Ecuador, si terrà un referendum sul sito petrolifero in piena Amazzonia

La Corte costituzionale dell’Ecuador ha disposto che si tenga un referendum sul giacimento petrolifero nella riserva di Yasuní, nella foresta amazzonica.

La Corte costituzionale dell’Ecuador ha concesso nella giornata di martedì 9 maggio il via libera alla convocazione di un referendum al fine di decidere sul proseguimento, o meno, dello sfruttamento di un giacimento petrolifero in piena Amazzonia. Si tratta di una vittoria degli ambientalisti, che da tempo chiedevano che la questione fosse sottoposta al giudizio degli elettori.

Una battaglia cominciata nel 2013 in Ecuador

Il giacimento in questione è situato nella riserva naturale di Yasuní, in un’area ricca di zone umide che rappresentano un ecosistema fondamentale per numerosissime specie vegetali e animali. Per questo, nell’ormai lontano 2013, l’associazione ecologista Yasunidos aveva per la prima volta chiesto alla corte di autorizzare una consultazione referendaria sul progetto. All’epoca, la presidenza del progressista Rafael Correa aveva tentato, invano, di bloccare il progetto, anche attraverso un piano internazionale di compensazione, in nome della protezione dell’ambiente.

L’associazione ha commentato la decisione della Corte esprimendo grande soddisfazione. Ora, secondo la disciplina in vigore in Ecuador, un referendum verrà indetto entro al massimo 75 giorni. Il che potrebbe rappresentare la fine della produzione petrolifera nel sito, che si trova nella provincia di Orellana, non lontano dal confine con il Perù, e che garantisce ad oggi una produzione di 55mila barili di greggio al giorno.

Il governo conservatore vuole raddoppiare la produzione petrolifera

Qualora alla consultazione dovessero vincere i “sì”, la decisione dovrà essere applicata entro e non oltre un anno. Tuttavia, si tratterà soltanto dell’inizio di una progressiva dismissione del pozzo petrolifero, secondo quanto disposto dalla stessa Corte costituzionale.

Un oleodotto nella riserva di Yasuní
Un oleodotto nella riserva di Yasuní © Bloomberg/Getty Images

Ciò non significa, però, che l’Ecuador possa facilmente incamminarsi sulla via della transizione ecologica. Il governo guidato dal presidente conservatore Guillermo Lasso, infatti, ha fatto sapere di voler puntare ancora sulla fonte fossile, della quale nella nazione sudamericana vengono estratti in media 469mila barili al giorno, due terzi dei quali sono destinati alle esportazioni. Lasso  ha fatto sapere di puntare a raddoppiare la produzione, in barba agli impegni assunti dalla comunità internazionale per limitare le emissioni di gas ad effetto serra e i conseguenti cambiamenti climatici.

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