La lotta culturale di Costa Vescovato contro spopolamento e abbandono

Viaggio a Costa Vescovato, nei colli tortonesi, per capire come si resiste al declino delle aree interne, tra agricoltura, ospitalità e cultura.

Ganna Kovalyuk sin da piccola sognava di aprire un alimentari a Chmel’nyc’kyj, la città dove è nata e cresciuta in Ucraina. Quando era ancora minorenne dava una mano in un negozio della cittadina e prima o poi avrebbe voluto gestirne uno tutto suo. Quando una ventina di anni fa si è trasferita a Costa Vescovato, un piccolissimo paese immerso nei colli tortonesi, in provincia di Alessandria, ha iniziato a lavorare come badante. Poi ha rilevato il piccolo alimentari del paese, realizzando il suo sogno.

“La titolare del negozio voleva lasciarlo e ho capito che era un segno del destino. Era arrivato il mio momento“, racconta oggi che ha 50 anni da dietro il bancone, ricoperto di prodotti locali e di richiami alla vicina Liguria, come un vassoio di focacce molto unte. “È stato più difficile del previsto. I clienti erano pochissimi, da queste parti non c’era nessuno”. Per diversi anni Ganna ha dovuto fare due lavori per poter avere uno stipendio sostenibile. La mattina teneva aperto l’alimentari, il pomeriggio continuava a fare la badante. “A un certo punto, dopo il Covid-19, ho pensato di chiudere il negozio. Poi però ha aperto La Campeggia e le cose sono cambiate”.

Ganna Kovalyuk dietro il bancone del suo alimentari a Costa Vescovato
Ganna Kovalyuk dietro il bancone del suo alimentari a Costa Vescovato

Nel 2023, in fondo alla discesa che costeggia l’alimentari di Ganna, due ragazzi e una ragazza originari di Milano e Bergamo hanno preso in gestione il campeggio comunale abbandonato. Nel giro di poco tempo lo spazio si è affermato per l’ospitalità dei turisti, ma anche come centro di eventi culturali incentrati sulla sostenibilità sociale e ambientale e come luogo di connessione tra i fruitori e la cittadinanza locale. Non è un caso che La Campeggia sia nata proprio lì, a Costa Vescovato. Se da una parte il paese negli ultimi decenni si è trovato nell’occhio del ciclone dello spopolamento delle zone rurali, dall’altra ha visto nascere una serie di realtà agricole e sociali uniche. Unite da uno spirito comunitario, queste realtà hanno ridato attrattività a un territorio quasi dimenticato, senza snaturarlo. Oggi Costa Vescovato, tra le sue mille difficoltà, è un paese da osservare per capire come si resiste al declino delle aree interne.

Ospitalità e cultura

Le strade di Costa Vescovato si arrampicano tra i filari di vigneti, i campi di grano e le macchie boschive. Ogni tanto compaiono un pugno di case, una buona parte sono vuote. Il paese si è spopolato nel corso dei decenni: oggi gli abitanti sono 315, ma nel concreto sono meno perché molti hanno tenuto lì la residenza pur vivendo altrove. Sui cartelli compaiono i nomi di numerose aziende vitivinicole, come se i vignaioli qui fossero più degli abitanti. L’economia dei colli tortonesi si basa sull’agricoltura e in particolare sul vino, con la riscoperta alla fine degli anni Novanta, grazie al vignaiolo Walter Massa, del Timorasso, uva autoctona a bacca bianca oggi tra i più pregiati al mondo. Questo ha creato un qualche fermento di tipo enogastronomico nell’area, con eventi e rassegne ad hoc promossi dal Consorzio di Tutela Vini Colli Tortonesi che con il tempo hanno portato sempre più persone. Picchi isolati in date specifiche, al di fuori delle quali il territorio ha continuato a soffrire di disservizi e abbandono.

La piscina della Campeggia, a Costa Vescovato
La piscina della Campeggia, a Costa Vescovato © Luigi Mastrodonato/LifeGate

Rishi Gabriele Makkar, Filippo Bertolina e Federica Marie Carenini per anni hanno lavorato nel settore degli eventi avendo come base Milano. Nel 2020 la pandemia Covid-19 ha avuto un impatto profondo sul loro lavoro e questo li ha portati a esplorare nuovi orizzonti professionali e geografici. Conoscevano poco e niente dei colli tortonesi, ma attraverso una serie di conoscenze e passaparola sono venuti a sapere che c’era la possibilità di rilevare un vecchio circolo. Poco più che trentenni, la loro scommessa era quella di trasferirsi nelle aree interne italiane e creare un luogo di aggregazione e un’offerta culturale che desse alla cittadinanza locale un motivo per restare e a chi stava lontano un pretesto per venire.

Alla fine la presa in gestione del circolo non è andata in porto, ma si è aperta un’altra possibilità. “C’era questo campeggio comunale a Costa Vescovato. Abbiamo realizzato che si poteva fare lì quello che volevamo fare nel circolo. Ci siamo detti: proviamoci”, racconta oggi Rishi. Con la loro impresa sociale Tresca hanno vinto l’appalto per la presa in gestione dello spazio ed è così che nell’estate del 2023 è nata la Campeggia, qualcosa di innovativo per i colli tortonesi ma anche per lo scenario italiano. “La Campeggia è un camping sociale, un luogo di incontro e socialità per chi viaggia e per chi risiede nell’area”, racconta Filippo. “Vuole permettere al mondo esterno di scoprire le bellezze e le peculiarità di questo territorio e allo stesso tempo mira a generare nuove relazioni e opportunità per la comunità locale”.

La Campeggia, a Costa Vescovato
La Campeggia, a Costa Vescovato © Luigi Mastrodonato/LifeGate

Alla Campeggia non arrivano solo van e tende di turisti, perlopiù dalla Francia e dal nord Europa. Qui viene la popolazione locale per godersi un bagno nella piscina panoramica e per dare una mano negli orti comunitari, ma ci arriva anche gente da tutta Italia per gli eventi, le rassegne e gli spettacoli che mensilmente riempiono il palinsesto culturale di questo spazio. Nel tempo ci sono stati incontri invernali sotto una yurta piantata in mezzo alla neve, feste della vendemmia, laboratori per adulti e bambini, pièce teatrali. Una delle ultime rassegne è stata Sooolstizio, un festival di due giorni dove è stato annunciato anche il progetto triennale “Collab – Laboratorio in collina”, focalizzato sulla trasformazione delle aree verdi e sulla sensibilizzazione del pubblico sulla tutela ambientale, in collaborazione con l’Università di Genova. Negli ultimi tempi Rishi, Filippo e Federica stanno partecipando a una serie di incontri sulle comunità energetiche, per cercare di capirne di più. Quello che vorrebbero fare è mettere insieme i loro pannelli solari con gli altri di Costa Vescovato.

Il fermento di Costa Vescovato

Alla Campeggia gira parecchia gente. Ci sono i tre soci che gestiscono lo spazio, ci sono amici che vengono a dare una mano al bar e nella cura del terreno, ci sono volontari che arrivano dall’estero. Da qualche settimana tocca a un un ragazzo gallese, poi arriverà un gruppo di ragazze dall’Irlanda del nord. Dall’estate 2025 c’è pure la prima lavoratrice dipendente. “Per questa stagione abbiamo deciso di assumere una ragazza che viene proprio da qui, dai colli tortonesi”, spiega Rishi. “È stata una scelta forte, forse un po’ prematura dal punto di vista economico, ma necessaria per il senso del nostro progetto. Vogliamo che la Campeggia abbia ricadute sulla cittadinanza locale, anche in termini lavorativi”.

Un tramonto a Costa Vescovato
Un tramonto a Costa Vescovato © Luigi Mastrodonato/LifeGate

Filippo Bertolina, uno dei tre soci della Campeggia, l’anno scorso è entrato nella giunta del paese. La lista di cui faceva parte, guidata dal sindaco uscente Ottavio Rube, ha vinto per soli sette voti e come lui, anche la vicesindaca non era una persona del territorio. Una vittoria risicata che se da una parte testimonia una fidelizzazione della cittadinanza locale verso chi porta idee e progetti da lontano, dall’altra dimostra che permane una certa diffidenza. “Chi viene da fuori e prova a fare qualcosa per il territorio fa spesso fatica a farsi accettare dalla comunità locale, soprattutto in posti poco abituati come questo. Invece spesso ne nascono delle opportunità di cui beneficiano tutti”, spiega il sindaco. “La verità è che progetti come La Campeggia sono una boccata d’ossigeno per un piccolo paese come Costa Vescovato, che da decenni vive tutte le difficoltà delle aree interne italiane, fuori da ogni tipo di progettualità a livello statale”.

A inizio luglio il governo Meloni, nel nuovo Piano Strategico dedicato alle aree interne, ha scritto che alcune di queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza e hanno bisogno di un piano mirato che le accompagni in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento. Una sorta di resa alla decadenza, ma a Costa Vescovato si ragiona in modo diverso.

Un evento alla Campeggia
Un evento alla Campeggia © La Campeggia/Facebook

Il sindaco Ottavio Rube lo conosce bene il fermento sociale e culturale di spazi come la Campeggia. In qualche modo è stato lui a ispirarlo, o quantomeno a rendere il terreno comunale fertile a iniziative di questo tipo. Rube è uno dei contadini fondatori, negli anni Settanta, di Valli Unite, una cooperativa agricola che oggi domina il paese dal suo colle più alto. L’idea fu quella di unire le forze e le rispettive proprietà insieme ad altri contadini del comune, dando vita a una delle prime forme italiane di agricoltura biologica di comunità. Oggi Valli Unite gestisce 100 ettari di terreno tra vigne, ortaggi, cereali e pascoli, con la partecipazione di circa 30 famiglie e un continuo turnover di risorse, soprattutto dall’estero, attratte da un modo di fare agricoltura alternativo e profondamente sostenibile.

“Una volta eravamo sognatori, pensavamo che nel nostro piccolo potessimo cambiare il mondo. Oggi ci accontentiamo di provare a cambiare le cose a livello microlocale, e non è poco”, dice oggi Rube quando gli si chiede l’importanza per il territorio di progetti più piccoli rispetto a Valli Unite, ispirati da ideali simili, come è la Campeggia.

Resistenza intergenerazionale

A pochi chilometri da Costa Vescovato, nel paese limitrofo di Carezzano, c’è una piccola comunità agricola che vive in una grande cascina, condividendo lavoro, risorse economiche e spazi domestici. Umaia è nata da un gruppo di persone che hanno deciso di cambiare vita, spostandosi da Milano ai colli tortonesi per fare agricoltura sostenibile. Oggi è abitata da nove persone – cinque adulti e quattro bambini – ma in cascina passano molte più persone, tra amici che danno una mano nei campi, volontari che arrivano anche dall’estero per piccoli periodi di volontariato e chi ha vissuto lì per un po’ di tempo e ora si è dedicato ad altri progetti.

La cascina dove si trova la comunità di Umaia
La cascina dove si trova la comunità di Umaia © Luigi Mastrodonato/LifeGate

“Lavoravo per un’azienda farmaceutica statunitense e a un certo punto ho iniziato a sentirmi soffocare. Non stavo imparando niente, c’era spreco di denaro, di cibo, ero nel posto sbagliato e ho avuto una sorta di rigetto. Quella di dedicarmi all’agricoltura è stata una scelta politica, contro il mondo in cui mi trovavo e lo stile di vita che seguivo”, racconta davanti a un calice di vino Felicia, 45 anni, una delle anime di Umaia. Ha scelto di trasferirsi nei colli tortonesi dopo un giro in bicicletta che l’ha portata da Valli Unite, da cui è rimasta colpita per l’accoglienza, il progetto politico forte e il modo cooperativo di lavorare.

Umaia persegue un’idea di vita semplice. “Ci focalizziamo su quelle cose che possono rendere migliore l’essere umano, quindi il lavoro manuale, la semplicità e la comunità”, continua Felicia. Il cibo è perlopiù frutto di auto-produzione, puntando su colture sostenibili che non richiedono troppo consumo di acqua. Gli introiti arrivano dalla produzione di vino, rigorosamente naturale, e dai cereali. Non vengono divisi tra i vari componenti, ma versati in una cassa comune di comunità. A Umaia non ci sono stipendi e anche chi ha lavori all’esterno – come Caterina, 30 anni, laurea in Enologia e un impiego da Valli Unite – decide di versare la sua paga nella cassa comune. Le risorse collettive vengono usate per tutte le spese della comunità, dai trasporti ai pannolini per i bambini, dalla sanità all’intrattenimento, tenendosi però lontani dagli sprechi.

L'asilo Green Days gestito da Talea Aps, a Costa Vescovato
L’asilo Green Days gestito da Talea Aps, a Costa Vescovato © Luigi Mastrodonato/LifeGate

Tra le voci di spesa di Umaia c’è la retta per i bambini a Green days, l’asilo nel bosco gestito da Talea Aps, che si trova a pochi metri dalla Campeggia, a Costa Vescovato. Si tratta di un progetto educativo che accoglie bambini tra i 2 e i 6 anni. Piuttosto che stare in aula e fare lezioni teoriche, si sta nella natura e si prediligono le attività manuali, ispirate alla pedagogia del bosco e all’autonomia del bambino. L’ultimo anno ha visto ben 14 alunni, un piccolo miracolo per un’area interna come Costa Vescovato, dove spopolamento e denatalità vanno a braccetto. Segno di un fermento intergenerazionale in paese, che parte dai più anziani e arriva fino ai bambini, considerati protagonisti al pari degli adulti della resistenza di questo territorio.

A fine luglio a Cosa Vescovato andrà in scena la quinta edizione del Voci dei Boschi Film Festival, festival internazionale sull’agricoltura e l’ambiente. Una rassegna diffusa che avrà tante sedi, dalla Campeggia all’asilo nel bosco, passando dall’alimentari di Ganna e da Valli Unite. Ci saranno proiezioni, mostre e attività per grandi e piccini. Quest’anno il festival è dedicato al tema delle aree marginali come luoghi di incontri possibili e scambi continui, ibridazioni e sperimentazioni. Un manifesto che sembra il riassunto perfetto di quello che è oggi Costa Vescovato e delle realtà che la animano. Che hanno deciso di non arrendersi alla decadenza, ma di resistere e dare respiro alle aree interne in un rito comunitario e collettivo.

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