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Riscaldamento globale oltre gli 1,5 gradi già entro il 2029, secondo l’Omm

Nei prossimi cinque anni la temperatura media resterà su livelli record, stando al rapporto dell’Organizzazione meteorologica mondiale.

Nel corso dei prossimi cinque anni il processo di riscaldamento globale che da decenni è in atto sulla Terra manterrà la temperatura media a livelli record, o prossimi a tali soglie. Il che non farà che accrescere i rischi climatici e le ripercussioni sulle comunità, sulle economie e sullo sviluppo sostenibile. L’allarme è contenuto nell’ultimo rapporto annuale dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm, Wmo), pubblicato il 26 maggio in collaborazione con il Servizio meteorologico del Regno Unito (Met Office).

L’Omm: “Le ripercussioni su economie, società e Pianeta aumenteranno”

La traiettoria del riscaldamento globale, insomma, è destinata a non cambiare, per lo meno nell’immediato futuro. Sulla superficie delle terre emerse e degli oceani si resterà vicini ai dati registrati negli ultimi due anni, il 2023 e il 2024, che sono risultati essere i più caldi di sempre. È d’altra parte una dinamica che perdura ormai da tempo: “Abbiamo appena trascorso il decennio più caldo mai registrato. Purtroppo, questo rapporto dell’Omm non lascia intravedere alcun cambiamento. Il che significa che le ripercussioni negative sulle nostre economie, la nostra vita quotidiana e il nostro Pianeta aumenteranno”, ha spiegato il vice-segretario generale dell’organizzazione intergovernativa Ko Barrett.

La previsione contenuta nel report indica che ci si debba attendere una temperatura media globale, nel periodo 2025-2029, superiore di 1,2-1,9 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali. Ovvero a prima che l’uomo cominciasse a bruciare combustibili fossili. In particolare, precisa l’Omm, “c’è un 80 per cento di probabilità che almeno uno di questi cinque anni batta il record assoluto (attualmente detenuto dal 2024). Inoltre, sussiste un 86 per cento di probabilità che almeno uno dei cinque anni in questione superi di 1,5 gradi i valori pre-industriali”.

Molto probabilmente nel prossimo quinquennio toccheremo persino i 2°C di riscaldamento globale

Si tratta della soglia indicata dall’Accordo di Parigi come l’obiettivo più ambizioso al quale dovrebbe tendere la comunità internazionale: la realtà è che ogni decimo di grado conta, e gli sforzi per limitare il riscaldamento globale debbono per questo essere immediati e drastici. Affinché si consideri superato il limite degli 1,5 gradi, però, occorre che ciò avvenga per un periodo continuativo: il 2024, in linea teorica, potrebbe infatti rappresentare un’eccezione.

A preoccupare però, è proprio la previsione per i prossimi anni. I dati dell’Organizzazione meteorologica mondiale evidenziano che “c’è il 70 per cento di probabilità che il prossimo quinquennio nel suo complesso superi la soglia degli 1,5 gradi”. Si tratta tra l’altro di un aumento enorme rispetto al 47 per cento di probabilità che figurava nel rapporto dello scorso anno; ancor più marcato rispetto al 32 per cento indicato nel documento pubblicato nel 2023. Non solo: secondo il Met Office occorre tenere in considerazione perfino l’eventualità (benché remota, nell’ordine dell’1 per cento di probabilità) che uno dei prossimi cinque anni possa superare perfino l’altra soglia indicata dall’Accordo di Parigi: quella dei 2 gradi centigradi. Ovvero l’obiettivo meno ambizioso nella forchetta indicata dai governi di tutto il mondo.

Catastrofi climatiche come quella di Valencia sono state annunciate da decenni
Catastrofi climatiche come quella di Valencia sono state annunciate da decenni © Jose Jordan/Afp/Getty Images

Tutto ciò si tradurrà probabilmente in una moltiplicazione degli impatti della crisi climatica. La stessa Omm sottolinea infatti che “ciascuna frazione di grado di riscaldamento supplementare intensifica le ondate di caldo, le precipitazioni estreme, le siccità intense, la fusione delle calotte glaciali e di quelle polari e l’innalzamento del livello dei mari”.

Siccità in Amazzonia e +2,4°C nell’Artico

In particolare, il rapporto precisa che il riscaldamento nella regione dell’Artico nel corso dei prossimi cinque inverni dovrebbe essere almeno 3,5 volte superiore rispetto alla media mondiale, superando cioè di almeno 2,4 gradi centigradi la media degli ultimi 30 anni (periodo 1991-2020). Di conseguenza, la concentrazioni di ghiacci nei mari di Barents, Bering e Okhotsk si prevede in ulteriore diminuzione.

L’Artico si riscalda due volte più velocemente rispetto al resto del Pianeta © Lorenzo Colantoni/Rise

Sempre nello stesso periodo, il quantitativo medio di precipitazioni è previsto in aumento nel Sahel, nell’Europa settentrionale, in Alaska e nella Siberia settentrionale. Ma è soprattutto nell’Asia meridionale che le piogge dovrebbero risultare accentuate nei prossimi anni. Al contrario, l’Omm indica come probabili condizioni di scarse piogge nella regione dell’Amazzonia, il che potrebbe aggravare ulteriormente i già catastrofici incendi registrati di recente.

La deforestazione in Amazzonia è legata all'industria della carne
Animali in fuga mentre la foresta viene inghiottita dalle fiamme, fumo e terra bruciata a perdita d’occhio. Queste immagini raccontano la devastazione del Brasile arso dagli incendi illegali appiccati per lasciare il posto ad allevamenti intensivi e alla coltivazione di soia © Animal Equality

Alla Cop30 si vaglieranno le promesse di riduzione delle emissioni dei governi

È per questo “essenziale continuare a vigilare sul clima e a elaborare previsioni per fornire ai decisori politici strumenti e informazioni scientifiche che faciliteranno l’adattamento”, ha aggiunto Barrett. Una “quota” di impatti della crisi climatica è d’altra parte ormai inevitabile, e anzi già presente nelle nostre vite. Adattarsi ad essa significa limitare i danni materiali, gli impatti economici, sulle società e, soprattutto, significa salvare vite.

Non è un caso se la prossima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop30 che si terrà a Belém, in Brasile, nel mese di novembre, sarà centrata proprio sull’analisi delle promesse di riduzione delle emissioni avanzate dai governi il tutto il mondo (le Nationally determined contributions, Ndc). Ovvero i documenti nei quali ciascun paese indica quale sarà il proprio contribuito: gli impegni finora avanzati porteranno a un riscaldamento globale di 2,4-2,6 gradi centigradi. A patto che vengano rispettati per intero. Cosa che, ad esempio, gli Stati Uniti di Trump hanno già fatto sapere che non si sognano neppure di fare.

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