
La biofilia richiama un legame ancestrale, tra l’uomo e la natura. Una tendenza innata che abbiamo per concentrarci su tutto ciò che ha vita.
Mangiare troppo zucchero affatica il fegato e aumenta l’infiammazione. Conoscerlo e imparare a consumarlo fa la differenza per la nostra salute.
Gli zuccheri sono praticamente ovunque. Ne mangiamo troppi, spesso senza accorgercene, mettendo a rischio la nostra salute. Per anni si è pensato che bastassero i valori di glicemia a indicare i suoi effetti sull’organismo. Oggi invece si sta scoprendo che le conseguenze più dannose derivano dal picco glicemico.
Attacchi di fame e stanchezza cronica sono solo alcuni dei sintomi più lievi e più diffusi. Tra i più gravi, patologie cardiovascolari, diabete, cancro e Alzheimer. Come evitare il peggio? Abbiamo raccolto i consigli di alcuni specialisti in materia, che ci hanno spiegato perché i picchi zuccherini e la variabilità glicemica sono pericolosi e come possiamo contenerli, senza rinunciare al piacere del cibo. Dolci e carboidrati inclusi.
Cosa scatena un picco glicemico? Partiamo dalle basi e ripassiamo un po’ di chimica. Le nostre cellule, come quelle degli animali e delle piante, hanno bisogno di energia per vivere, e la fonte primaria di questa energia è il glucosio. Lo otteniamo principalmente tramite il cibo, sotto forma di due carboidrati: amidi e zuccheri.
Questi ultimi, che includono il glucosio, il fruttosio, il saccarosio (unione delle prime due molecole) e il lattosio, sono detti carboidrati a rapido assorbimento o “semplici”, perché entrano subito nel circolo sanguigno. Li troviamo in natura in moltissimi alimenti come frutta, verdura e latticini, ma vengono anche aggiunti artificialmente a molti altri, come pane, bevande analcoliche, snack e condimenti. È anche agli zuccheri aggiunti artificialmente che bisogna prestare attenzione.
I cibi che contengono naturalmente zucchero, infatti, sono di solito più ricchi di fibre, vitamine, minerali e altre sostanze nutritive, che rallentano la velocità alla quale viene digerito e assorbito e ci fanno sentire sazi. Al contrario, gli alimenti cosiddetti ultraprocessati, cioè trasformati industrialmente per renderli più gustosi e farli durare di più negli scaffali dei supermercati, spesso sono poveri di fibre e ricchi di zucchero, grassi e sale. Calorie vuote, nocive e poco nutrienti.
“Esiste una serie di alimenti che raramente percepiamo come zuccherini. In questa categoria rientrano gli zuccheri ‘nascosti’, ovvero quelli che non associamo immediatamente all’assunzione di zucchero (cereali da prima colazione, bevande vegetali, ketchup, yogurt alla frutta…)”, spiega la biologa e nutrizionista dott.ssa Linda Vona.
Questi ingredienti sono spesso “camuffati” nelle etichette sulle confezioni dei prodotti: malto d’orzo, zucchero di canna, sciroppo di mais, melassa, miele e tutte quelle sostanze che finiscono in -olo, i polioli come xilitolo, maltitolo, eritritolo che pur essendo ipocalorici possono stimolare indirettamente i picchi glicemici e farci ingrassare e ammalare. Si tratta di operazioni di health washing da cui è meglio diffidare.
“Il punto fondamentale, purtroppo ancora poco chiaro ai più, è che i polioli, nonostante non abbiano un effetto immediato sull’aumento degli zuccheri nel sangue (glicemia), agiscono comunque in maniera indiretta sulla insulino-resistenza, fenomeno per il quale l’organismo riuscirà sempre meno a gestire i carboidrati. L’effetto più comune nel breve periodo può essere l’incremento di grasso, cui si vanno ad associare, se non si interviene con un deciso cambio di abitudini alimentari e stile di vita, a seri dismetabolismi e patologie, tra cui il diabete”, continua Vona. Ora che abbiamo fatto chiarezza sulle sostanze, passiamo a capire cosa succede quando c’è un picco glicemico.
Un improvviso afflusso di zucchero provoca un rapido rilascio di insulina, l’ormone che porta lo zucchero dal flusso sanguigno alle cellule del corpo. I problemi nascono quando nel sangue c’è troppo zucchero. Il fegato, infatti, può immagazzinare una parte dell’eccesso, il resto viene stoccato nei muscoli ma infine quello che rimane si accumula come grasso. Quando l’insulina ha svolto il suo compito i livelli di zucchero nel sangue scendono rapidamente lasciando una sensazione di fame e allo stesso tempo facendoci ingrassare. Per il nostro corpo, è come salire e scendere continuamente dalle montagne russe.
“I picchi glicemici sono delle oscillazioni anomale. In passato, la definizione di variabilità glicemica è stata molto generica, analizzando a volte le oscillazioni della glicemia a digiuno, a volte i picchi glicemici post-prandiali o la variazione nel tempo della emoglobina glicata”, spiega il dottor Attilio Speciani, immunologo clinico e specialista in allergologia che da anni, con il suo gruppo di ricerca, studia gli effetti della glicazione in ambito clinico.
“Oggi invece la definizione corretta si riferisce alla misurazione di ampiezza, frequenza e durata delle fluttuazioni del glucosio durante le 24 ore, misurate attraverso innovativi biomarcatori come il Metilgliossale, con il supporto di sensori di nuova generazione definiti come glucometri. Si tratta di apparecchiature dotate di sensori specifici da applicare sulla pelle e oggi utilizzate solo in alcuni ambiti di terapia del diabete (già identificato) o in ambiti di ricerca clinica e farmacologica”.
Questi flussi troppo rapidi di glucosio hanno conseguenze importanti sulle nostre cellule: vengono rilasciati radicali liberi, molecole responsabili dello stress ossidativo del corpo, e si favorisce la glicazione, una specie di “caramellizzazione” di proteine, enzimi e DNA alla base anche di Parkinson e Alzheimer. In generale, quello che si innesca è uno stato di infiammazione del corpo che danneggia lentamente organi e tessuti. Infine, un livello di insulina cronicamente elevato, necessario per abbassare la glicemia dovuta ai picchi, può portare obesità e diabete di tipo 2.
Per fortuna il nostro corpo ci manda segnali quotidiani, piuttosto facili da ascoltare. Parliamo dei sintomi a breve termine della variabilità glicemica, che variano da persona a persona. C’è chi si sente esausto e poco lucido, chi lamenta sudorazioni notturne, emicranie e sbalzi d’umore, chi si ammala di più e peggio, anche di coronavirus. E poi c’è chi ha sempre fame, perché non è più in grado di avvertire richiami dell’ormone della sazietà (leptina) a causa della troppa insulina.
“Quando quello che mangiamo provoca dei picchi anomali, si assiste ad una fluttuazione di valori che la scienza ha definito appunto come ‘variabilità glicemica’ e che risulta essere una delle più rilevanti cause di malattia e di mortalità”, avverte Speciani. “Conoscere le proprie caratteristiche metaboliche, infiammatorie e genetiche consente di godersi anche dei cibi dolci senza troppi allarmismi. Per questo motivo, misurare in anticipo eventuali danni da zucchero in modo preciso (Metilgliossale e Albumina glicata) è sicuramente meglio che supporre”. Ed eccoci, quindi ai rimedi.
Esistono test specifici (ben spiegati sul sito del gruppo GEK Lab) che consentono di identificare eventuali eccessi individuali di zuccheri e impostare una dieta personalizzata, con la giusta varietà alimentare, dolci compresi.
La lista delle soluzioni e dei rimedi per appiattire la curva glicemica comprende anche semplici consigli che possiamo mettere in pratica nella vita di tutti i giorni. Ne parla ampiamente la biochimica e matematica Jessie Inchauspé nel suo bestseller “La rivoluzione del glucosio” e nel profilo Instagram da 1 milione di follower @glucosegoddes (la dea del glucosio).
Ecco i principali:
Altre due accortezze da non sottovalutare, suggerisce Vona, sono la modalità di cottura e la texture degli alimenti: la cottura al dente della pasta, ad esempio, consente di conservare un indice glicemico più basso. Mentre cibi interi anziché sminuzzati o frullati rallentano l’assorbimento del glucosio.
Tutti questi consigli hanno una cosa in comune: l’invito a concentrarsi non solo sulla dieta ma su uno stile di vita sostenibile, che privilegi cibo di qualità e attività fisica. Perché nel piatto c’è posto per tutto, anche per lo zucchero.
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