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I Baustelle e il 2000 protagonisti del nuovo episodio di Venticinque
Alternativi alla scena alternativa italiana. I Baustelle si raccontano nella puntata quindici del podcast Venticinque, incentrata sull’anno 2000.
La guerra non è affatto finita per Francesco Bianconi, Rachele Bastreghi e Claudio Brasini. Tanto che, 22 anni dopo il loro esordio con “Sussidiario illustrato della giovinezza”, sono ancora assieme, in un appartamento dell’Isola, a Milano, per raccontare una storia fatta di passione e rifiuto di ogni cliché, scorciatoie mai prese e dischi uno più bello dell’altro.
I Baustelle: le origini
“Noi volevamo essere alternativi anche alla scena alternativa”. Se i Baustelle sono stati qualcosa di unico nel panorama musicale italiano è per simili punti di vista sull’industria musicale di questo Paese. Se avete voglia di scoprirli, o anche solo di sentire di nuovo assieme le voci dei protagonisti di uno dei percorsi artistici più importanti degli ultimi anni, dovete ascoltare il nuovo episodio di Venticinque, il podcast prodotto da LifeGate Radio e Rockit, che da oggi trovate su tutte le piattaforme di streaming. Come nella canzone “Io e te nell’appartamento”, incontriamo Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi – due delle tre metà che da anni compongono la band assieme a Claudio Brasini – tra quattro mura, quelle dello studio che da otto anni ormai vede nascere le loro opere (collettive o soliste). Come in “Un romantico a Milano” siamo all’ombra della Madonnina, anzi del Bosco verticale, visto che ci troviamo all’Isola, quartier generale del gruppo fin dall’arrivo nella metropoli dalla Val d’Orcia. “Ora ho lasciato l’Isola, ma poi alla fine ci torno sempre”, dice Rachele. Poi anche la voce di Francesco entra nell’audiodocumentario, scritto da Dario Falcini, Giacomo De Poli e Marco Rip. “Vengo qua ogni giorno: registrazione, composizione, ci faccio di tutto, c’è anche il pianoforte. E poi ci incontriamo, ci confrontiamo, anche con Claudio che è rimasto in Toscana”.
Il primo disco nel 2000
I due riavvolgono il nastro, fino alla nascita della band alla metà degli anni ’90, una vita fa da un punto di vista dell’industria musicale. Presto arriva l’aneddoto dell’ingresso di Rachele nei Baustelle, dopo un provino “horror” in una specie di casa stregata. “Io ero una pianista”, spiega lei. “Ma avevo preso la chitarra da qualche anno: suonavo spesso quando c’erano le autogestioni. Ero una piccola star del liceo, lo stesso che faceva Francesco: io in prima e lui in quinta. Ero una tipa taciturna, sempre con le cuffie a guardare fuori dalla finestra. Suonavo spesso Zombie dei Cranberries. E poi Nirvana, Black Sabbath, Iron Maiden”. È solo dopo diverse vicissitudini che arriva il primo disco della band, nel 2000, l’anno al centro di questo episodio di Venticinque. Esce per Baracca e Burattini e si chiama Sussidiario illustrato della giovinezza, che da subito fa intuire che, con il loro mix di sonorità e input così diversi, qualcosa di totalmente alieno è approdato sulla musica alternativa italiana. Come dicevamo al principio, era qualcosa di voluto, quasi programmatico. “Spaghetti modern pop: così ci definivamo… Dicevamo ‘viva l’avanguardia di massa’. Eravamo molto pretenziosi e sciocchi, ma secondo me è quello che ci vorrebbe sempre”, dice Bianconi. “Ho sempre pensato che serve una sorta di visione, di fede, invasamento. Eravamo una piccola setta, penso che qualunque membro fondatore di band in Italia negli anni ’90 ti direbbe la stessa cosa”.
Ai Baustelle non andava bene di parlare a una piccola “congregazione”, le “scene” non facevano per loro, anche se era chiaro che ad adottarli e riconoscersi in loro sin dalle prime canzoni era il mondo dell’underground nazionale. “Volevamo arrivare a più persone possibili e al contempo avere la nostra identità, essere senza compromessi dal punto di vista del suono: rifiutavamo e rifiutiamo ogni tipo di omologazione, il mondo fa schifo, l’arte non gli deve somigliare”. È il momento dei ricordi di quei mesi di registrazioni, tra Cascina e Mondovì, e… perquisizioni frequenti. A produrli è stato Amerigo Verardi, che ora interviene durante l’audiodocumentario con il suo punto di vista su un disco seminale. Il podcast va avanti e indietro lungo una discografia fatta di quasi dieci album, tra cui capolavori come La malavita, Fantasma e Amen. Dischi super pop ma ambiziosissimi e sperimentali allo stesso tempo. Stratificati, complessi, inconfondibili e bellissimi. “Il vero successo per noi è il il rigore con cui si porta avanti la propria visione del mondo”, conclude Bianconi. “Se l’avessimo pensata in un altro modo non avremmo fatto numerose scelte che abbiamo fatto, e molto probabilmente saremmo finiti prima”. Fortunatamente non è successo e, in attesa di un nuovo disco, vi invitiamo ad andare a (ri)scoprire i Baustelle ascoltando il nuovo episodio di Venticinque.
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