Taijiquan. Armonizzare maschile e femminile

Il Taijiquan, con la misurata lentezza dei suoi movimenti, offre una risorsa illimitata per rivalutare le potenzialità dello yin, del femminile.

Il Taijiquan, con la misurata lentezza dei suoi movimenti, offre
una risorsa illimitata per rivalutare le potenzialità dello
yin, del femminile: quindi è un’opportunità
per le donne per ritrovare la potenzialità del proprio
essere profondo ancestrale, del proprio essere motore della
sessualità e della vita.
Tutto ciò in contrapposizione al modello corrente di
emulazione del maschile, dell’aspetto yang, con la mera
illusione di un’uguaglianza che non trova riscontro in nessun luogo
in natura.

Bisogna nutrire lo Yin per ridimensionare lo Yang, così che
anche l’uomo possa liberarsi di quel ruolo, impostogli dalla
storia, che lo deve vedere sempre prestante e protagonista e
riconquistare nel proprio spirito la tenerezza del bimbo accolto
tra le braccia della madre.

La misurata lentezza con la quale si pratica il Taijiquan, ci
dà il tempo di riscoprire come l’ascolto, la cedevolezza, la
morbidezza, l’aderire e il seguire possono essere armi vincenti, in
alternativa all’aggressività, alla prepotenza, al
protagonismo.

Con la pratica della forma a solo ci si riappropria della nostra
integrità psicofisica, dove tutte le parti del corpo
partecipano armonicamente allo stesso movimento; questa relazione,
che mettiamo in atto alla riscoperta del proprio sé, non
può prescindere dallo sviluppo degli stessi princìpi
quando eseguiamo gli esercizi di coppia.

Come non si cerca la competizione con se stessi, allo stesso modo
si opera quando entriamo in contatto con il movimento
dell'”altro”.
La pratica con un partner quindi, non deve essere vissuta in modo
antagonista, ma piuttosto come un’apertura verso la comprensione
dell’altro. Scoprire le similitudini fa comprendere e accettare le
diversità. Si apprende il rispetto, la tolleranza e si
partecipa alla scuola della vita, si pratica Arte Marziale.

“La via marziale per eccellenza è quella che vede vincere il
guerriero senza che egli abbia bisogno di combattere.”
Queste parole significano che la vittoria in una contesa non deve
passare necessariamente attraverso uno scontro di forze fisiche,
come spada contro spada; ma che il fine può essere raggiunto
con l’interazione dialettica tra le parti in contesa, nella quale
il vincitore non sopprime lo sconfitto, ma lo nutre di una nuova
esperienza di relazione, insegnandogli a saper porgere l’altra
guancia.

Maurizio
Gandini

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