Lo scorso anno quasi 14 milioni di persone hanno visitato l’arcipelago delle Canarie. Troppi per i 2 milioni di abitanti.
Il richiamo dell’Africa Orientale, destinazione Tanzania
Viaggio consapevole nelle terre dei Masai, custodi di un mondo ancestrale che emoziona nell’incontro con i grandi animali tra crateri, savane e foreste.
Orizzonti dorati interrotti da acacie ad ombrello e baobab isolati come cattedrali nel deserto. Mandrie di animali che si avvicinano alle pozze d’acqua per placare la sete. Donne e uomini avvolti in sgargianti teli rossi attorno ai villaggi della savana. Il cuore del continente antico batte qui, nelle distese orientali di Tanzania e Kenya, sotto lo sguardo della vetta quadrata d’Africa che Hemingway descrive “vasta come il mondo intero, grande, alta e di un bianco incredibile nel sole” nel suo racconto “Le nevi del Kilimangiaro”. O ancora tra le foreste dell’Uganda, dove osservare i gorilla di montagna che condividono con noi il 98 per cento del patrimonio genetico.
Benvenuti in questo lembo di Africa nera, dove entrare in punta di piedi nella casa di prede e predatori. E ascoltare i racconti attorno al fuoco delle genti Masai. In poche parole, viaggiare con rispetto e consapevolezza nella terra di grandi animali e antiche tribù. Succede in Tanzania, con 15 parchi nazionali, tre riserve della biosfera, laghi e sorgenti dei due dei maggiori fiumi del pianeta, Nilo e Congo.
In Tanzania, a casa dei grandi animali
Safari, in lingua swahili, significa viaggio. E quello che si compie nei parchi della Tanzania è un viaggio ancestrale, dove avvistare leopardi adagiati sulle acacie, leoni a caccia e branchi di zebre, bufali, giraffe ed elefanti. Ma anche ghepardi appostati sui termitai, rinoceronti rari e milioni di ungulati alla ricerca di acqua e pascoli.
Qui ci si muove tra parchi famosi come il Serengeti, “terra senza confini” nella lingua locale, con la sua savana verde e oro. O nel Parco nazionale di Arusha, dove osservare gli animali con lo sfondo del Kilimangiaro scorgendo le scimmie bianche Colobus endemiche e i fenicotteri rosa dei laghi Momella. Per non parlare di quell’Arca di Noè del Ngorongoro, un cratere del diametro di 18 chilometri circondato da pareti alte fino settecento metri come mura di una città inespugnata. E ancora salire a passo di trekking verso la montagna sacra dei Masai, il vulcano attivo dell’Ol Doinyo Lengai.
Minori ma non meno affascinanti sono il Parco nazionale di Tarangire, che incanta con la sua varietà di paesaggi: dalle colline pietrose agli stagni, fino alle distese di acacie e di baobab. In questo parco, infatti, si trova la maggior concentrazione di baobab del paese. Fino al Parco Manyara, Riserva della biosfera Unesco ricca di sorgenti sotterranee, laghi e foreste primarie che si diradano poi verso la Rift Valley.
La grande migrazione tra Tanzania e Kenya
Tornando a nord, fra Tanzania e Kenya si assiste ogni anno a uno degli spettacoli naturalistici più autentici e crudi insieme. Non è dato schierarsi per lo gnu o per il coccodrillo. Non è concesso parteggiare per la zebra o per il leone. Nella grande migrazione, che si compie nella parte settentrionale del Serengeti, milioni di animali attraversano ogni anno i fiumi Grumeti e Mara verso le vaste praterie del Kenya. Prede e predatori: è la natura a decidere le sorti con la sua antica legge della sopravvivenza. A farcela è il branco. A vincere è la vita, più forte di qualsiasi altro impulso. E allora gli occhi non possono che testimoniare impotenti il cerchio della vita, che si compie da giugno a ottobre in queste terre sconfinate. Quando una moltitudine impressionante di erbivori come zebre, gnu e gazzelle si sposta verso nord alla ricerca di distese più verdi da brucare. Il tutto sotto lo sguardo attento di predatori, che aspettano l’occasione per un pasto e di iene e sciacalli che attendono il loro turno. Qui si compie la legge della natura, madre e matrigna, nella sua più evidente manifestazione e a noi non resta che rispettarla.
Nella terra dei Masai
Rispetto e consapevolezza sono i bagagli da portare con sé quando si entra nella casa dei Masai, il popolo custode di queste terre dell’Africa orientale. Eredi di antiche tribù nomadi e guerriere, le genti che abitano i territori di Kenya e Tanzania si distinguono per il colore delle proprie tuniche e delle decorazioni. Rosso fuoco è ciò che caratterizza le loro vesti, un modo per tenere lontani gli animali selvatici. Mentre monili di perline colorate adornano caviglie, braccia, vita e colli, che spiccano dai villaggi dediti all’allevamento con recinti in rami di acacia. Tipica è la loro danza cerimoniale, l’Adumu, che si compone di salti un tempo legati alla dimostrazione di agilità dei giovani guerrieri. Oggi queste popolazioni e gli ambienti che abitano vivono un fragile equilibrio fra tradizione e modernità. Tanto che viene naturale chiedersi: quanto può spingersi avanti la contaminazione portata dal turismo? Non è tanto il paradosso di tetti in paglia e parabole o di lance e smartphone. Ciò che bisogna preservare nel contatto con una popolazione di terre selvagge è piuttosto il legame con la saggezza della natura e degli antenati. È questo l’approccio di un turismo rispettoso che si accosta mediante conoscenza e coscienza.
Viaggiare con rispetto
Fondamentale è dunque approcciarsi a tali contesti, fragili sia a livello naturalistico che sociale, in modo rispettoso e con sensibilità. La presenza di un accompagnatore esperto, in partenza fin dall’Italia, a supporto di un piccolo gruppo di viaggiatori può essere la soluzione giusta per trasformare l’esperienza di viaggio in un incontro fra culture e territori. Lo racconta Piero d’Orto, fotografo professionista e autore di reportage di viaggi eco-antro sostenibili e socio-etnografici, che accompagna dall’Italia i viaggiatori diretti in Tanzania, Kenya e Uganda per Made by Turisanda.
“Un viaggio in Africa orientale con un gruppo di ridotte dimensioni (massimo 12 persone) è un’esperienza da vivere con tutti i cinque sensi, per appassionarsi alle infinite meraviglie regalateci da Madre Natura. Ancor di più se l’impatto del passaggio turistico è limitato al minimo grazie all’attenzione messa in atto dal tour operator e dai suoi fornitori rispetto ai territori e alle comunità locali. È ciò che succede nel tour in Tanzania “Santuario della natura” di Made by Turisanda, dove provare l’esperienza immersiva del Bush camp nel Serengeti national park, faccia a faccia con la terra selvaggia. O ancora il walking safari nel Parco nazionale del Tarangire, dove esplorare il territorio grazie alla saggezza dei Masai che accompagneranno alla scoperta dei loro luoghi d’origine.
I viaggi Made by Turisanda sono tour su misura effettuati nel rispetto di popoli e ambiente. Non a caso, undici proposte verso l’Africa orientale, fra Tanzania, Uganda e Kenya, appartengono alla programmazione specifica Sensibility, che rispecchia i valori di rispetto e consapevolezza. A tutto ciò si aggiunge il plus della mia attività di fotografo professionista, grazie alla quale guiderò i partecipanti allo “scatto perfetto” che esalti ancora di più il reale vissuto in viaggio: dal cratere di Ngorongoro e il grande Parco nazionale del Serengeti, veri e propri santuari della natura in Tanzania, alle cascate di Murchison, la foresta di Budongo, il parco di Lake Mburo e l’eccezionale avvistamento dei gorilla di montagna in Uganda, fino alla splendida riserva di Masai Mara, teatro della celebre Grande Migrazione in Kenya”.
Ciò che qualcuno chiama mal d’Africa, in fondo, altro non è che una nostalgia. Un magone che sale dallo stomaco e arriva alla gola. La malinconia, appunto, di un luogo da cui tutti proveniamo. E verso cui si desidera ritornare, prima o poi.
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