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Il rimbombo dell’Etna a Milano. Lo ha portato Yuval Avital, a cui abbiamo chiesto che cosa ha provato durante il suo viaggio alla scoperta del vulcano, che l’artista racconta attraverso il suono e l’immagine nella mostra Variazioni sul tremore armonico.
Abbiamo sentito il tremore armonico, cioè il fenomeno fisico e acustico che accompagna l’attività dell’Etna. Una scultura sonora, che è consigliabile abbracciare, lo riproduce alla mostra Variazioni sul tremore armonico inaugurata dall’artista, compositore e chitarrista israeliano Yuval Avital al Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano.
Yuval Avital è noto per le sue monumentali opere icono-sonore, per la volontà di conciliare più forme d’arte esibendosi in luoghi inusuali come musei e siti archeologici, per le collaborazioni con scienziati e per l’esplorazione di varie culture e tradizioni musicali.
Qual è il significato dell’opera che riassume il tremore armonico?
Fare una sintesi è sempre molto difficile, soprattutto quando lavori con una varietà e una quantità enorme di dati. Questa mostra è un flusso continuo di informazioni, anche contrastanti tra di loro, visive e sonore: oltre 400 scatti, oltre 12 ore di filmati, oltre 400 comparse. La molteplicità viene proprio dal concetto della variazione sul tema, che è una forma musicale classica in cui c’è una melodia intorno a cui il compositore gira e rigira in continuazione. A differenza delle altre forme musicali, non vede la sua fine. Può continuare all’infinito. E la mia è proprio un’opera che è infinita in qualche modo. Il cuore di tutto è il tremore: quello umano, e quello della Terra. C’è un punto in cui l’essere umano diventa un paesaggio, in cui il tremore è della Terra e della carne. Antonio Presti, il grande visionario dell’arte siciliana, parla del dono dell’invisibilità di cui dobbiamo riappropriarci, perché nella strutturazione delle informazioni la nostra salvezza sta nell’invisibilità: il bianco sul bianco, il nero sul nero. Ritrovare l’essenzialità è quello che ci può dare una salvezza.
A cosa è dovuta la scelta dell’Etna?
Ho ricevuto l’invito di Diego Cusumano, che era tra i sostenitori di Alma Mater – mostra del 2015 – per venire a vedere questa terra. Nella ricerca di informazioni sull’Etna ho scoperto il tremore armonico, e sono partito per un sopralluogo che ha portato a 600 fotografie e un’ora e mezza di filmati. All’inizio si pensava di realizzare un’installazione, una cosa molto circoscritta, ma poi sono impazzito, mi sono smarrito completamente: è diventata una cosa totale. Esplosiva.
Dicono che il tremore armonico susciti emozioni contrastanti nell’animo di chi scala il vulcano. Lei che cosa ha provato?
Tutto. Pur essendo una persona profondamente laica, c’è stato un momento in cui ho visto Dio, sulla cima dell’Etna. Quando ho visto il fiume lavico ho pensato alla morte, ma ho anche visto la vita. Ho visto tutto, c’era di tutto. Io stesso diventavo temporaneamente un’altra onda che vibra.
Qual è il ruolo della sua musica?
Io faccio del mio meglio, e qui mi fermo. Non posso fare di più. È da quattro anni che non cerco di accontentare nessuno, perché ho capito che l’inferno artistico è proprio quello. Per me il suono è tutto, un luogo dove mi smarrisco. Le opere icono-sonore nascono come immagine e suono, non è che creo prima l’una e poi l’altro, o viceversa. È un flusso che nasce e cresce insieme.
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