Morbo di Parkinson e Biodanza

Durante una sessione di Biodanza i movimenti che realizza il paziente sono ordinati dal di dentro, stimolati da un bisogno emozionale.

di Cinzia Pattoni

La differenza fondamentale tra i metodi riabilitativi tradizionali e la Biodanza è che i primi si occupano di riabilitare la parte malata dell’individuo, lavorando sui sintomi attraverso proposte mirate a correggere, per esempio, la postura o migliorare la motricità globale attraverso esercizi specifici.

 

La Biodanza invece stimolando il residuo sano, induce a muoversi creando una forte risposta emozionale. Durante una sessione di Biodanza i movimenti che realizza il paziente sono ordinati dal di dentro, stimolati da un bisogno emozionale, sono comportamenti organici, complessi, che facilitano l’integrazione del paziente, stimolando l’allegria ed il ritmo con semplici gesti di coordinazione e per mezzo di danze che permettono l’interazione con altre persone.

 

Le danze ritmiche innalzano il tono dell’umore che, superando transitoriamente lo stato depressivo, dopo un certo tempo, si stabilizza a livelli più elevati. Gli esercizi di fluidità riducono progressivamente l’ipertono extra-piramidale, le emozioni di allegria e le proposte di affettività tendono ad attivare i centri motori, riducendo la tendenza all’acinesia. Realizzare una danza semplice esige il cambiamento degli schemi motori: i vari impulsi di adattamento ad ogni movimento della danza comportano una complessità molto superiore di quella messa in gioco da semplici esercizi meccanici.

 

Il contatto affettivo all’interno del gruppo ristabilisce la comunicazione, fortifica la coscienza e la propria identità, minacciata gravemente dalla malattia. In questo modo la fiducia in sé stessi e l’autostima aumentano e con esse la progressiva autonomia nel movimento. Considerando i sintomi precedentemente citati, si può comprendere come la Biodanza finisca per creare nuovi schemi di movimento.

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