Bowling for Columbine di Michael Moore

Armi, stragi, uccisioni. Michael Moore fotografa un’America diversa, violenta.

Questo l’episodio di cronaca da cui il regista Michael Moore parte
per cercare di trovare una risposta agli oltre undicimila morti per
arma da fuoco ogni anno negli Stati Uniti.

Premio Oscar nel 2003 come miglior documentario e insignito a
Cannes del premio speciale “55° Anniversario”, il film indaga
sull’ossessione degli americani per le armi, ossessione che sarebbe
indotta sia dalla facilità di reperimento delle armi (Moore
apre un conto corrente in banca e gli viene regalato un fucile…)
sia, in particolar modo, dai mezzi di informazione: la diffusione
di notizie distorte in virtù di un’audience più alto,
aumenterebbe la paura dei cittadini americani e il loro conseguente
ricorrere alle armi per difendersi.

Nel vicino Canada, invece, dove pure ogni famiglia possiede un
fucile, ma dove la porta di casa è sempre aperta, gli
omicidi sarebbero nella media europea.

Sotto accusa anche la National Rifle Association, la lobby di
fabbricanti d’armi che promuove la diffusione delle armi in ambito
domestico. La presiede l’ormai anziano mito di Hollywood Charlton
Heston, cui Moore fa visita chiedendogli di ritrattare il suo
impegno nella promozione della cultura delle armi. La richiesta
è accompagnata dalla foto di una delle bambine uccise a
Flint da un coetaneo di sei anni che aveva preso la pistola dello
zio. Heston si rifiuta di guardare la foto e dopo aver ribadito il
diritto di possedere armi che la costituzione americana garantisce
a ogni cittadino, si alza e si allontana… Diversa la risposta del
rocker Marilyn Manson, cui Moore chiede cosa direbbe ai due autori
della strage nella scuola: “Niente. Ascolterei quello che loro
hanno da dire, cosa che nessuno ha fatto”.

< body>Laura Vascellari

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