Otto grandi mostre in giro per l’Italia, ma non solo, per un autunno all’insegna dell’arte in ogni sua forma: pittura, scultura e performance.
Yayoi Kusama, a Bergamo la mostra più attesa dell’anno dell’artista giapponese
Oggi ha 94 anni ma da quando ne ha 10 fa arte: Yayoi Kusama è forse la più nota e iconica artista giapponese e a Bergamo la sua mostra ha già numeri da record.
È la mostra dell’anno quella dedicata a Yayoi Kusama a Bergamo. E corona un anno speciale per la città lombarda che è stata, insieme a Brescia, Capitale italiana della cultura 2023. Si intitola Infinito presente ed è stata prorogata, prima ancora di essere inaugurata, sino al 24 marzo 2023 dopo l’enorme successo di vendite di biglietti che sono andati esauriti in pochi giorni. La curiosità è tanta: Yayoi Kusama è un’artista iconica, riconoscibile e riconosciuta in tutto il mondo. Ad affascinare non sono solo le sue opere ma anche la sua storia, la vita e i pensieri che l’hanno portata a creare il proprio stile, la sua arte. Siamo stati all’anteprima di questa esposizione e vi raccontiamo cosa vedrete a Palazzo della Ragione.
Cosa vedrete a Infinito presente, la mostra di Yayoi Kusama
Yayoi Kusama aveva una vita segnata: la sua famiglia possedeva un’azienda a Matsumoto, in Giappone, che vendeva all’ingrosso semi, verdura e piante. Una famiglia “bene” che desiderava per lei un’esistenza classica. Sappiamo che non andò così e ne abbiamo guadagnato un’artista fuori dagli schemi. Ma la sua infanzia, tormentata, è servita a sviluppare il suo percorso artistico. Lei stessa racconta che iniziò tutto quando si ritrovò in un campo di fiori nella sua fattoria, lì successe qualcosa che le provocò un trauma: “C’era una luce accecante, ero accecata dai fiori, guardandomi intorno c’era quell’immagine persistente, mi sembrava di sprofondare come se quei fiori volessero annientarmi.” Leggendo queste sue parole, non si può non pensare a Fireflies on the water l’installazione che sarà presente a Palazzo della Ragione e costituirà il clou della mostra. Si tratta di una delle Infinite mirror room e concretamente di una stanza rivestita di specchi a cui è possibile accedere solo in solitudine. Allestirla a Bergamo non è stato semplice ma nemmeno impossibile grazie alla collaborazione con il Whitney museum of American art di New York.
L’esperienza di fatto può durare solo 60 secondi. Sì, un solo minuto. Quindi pensate bene a come volete viverla. Magari non trascorrete il tempo fotografando o girando video, ma lasciatevi meravigliare e “imbambolare” da questa miriade di lucine. Scoprite tutte le vostre facce negli specchi. E cos’altro? Bello sarebbe sapere cosa sente oggi la Kusama a 94 anni quando varca questa piccola (sì, è molto piccola) stanza fuori dal mondo.
Ma prima di poter entrare nella stanza ci sono altri documenti, alcuni inediti e rari, che intendono raccontare Yayoi Kusama e i suoi oltre 70 anni d’arte. Tra le chicche presenti, la prima edizione del romanzo Manhattan suicide addict che l’artista giapponese scrisse nel 1978. Interessante anche vedere la Yayoi bambina in uno scatto in cui è tra enormi splendidi fiori: il suo sguardo sembra perso, poco leggero. Un’altra sorpresa è costituita da un wall alla fine dell’esposizione dove viene richiesto allo spettatore di regalare e lasciare al prossimo la propria idea di infinito.
L’ingresso, assolutamente da prenotare, costa 14,50 euro e i biglietti sono acquistabili a questo link. La mostra è aperta da martedì a domenica, dalle 9:00 alle 22:00.
Chi è Yayoi Kusama: 94 anni di vita nell’arte
Quando si vuole spiegare chi è Yayoi Kusama spesso sentite dire “quella dei pallini”. Possiamo domandarci se l’artista in questione si senta rappresentata da una tale definizione (forse no), ma di fatto molto pubblico la conosce per questa sua modalità espressiva, benchè non sia stata l’unica in oltre 70 anni di carriera. Oggi Yayoi Kusama ha 94 anni. Fa arte da sempre, sembra precisamente da quando aveva 10 anni. Chi è e come si è sentita ha molto a che vedere con ciò che è diventata artisticamente. È lei stessa a dircelo attraverso delle dichiarazioni che rendono chiaro come la sua persona e il suo essere artista coincidano. O almeno così sembra. Per saperne di più, è possibile leggere “Infinity net. La mia autobiografia“ in cui l’artista giapponese si mette a nudo utilizzando le parole. Dopo averlo fatto letteralmente in gioventù come atto artistico dirompente, era il 1966.
Solo pochi anni dopo, alla fine degli anni Settanta entra per la prima volta in un ospedale psichiatrico, volontariamente. Anche oggi vive lì ma ogni giorno, benchè sia ormai su una sedia a rotelle, si reca per qualche ora nel suo studio a pochi metri dal Seiwa Hospital per lavorare alla sua arte. Ha sempre ammesso di soffrire di allucinazioni e di sentire delle voci, sin da piccola. E di trovare pace nel disegno. Racconta anche di un rapporto difficile con la madre che non sopportava che lei dipingesse e addirittura le strappava le “opere” dalle mani. Per questo iniziò a disegnare i famosi pallini: erano veloci da realizzare e in questo modo riusciva a finirli prima che la madre li intercettasse.
La fuga da ciò che la tormentava è avvenuta grazie all’arte ma è stata anche fisica, concreta, partendo per New York nel 1958. Qui la scena artistica era in fermento e Yayoi non ci mise molto a far notare le proprie opere. Decise di raggiungere gli States mossa dall’ammirazione per Georgia O’Keeffe, altra donna dal talento dirompente e dal tratto molto riconoscibile. Due artiste molto diverse tra loro per tecnica e provenienza che però sono entrate a pieno titolo nella storia dell’arte mondiale. Oggi Yayoi Kusama è forse l’artista giapponese più nota. E continua a far parlare di sé: per le sue collaborazioni con il mondo della moda, come quella con Louis Vuitton che ha realizzato diversi prodotti utilizzando alcuni motivi originali della Kusama, o nel mondo della musica con Peter Gabriel che l’ha “citata” nel video di Lovetown. E questo è ciò che forse rende unica l’artista e ciò che crea: l’essere “applicabile” con armonia e senza perdere senso e identità, a più ambiti.
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