La riforma della giustizia di Israele vuole dare più poteri al governo e limitare quelli della Corte Suprema.
Il progetto di legge è stato contestato dall’Onu, ma anche dal presidente di Israele Isaac Herzog.
Le proteste dell’ultimo week end sono le più grandi nella storia del paese.
Nello scorso week end in Israele si sono tenute le manifestazioni di protesta più grandi della storia del paese. Mezzo milione di persone sono scese in piazza contro il governo Netanyahu e la sua riforma della giustizia, che vuole concentrare più poteri nelle mani dell’esecutivo e ridurre la forza della Corte suprema.
Le proteste vanno avanti da tutto il 2023 e rischiano di portare a una crisi politica senza precedenti per Israele. E per i prossimi giorni sono già state indette nuove proteste.
La riforma della giustizia
La riforma della giustizia è uno dei pilastri del programma politico del nuovo governo Netanyahu, insediatosi a fine 2022 e considerato l’esecutivo più a destra nella storia del paese. Presentata all’inizio del nuovo anno, finora ha ottenuto l’approvazione in prima lettura della Knesset, il parlamento monocamerale israeliano, e nelle prossime settimane dovrà superare nuove votazioni.
Con la nuova riforma della giustizia il governo Netanyahu vuole limitare il potere dei giudici supremi, in un paese dove il parlamento ha una sola camera, non esiste una costituzione vera e propria e dunque la Corte suprema ha un ruolo di vigilanza sull’operato del governo. In particolare, il testo prevede un innalzamento della quota di membri eletti direttamente dal governo della commissione incaricata di nominare i giudici della Corte suprema. Oggi sono quattro su nove, quindi la minoranza, l’obiettivo è arrivare a otto su 11. La riforma decreta poi la cancellazione della clausola di ragionevolezza, quel potere di veto dei giudici supremi sulle leggi dell’esecutivo. Infine si vuole attribuire al parlamento monocamerale il potere di bloccare le sentenze della Corte, dando così ai deputati, dunque alla maggioranza che esprime il governo, l’ultima parola sui giudici.
Hundreds of thousands of people have rallied in cities across Israel for a 10th week to protest plans by Benjamin Netanyahu’s far-right government to curb the powers of the Supreme Court ⤵️ pic.twitter.com/99rWgKPxlJ
La legge in discussione rischia di sbilanciare eccessivamente il potere a favore dell’esecutivo, lasciandogli mano libera nel promulgare ciò che vuole senza alcun tipo di contrappeso. Il premier Netanyahu è poi sotto processo per frode, corruzione e abuso di potere perché durante il suo mandato precedente avrebbe approvato leggi ad hoc per favorire alcune società a lui vicine. Il timore è che la riforma della giustizia sia anche una sorta di norma ad personam per schivare un’eventuale condanna. E la riforma è stata condannata dall’Onu e dal presidente di Israele, Isaac Herzog.
Israele in piazza
Da inizio 2023 migliaia di persone scendono sistematicamente in piazza per protestare contro il progetto di riforma. E nell’ultimo week end la sollevazione ha raggiunto dimensioni macroscopiche. Con mezzo milione di persone in piazza, il giornale israeliano Haaretz ha parlato delle manifestazioni più partecipate nella storia del paese.
מתנצלים על העיכוב. בדרך לקפלן. שני שוטרים חמודים חיכו לי מתחת לבית לתשאול על ציוץ בקשר למחאה המתוכננת בברלין. שב וממליץ לדיקטטור ורעייתו לא להגיע לשם עקב מחאה דמוקרטית שמחכה להם. pic.twitter.com/naO3R0ufGP
Le proteste hanno riguardato più o meno tutti i centri urbani, dai 200mila manifestanti di Tel Aviv ai 50mila di Haifa, passando dagli 8mila di Be’er Sheva, roccaforte del partito Likud di Netanyahu. Ad arringare la folla qui c’era Yair Lapid, ex premier e leader del partito di opposizione Yesh Atid. “Un’ondata di terrorismo ci sta colpendo, la nostra economia sta crollando, il denaro sta fuggendo dal Paese. L’Iran ha appena firmato un nuovo accordo con l’Arabia Saudita. Ma l’unica cosa che interessa a questo governo è schiacciare la democrazia israeliana“, ha denunciato.
#IsraelProtests 💥 On Saturday, protest organisers said as many as 500,000 demonstrators took to the streets across Israel, in what the Haaretz newspaper called "the largest demonstration in the country's history". About 200,000 people turned up in Tel Aviv, many carrying… https://t.co/lU9vy60JVwpic.twitter.com/OKX06AkHUs
Non sono mancati i momenti di tensione. La polizia ha fermato fuori dalla sua casa il giornalista di Haaretz Uri Misgav a causa di alcuni suoi tweet contro Netanyahu. A Tel Aviv era invece presente con i manifestanti il comandante di polizia Amichai Eshed, che il ministro della Sicurezza nazionale Ben Gvir ha cercato di rimuovere dal suo incarico per non aver usato il pugno duro contro i manifestanti nelle scorse settimane. E per rendere l’idea delle trasversalità delle proteste, tra i suoi protagonisti c’è anche l’universo tech: la crisi politica in corso rischia infatti di affossare economicamente il paese, definito il paradiso delle startup. La riforma della giustizia non è quindi ben vista dalla classe imprenditoriale. Intanto per il 16 marzo sono state indette nuove manifestazioni in tutto il paese, segno che la sollevazione popolare è solo all’inizio.
Il parlamento di Israele ha votato per cancellare il diritto di veto della Corte Suprema sulle leggi dell’esecutivo. Migliaia di persone sono tornate in piazza.
L’obiettivo della riforma della giustizia di Israele è togliere poteri alla Corte suprema e darne di più al governo. Molti denunciano che a venirne meno sarebbe la democrazia.
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