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Nel 2023, l’Overshoot day italiano cade il 15 maggio: se tutti avessero il nostro stesso stile di vita, avremmo bisogno di quasi 2,7 pianeti.
Le risorse e i servizi che il pianeta ci offre sono innumerevoli. Il mare ci dà il pesce, le foreste il legname (e nel frattempo entrambi assorbono la CO2 che emettiamo), sulla terraferma costruiamo case e coltiviamo i campi. L’elenco potrebbe continuare ancora a lungo. Ma l’Italia consuma in fretta queste risorse naturali. Troppo in fretta. Il 15 maggio è l’Overshoot day, cioè il giorno in cui il nostro paese entra ufficialmente in debito con il pianeta per l’anno in corso.
L’Overshoot day è il giorno che indica l’esaurimento ufficiale delle risorse rinnovabili che la Terra è in grado di rigenerare nell’arco di 365 giorni. La data cambia di anno in anno, a seconda della rapidità con cui tali risorse vengono sfruttate. A livello globale, nel 2022 l’Overshoot day è stato il 28 luglio: non era mai successo che cadesse così presto. Cinquant’anni prima, nel 1972, era il 14 dicembre; all’epoca, dunque, l’umanità riusciva a farsi bastare le risorse del pianeta per quasi tutto l’anno. Ciascun paese ha il suo Overshoot day: c’è chi finisce le risorse del pianeta già a febbraio (come il Qatar) e chi invece se le fa bastare fino a dicembre (è il caso dell’Ecuador).
Questo efficace indicatore è stato ideato dal Global footprint network (Gfn), organizzazione internazionale che si occupa di contabilità ambientale. Il bilancio ecologico non è altro che un rapporto tra domanda e offerta. Dal lato dell’offerta c’è la biocapacità, cioè l’insieme di servizi che ci offrono gli ecosistemi terrestri e marini, incluso l’assorbimento della CO2. Dal lato della domanda invece c’è l’impronta ecologica che consiste nella terra biologicamente produttiva richiesta da una data popolazione per supportare le proprie attività quotidiane. Se la domanda supera l’offerta, la specie umana è in debito per l’anno in corso.
Nel 2023, così come l’anno precedente, l’Italia raggiunge l’Overshoot day il 15 maggio, prima ancora della metà dell’anno. L’impronta ecologica media di un italiano, pari a circa 4,3 ettari globali, viene divisa per la biocapacità media mondiale, cioè la quota di risorse disponibili per ciascun abitante della Terra, cioè 1,6 ettari globali. Il risultato di questa divisione è 2,68: ciò significa che, se tutti avessero il nostro stesso stile di vita, avremmo bisogno di quasi 2,7 pianeti.
Questi dati vengono calcolati pro capite e quindi non vengono falsati dalle oscillazioni della popolazione. Fa riflettere, comunque, il fatto che un paese che depaupera così pesantemente le risorse rinnovabili sia anche un paese che si sta spopolando. Le attività che contribuiscono maggiormente all’impronta ecologica di ciascun italiano sono il settore alimentare (che, da solo, ne determina quasi il 31 per cento) e gli spostamenti (un altro 25 per cento). E non è vero nemmeno che salvaguardare le risorse naturali significhi inevitabilmente fare sacrifici in termini di qualità della vita. Un esempio su tutti è lo spreco alimentare, stimato in circa 67 chili all’anno pro capite nel Belpaese. A livello globale, basterebbe dimezzarlo per spostare in avanti di ben 13 giorni l’Overshoot day.
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