L’erosione minaccia un terzo delle coste italiane

L’erosione ha fatto arretrare le spiagge italiane di 25 metri in 50 anni.

L’Italia è “o paese d’o sole” come cantava una canzone napoletana di inizio Nocevento. Ma è anche il paese delle coste: con i suoi 3 mila chilometri di fascia costiera, quello italiano rappresenta un patrimonio ambientale e turistico straordinario. Eppure erosione e cambiamenti climatici stanno minacciando l’esistenza del paesaggio costiero così come lo conosciamo. A ricordarci la fragilità di tale contesto sono gli ultimi avvenimenti, tra cui la tromba d’aria di Fiumicino, la violenta grandinata sulle spiagge marchigiane e l’annullamento della data ligure del concerto di Jovanotti perché in sei mesi la spiaggia che avrebbe dovuto ospitare l’evento si era ritirata di 12 metri.

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Negli ultimi 50 anni le spiagge italiane sono arretrate in media di 25 metri © Mark Kolbe/Getty Images

Le spiagge arretrano di 25 metri

Secondo il Rapporto Spiagge 2019 redatto da Legambiente e uscito a fine luglio, un terzo delle aree costiere sta subendo processi o è a rischio erosione. Nonostante questo non esiste un monitoraggio costante del fenomeno e le soluzioni messe in campo spesso rispondono a emergenze periodiche, senza quindi una strategia di lungo raggio. Prendiamo ad esempio i ripascimenti: il ripristino delle spiagge con sabbia prelevata dai fondali marini è senza dubbio utile per ricostruire le spiagge erose. Ma, come confermano i dati 2017 del Ministero dell’Ambiente, non è sostenibile sul lungo periodo, dal momento che tra il 1997 e il 2011 più di 20 milioni di metri cubi di sabbia sono stati prelevati dai fondali marini per ricostruire centinaia di chilometri di spiagga. Ma di questi ripascimenti, il 40 per cento è andato perso.

A conferma del problema, l’agenzia per la protezione ambientale Ispra, dopo aver monitorato ogni chilometro di costa, si è accorta che negli ultimi 50 anni la riva in media è arretrata di 25 metri. Se poi calcoliamo che solo 1200 su 3600 sono i chilometri di sabbia destinati alla balneazione, il problema si fa ancora più impattante.  Le proiezioni di Enea, infine, hanno individuato 33 aree ad alto rischio erosione a causa dell’innalzamento del livello dei mari: tra queste ci sono Trieste, Ravenna, la laguna di Venezia, le pianure costiere della Versilia, di Fiumicino, l’area costiera di Catania, quelle di Cagliari ed Oristano. Parliamo di almeno 5.500 chilometri quadrati di territori a rischio inondazione nel 2100 e in generale le stime dicono che ogni due centimetri e mezzo di innalzamento del livello del mare, le spiagge arretreranno di un metro.

Dall'estate 2019 la Toscana vieta la plastica monouso sulle spiagge
Dall’estate 2019 la Toscana vieta la plastica monouso sulle spiagge © Baia azzurra

Stabilimenti green

“Il paradosso è che nel nostro Paese nessuno si occupa di coste” scrive Legambiente nel suo dossier. “Nessuno di fatto si interessa di monitorare quanto sta avvenendo tra erosione – che diventerà sempre più rilevante con i cambiamenti climatici – inquinamento, aggressione del cemento, per offrire una prospettiva capace di tenere assieme le diverse questioni e di programmare gli interventi di recupero e valorizzazione”.

Per questo motivo, diventa particolarmente importante sottolineare il successo delle località balneari che stanno puntando su un’offerta più sostenibile. Sebbene da un lato le spiagge libere diventano sempre meno (il 42 per cento delle coste sabbiose è occupato da stabilimenti e di fatto l’Italia è l’unico paese europeo che non pone un limite alle spiagge in concessione), dall’altra si assiste a un boom degli stabilimenti che puntano su un’offerta green: tanti hanno scelto di diventare “plastic free” e di puntare sulle rinnovabili, di salvaguardare le dune e recuperare specie autoctone, di valorizzare prodotti a chilometro zero, di utilizzare solo legno e materiali naturali per le strutture, di eliminare ogni barriera per l’accesso, di premiare e aiutare con spazi ad hoc chi si muove in bici o con mezzi di mobilità elettrica e molto altro ancora. Alcuni di questi stabilimenti sono riconoscibili dal marchio “Ecospiagge”.

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