Il presidente dell’Istat lo ha ribadito al Parlamento impegnato nella legge di Bilancio: le liste d’attesa sono troppo lunghe e l’alternativa è il privato.
L’Italia è rimasto l’unico paese d’Europa a non dare un sostegno economico ai più deboli, ma ora il governo pensa a un decreto per rimediare al più presto con il reddito di inclusione.
L’avevamo inserito solo pochi giorni fa nell’elenco delle migliori leggi da varare con urgenza entro il 2017, e sin da questi primissimi giorni del nuovo anno il dibattito nel governo si sta riaprendo: l’introduzione di un reddito di inclusione per contrastare il costante ampliamente di sacche di povertà deve essere una delle priorità. Tanto che il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina adesso ipotizza di intervenire tramite decreto, per renderlo operativo addirittura entro poche settimane e consentire a 600mila famiglie in difficoltà di ricevere un sostegno di 400 euro al mese.
Condivido l’appello dell’Alleanza contro la povertà. Fare presto il #redditodiinclusione. Sia primo impegno @pdnetwork del nuovo anno pic.twitter.com/3w4JRYau2q
— Maurizio Martina (@maumartina) 30 dicembre 2016
L’accelerazione, lo dice lo stesso Martina, viene dalla necessità di dare una risposta all’appello lanciato alla fine dell’anno dall’Alleanza contro la povertà, un insieme di soggetti sociali che hanno deciso di unirsi per contribuire alla costruzione di adeguate politiche pubbliche contro la povertà assoluta nel nostro Paese: parliamo di 35 organizzazioni, di cui Acli, Action Aid, Anci, Caritas Italiana, Cgil-Cisl-Uil, Cnca, Comunità di Sant’Egidio e Save the Children sono tra i fondatori. “Perché far pagare ai poveri le conseguenze dell’instabilità politica – si chiedeva l’alleanza nel proprio appello – visto che dall’inizio della crisi, le persone in povertà assoluta in Italia sono aumentate del 155 per cento?”. In effetti, secondo i dati dell’Istat, nel 2007 i poveri in Italia erano 1milione ed 800mila mentre oggi sono 4milioni e 600mila: persone che non hanno un reddito sufficiente a garantirsi cibo, vestiti, una casa a livelli dignitosi.
Dal 1 gennaio, l’Italia è rimasta ufficialmente l’unico paese europeo nel quale lo Stato non fornisce un aiuto alle persone in povertà assoluta: anche la bistrattata Grecia, che fino a pochi giorni era nella stessa situazione, dal 2017 ha introdotto un sostegno pubblico. L’Italia lo scorso anno ha avviato una sorta di sperimentazione, chiamata Sostegno per l’inclusione attiva, che è arrivata a occuparsi di circa 3 poveri su 10, ma ora c’è da rendere strutturale e aperto a tutti questo aiuto: “Con la legge di stabilità 2016 abbiamo definito un fondo da 1 miliardo 150 milioni – ha ricordato Martina – adesso quel lavoro deve dare i suoi frutti”. Il reddito di inclusione, secondo le idee del governo, dovrebbe interessare almeno inizialmente solo le famiglie con minori a carico con un reddito Isee sotto i tremila euro, per poi estendersi gradualmente in base alle disponibilità. E soprattutto non sarà una misura solo passiva, assistenziale: chi vorrà beneficiare del sostegno dovrà contemporaneamente aderire a un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa, già previsto del resto dal sostegno per l’inclusione attiva.
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