
In Mozambico, grazie alle prime 19 reintroduzioni, sono tornati i rinoceronti dopo quarant’anni. Tuttavia, il bracconaggio in Africa continua.
L’ong African parks ha acquistato il più grande allevamento di rinoceronti bianchi del mondo e ha deciso di reintrodurli nel loro ambiente naturale.
Lo sforzo intrapreso dall’African parks del Sudafrica è notevole: prima l’ong ha acquistato il più grande allevamento di rinoceronti bianchi del mondo e poi li ha rilasciati nel loro habitat naturale. La strategia prevede il rilascio degli animali in aree sicure e ben gestite, in modo che siano protetti dalla costante minaccia del bracconaggio.
La specie di animale in questione è il rinoceronte bianco del sud, il secondo mammifero terrestre più grande del pianeta e secondo lo stato di conservazione curato dallo Iucn (Unione internazionale per la conservazione della natura) è una sottospecie “prossima alla minaccia” di estinzione. Allo stato selvatico ne esistono attualmente circa 16-18mila esemplari, di cui il 93 per cento in Sudafrica.
La pressione da parte dei bracconieri è enorme e l’obiettivo è prevenirne l’estinzione, come è successo, purtroppo, al rinoceronte bianco del nord, estinto in natura dal 2018. I piani dell’African parks, che ha elaborato un programma di “ritorno alla natura” che si estenderà nei prossimi 10 anni, riguarda il rientro graduale del rinoceronte bianco del sud nel suo habitat naturale.
Uno sforzo monumentale, reso possibile attraverso l’ottenimento di donazioni. Queste hanno permesso prima l’acquisto dell’allevamento Platinum rhino conservation project, che versava in difficoltà finanziarie. La struttura era stata messa in vendita da John Hume, il suo proprietario, lo scorso aprile.
Hume, magnate sudafricano, è stato criticato sia per la scelta di allevare rinoceronti – sebbene lo scopo fosse quello di proteggerli – sia per aver sostenuto il commercio delle corna di rinoceronte: l’idea alla base del progetto era creare un enorme allevamento in cui gli animali sarebbero stati tenuti al sicuro per prosperare nella sua vasta savana privata. La sua idea visionaria era quella di autofinanziarsi vendendo le corna di cheratina dei rinoceronti e, una volta reso legale il commercio delle corna sul mercato asiatico, il prezzo delle corna sul mercato nero sarebbe crollato drasticamente, rendendo molto meno attraenti i rinoceronti per i bracconieri.
Tuttavia, questa idea non prese mai piede e non si avviò mai un commercio legale di corna di rinoceronte. Al contrario, la fattoria continuò a crescere e anche le spese per il sostentamento, intorno ai 425 mila dollari al mese comprensivi di operazioni agricole, nutrimento e più della metà a sostegno delle misure anti-bracconaggio (comprese pattuglie di elicotteri, sistemi radar e dozzine di ranger armati).
L’iniziativa di African parks rappresenta uno degli sforzi di conservazione più ampi mai intrapresi prima su scala continentale . Il direttore dell’ong Peter Fearnhead ha fin da subito chiarito che la sua organizzazione non intendeva possedere l’allevamento ma l’intento era quello di restituire agli animali il loro ruolo cruciale negli ecosistemi naturali.
Tra l’altro, non è la prima volta che la popolazione di rinoceronti bianchi del sud si trova in difficoltà: addirittura negli anni ’30 il loro numero scese a soli 30-40 individui. Tuttavia, grazie a misure efficaci di conservazione, la loro popolazione è aumentata a oltre 20.000 nel 2012.
Purtroppo, il bracconaggio delle corna sta svolgendo un ruolo cruciale nell’estinzione dei rinoceronti: tale attività criminale ha già portato alla scomparsa dei “cugini” del nord. Ci sono solamente due esemplari femmine in Kenya, ma sono entrambe troppo anziane per poter procreare e sperare di continuare la specie. Non rimane che difendere le specie esistenti, senza tergiversare.
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