi socio-economici,
è stata designata sia l’area in cui sarebbe stato costruito
il quartiere, sia il tipo d’intervento.
Vista la difficoltà di reperire cemento, mattoni cotti e
legno si decise di costruire edifici utilizzando solo piccole
quantità di questi materiali. I mattoni cotti e il cemento
si utilizzarono per realizzare le fondamenta degli edifici, mentre
tutto il resto veniva costruito con mattoni di fango impastato a
cascame di riso (la zona è ricca di risaie) essiccati al
sole. Per le coperture si scelse di costruire cupole e volte a
bacino. L’altro materiale usato, la calce, è stato ricavato
da una vicina cava.

Per edificare il quartiere fu utilizzata la mano d’opera locale
formata per il processo di autocostruzione assistita. Mediante
questi e altri accorgimenti, furono ridotti i costi di
realizzazione, calcolati inizialmente in 25.000 Ouguiyas/mq (per il
progetto in mattoni cotti, cemento, legno) alle 3.000 Ouguiyas/mq
del progetto realizzato con i materiali locali naturali, ovvero
circa 10 Euro/mq.

Benito De Sensi

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