L’amministrazione Usa ha sospeso le domande per l’immigrazione delle persone provenienti da 19 paesi. Nel frattempo vanno avanti le retate nelle città.
È tesa la situazione in Kenya, dove da giorni la popolazione protesta contro l’aumento delle tasse voluto dal governo di William Ruto.
Rimane tesa la situazione in Kenya, dove da martedì 18 giugno migliaia di persone sono scese in strada per protestare contro una proposta di legge che aumenta le tasse su alcuni beni essenziali, compromettendo pesantemente il potere d’acquisto della popolazione. Nonostante il governo abbia ritirato le misure più controverse, i manifestanti chiedono di cancellare del tutto la legge. E nelle strade di Nairobi la polizia, in assetto antisommossa, usa idranti e gas lacrimogeni per disperdere la folla. Le ong parlano di almeno un centinaio di arresti.
Is it a new era of protests in Kenya?
Young Kenyans are leveraging social media to organize and lead protests against a proposed finance bill introducing new taxes on essential items, sparking widespread outrage among the youth.#BBCAfrica #Kenyaprotests #Financebill #GenZ pic.twitter.com/VoKjFkjzjH
— BBC News Africa (@BBCAfrica) June 21, 2024
William Ruto è presidente del Kenya dal 2022, quando ha vinto le elezioni sul filo del rasoio promettendo, tra le altre cose, di abbassare i prezzi del cibo e dei fertilizzanti, allargare l’accesso al credito per le piccole imprese e, più in generale, di tutelare il tenore di vita delle fasce più povere della popolazione.
Da allora, tuttavia, ha dovuto introdurre diverse tasse impopolari, giustificandole con la necessità di appianare il gigantesco debito pubblico del paese africano; attualmente, tra interno ed estero, supera i 76 miliardi di euro. Una cifra che compromette le opportunità di crescita del paese, tanto più perché già a luglio 2022 scatta il rimborso di alcune rate alla Cina, alla Banca mondiale e al Fondo monetario internazionale. A differenza di altri stati africani che ultimamente hanno rapporti piuttosto freddi con gli Stati Uniti, Ruto a fine maggio è volato a Washington anche per incoraggiare gli investimenti esteri.
L’oggetto del contendere ora è la riforma fiscale volta, appunto, a riportare un po’ di liquidità nelle casse dello stato. Ma al prezzo di enormi sacrifici pagati soprattutto dalle persone giovani e con poche risorse, le stesse che si trovano alle prese con l’elevato tasso di disoccupazione (in Kenya e non solo, come dimostrano gli scioperi delle scorse settimane in Nigeria). La legge incrementa i dazi doganali sui beni, le tasse sui servizi telefonici e di navigazione in internet, le commissioni sui trasferimenti di denaro, le tasse applicate agli operatori di servizi digitali come il food delivery.
Da quando sono scoppiate le proteste, il governo è parzialmente tornato sui suoi passi: non ci sarà più la tassa del 16 per cento sul pane, né quella del 2,5 per cento annuo sul possesso dei veicoli. Ridimensionata la tassa su pannolini e assorbenti: si applicherà soltanto ai prodotti importati e non a quelli fabbricati in loco. Confermati invece gli aumenti delle tasse su oli vegetali e carburanti, così come il prelievo sul reddito pari al 2,75 per cento per il piano nazionale di assicurazione sanitaria.
Le manifestazioni sono nate spontaneamente soprattutto da parte dei giovani, senza una regia di tipo partitico, per chiedere al governo di cancellare la legge. E, per questo, sono sorte in maniera pacifica. Tanto a Nairobi quanto in altre città del paese, come Nakuru, Eldoret, Kisumu e Nyeri, migliaia di ragazzi e ragazze sono scesi in strada, talvolta accompagnati dai genitori, mentre nei social si diffondevano gli hashtag #OccupyParliament e #RejectFinanceBill2024. Anche giovani medici e avvocati si sono messi a disposizione per assistere i manifestanti.
Reject!!! Tumekataaaaa!!!#RejectFinanceBill2024 #onthemove pic.twitter.com/y92vW5d1Q7
— Azziad Nasenya (@AzziadNasenya) June 20, 2024
Nella serata di giovedì 20 giugno, una coalizione di ong – tra cui Amnesty international – ha però pubblicato un comunicato in cui, confermando la natura pacifica delle proteste, denuncia l’uso di idranti e gas lacrimogeni da parte della polizia. E riferisce che almeno 105 persone sono state arrestate. A Nairobi le persone ferite sarebbero circa 200: 50 avrebbero avuto necessità di assistenza medica specialistica, cinque sarebbero state ferite da manganelli, lacrimogeni o proiettili di gomma, sei sarebbero state investite dalle auto mentre scappavano dagli agenti di polizia. Alcuni giornali locali parlano di una persona morta per un colpo di arma da fuoco, ma la notizia è ancora da confermare. Sempre giovedì, la riforma fiscale è passata in Parlamento alla seconda lettura: la terza e ultima è prevista per la prossima settimana.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
![]()
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
L’amministrazione Usa ha sospeso le domande per l’immigrazione delle persone provenienti da 19 paesi. Nel frattempo vanno avanti le retate nelle città.
Un rapporto indica che la capitale dell’Indonesia Giacarta accoglie ormai 42 milioni di persone: più di Dacca, seconda, e di Tokyo.
Dopo la prima bozza di piano profondamente sbilanciata a favore della Russia, ora c’è una nuova bozza di accordo che piace all’Ucraina.
La sentenza è arrivata sul caso di due cittadini polacchi sposati in Germania. La Polonia si era rifiutata di riconoscere il loro matrimonio.
Nella notte è uscita una nuova bozza che fa crollare le speranze. 30 paesi scrivono alla presidenza che è inaccettabile.
Il piano di pace per l’Ucraina ricorda molto quello per la Striscia di Gaza. Kiev dovrebbe cedere diversi suoi territori alla Russia e ridimensionare l’esercito.
La risoluzione dell’Onu su Gaza prevede l’invio di truppe internazionali e il disarmo di Hamas. Ma la strada è subito in salita.
Un rapporto della ong israeliana PHRI denuncia la strage di palestinesi nelle strutture detentive israeliane. I morti ufficiali sono 98 ma si contano centinaia di dispersi.
La procura di Istanbul ha formulato le accuse nei confronti dell’ex sindaco Ekrem Imamoglu. I capi d’accusa per l’oppositore di Erdoğan sono 142 per oltre 2.500 anni di carcere.